Nella vita prede, sullo schermo cacciatrici
di Simona Maria Frigerio
Nonostante le cronache continuino a regalarci una narrazione non proprio confortante riguardo alle donne, vittime di violenza domestica o di femminicidio, il piccolo schermo sempre di più offre un’immagine diversa della donna – protagonista di una serie crime (e non solamente braccio destro o moglie del detective).
Paladina dell’affermazione al femminile in un distretto di polizia, resta sicuramente Mariska Hargitay, che ricopre il ruolo di Olivia Benson nell’opprimente Law & Order – Unità vittime speciali, e che – nel corso delle stagioni (siamo ormai alla 23esima) – ha fatto carriera persino come personaggio, passando da detective a capitano.
Molto meno manichea e più sfaccettata Brenda Blethyn (chi non la ricorda nell’esilarante L’erba di Grace?) nei panni della la burbera ispettrice capo Vera Stanhope. Solitaria, misantropa, con quel suo “cara/caro” (il my dear tipicamente British) nel rivolgersi ai sospetti, che cela sempre un secondo fine e con il vizio di due dita di whisky a chiusura di indagine, è sicuramente uno dei personaggi più urticanti di una tv che vorrebbe le donne sempre vamp e soprattutto un passo dietro al loro ‘boss’. Col vizio della cioccolata, invece, il capo della Crimini Maggiori di Los Angeles, Brenda Leigh Johnson, interpretata da Kyra Sedgwick (che avevamo apprezzato molto di più sul grande schermo con il marito, Kevin Bacon, in un film davvero fuori dagli schemi come The Woodsman). Atrocemente antipatica, volitiva e narcisista, Brenda Leigh (in The Closer) potrebbe essere il chiaro esempio di come una donna, se vuole arrivare al potere, deve incarnare il peggio del maschilismo di ogni latitudine (fatto salvo l’onnipresente rossetto rosso e la borsa sovradimensionata).
Cold Case – serie che, riaprendo vecchie indagini, aveva il pregio di mostrarci l’evoluzione del pensiero e dei costumi statunitensi – alcuni anni fa, vedeva protagonista Lilly Rush, interpretata da una sensibile Kathryn Morris. E proprio questa sua empatia con i familiari, gli amici e i conoscenti delle vittime la rendeva capace di scovare la verità sotto strati di ricordi sbiaditi. Ben coadiuvata da una squadra per alcune stagioni tutta al maschile, è stata (al contrario della Sedgwick) in grado di regalare un ritratto a tutto tondo di una detective che, nonostante il suo ruolo in polizia, non ha bisogno di scimmiottare la brutalità dei colleghi maschi.
Nel 1996 debuttava Profiler, una serie che, seppure non aveva come protagonista una poliziotta, vedeva il ruolo principale interpretato da Ally Walker. Nelle vesti del dottor Sam Waters, usava le proprie qualifiche di psicologa per indirizzare le indagini dell’FBI. Protagonista della propria serie, Body of Proof, anche Dana Delany, e anche lei non come poliziotta bensì come medico legale (rinverdendo i fasti di Quincy, serie molto amata dal pubblico e targata 1976). La Delany, già tra le protagoniste della serie Desperate Housewives, ha pure lei il pregio (come Ally Walker) di costruire un personaggio credibile, diviso tra una vita privata da mamma single (divorziata invece che vedova) e una posizione lavorativa precaria.
Anche Annika, al centro della serie omonima, è madre single. Interpretato da Nicola Walker, il crime – ambientato in Scozia – ha la peculiarità di mixare antiche leggende nordiche (dato che Annika sarebbe norvegese) con i fatti narrati nei vari episodi. Non mancano nemmeno una buona dose di sense of humour e un certo gusto per quel neorealismo British a cui ci hanno abituati registi come Ken Loach e Andrea Arnold.
Invece di lasciare, raddoppiano. Astrid e Raphaëlle è una produzione franco-belga, interpretata da Sara Mortensen e Lola Dewaere, rispettivamente nei ruoli di Astrid Nielsen e Raphaëlle Coste. Se la seconda è canonicamente il commissario di polizia, la prima è un’arguta criminologa affetta da sindrome di Asperger che ci insegna anche a valutare diversamente questa condizione, inserendoci nell’universo dei neurodiversi e dei neurotipici. Più tradizionale e sovente con cadute di gusto nel mélo, Le due facce della legge. La serie francese vede Justine Rameau e Vanessa Tancelin – interpretate rispettivamente da Constance Gay e Claire Borotra – nei ruoli di due sorelle che scoprono di essere tali alla morte improvvisa del padre. La prima giudice e la seconda poliziotta si perdono più nei meandri delle loro relazioni disfunzionali che nelle trame dei casi da risolvere. Sulla stessa scia, Omicidi a Sandhamn e Omicidi tra i fiordi, dove la dimensione soap opera a volte prevale sul giallo e le protagoniste, in ogni caso, non sono detective professioniste bensì amatoriali, con quel gusto un po’ rétro à la Miss Marple o Jessica Fletcher.
E chiudiamo con uno tra i migliori serial di genere crime degli ultimi anni. La prima stagione di The Fall vedeva protagonista Gillian Leigh Anderson – già co-protagonista del cult X-Files e poi superba partner di Mads Mikkelsen nel patinato Hannibal – che interpreta non solamente la sovrintendente Stella Gibson, donna con un ruolo di responsabilità, ma altresì un’emancipata single che mette il lavoro al primo posto. Non esente da pecche caratteriali è perfettamente bilanciata dall’omicida seriale di turno, un Jamie Dornan che interpreta un assassino in grado di essere padre amorevole e serio professionista. Sullo sfondo un’Irlanda del Nord non totalmente pacificata, brumosa e cupa grazie anche all’ottima fotografia.
venerdì, 30 settembre 2022
In copertina: La locandina della prima stagione di the Fall.