Scommessa vinta per Code per curiosi
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
A dispetto di tutti quelli che profetizzavano che, dopo il Covid, ‘nulla sarebbe stato più come prima’, il genere umano si contraddistingue per essere composto da animali sociali. Riprova ne è l’intero borgo di Casoli – già famoso per i suoi murales realizzati con una tecnica di decorazione a fresco di origine cinquecentesca, ossia lo sgraffito bicromatico – che ha aperto, giovedì 4 agosto, corti, giardini, ville, saloni e persino la canonica per offrire agli abitanti, ma anche ai tanti turisti delle Apuane o del vicino Lido di Camaiore, una serata densa di eventi ludici e culturali.
La prima proposta alla quale abbiamo assistito è stata lo spettacolo di clownerie, Splaaaaash!, nel raccolto giardino di Villa Murabito. Un hortus conclusus, a strapiombo sulla vallata, ha accolto adulti e davvero tanti bambini, i quali – seduti sulle panche disposte a semicerchio o direttamente sull’erba – si sono goduti il mix tra acrobazie e ironia che è scivolato limpido e veloce come bere un bicchier d’acqua. ZiP è uno di quegli esponenti del nouveau cirque che stanno cercando strade alternative per contemperare tradizione circense e nuove idee, numeri che necessitano di fantasia e preparazione atletica senza, però, sottovalutare la mimica e l’empatia che tesse la complicità indispensabile tra performer e pubblico infantile. Grandi applausi e risate finali.
Dopo il pantagruelico apericena a buffet offerto da Code per curiosi (in collaborazione con il Bar Da Mario), che ha visto oltre un centinaio di persone chiacchierare, conoscersi, scambiarsi opinioni, condividere apprezzamenti ed esprimere perfino un pizzico di incredulità di fronte a tutta la serie di eventi proposti in una sola serata – tra un brindisi con un bicchiere di prosecco o di sangria e uno gnocco fritto con una fetta di salame nostrano – il viavai festante si è spostato a piccoli gruppi verso l’Atelier di Sabine Cez, un minuscolo nido d’aquila che ha racchiuso una collettiva di pittura, scultura e installazioni. Di Sabine Cez si notano soprattutto le sculture presenti all’esterno dello studio, che uniscono una stilizzazione scarna con una capacità di regalare espressività a figure dolenti o che aspirano a librarsi in volo – e qui, a Casoli, la sensazione per noi tutti era di essere saliti sul Castello errante di Howl.
Poco dopo le 21.00, eccoci di nuovo riuniti nella Canonica della Chiesa di San Rocco, dove la Compagnia Salz ha presentato Lidia, storia di una masca, ossia di una strega – in piemontese – o meglio, di una di quelle donne che, come Gostanza da Libbiano (che fu sottoposta a processo da parte dell’Inquisizione a San Miniato, nel novembre del 1594), erano a metà strada tra le levatrici, le erboriste e le guaritrici. Molto in sintonia con il suo personaggio l’interprete, Alice Bignone (che ha anche scritto il monologo, diretto da Ermanno Rovella). Le donne, da sempre spaventano i maschi e la chiesa: se in Francia nel 1672 Molière derideva le femmes savantes, altrove da parecchi secoli le si metteva al rogo. Cosa facevano di male queste donne che conoscevano l’uso terapeutico delle erbe, sapevano ricucire una ferita, girare un feto podalico, o se e quando prescrivere impacchi o suffumigi? Essenzialmente mettere in dubbio il ruolo e il potere di preti e mariti. E se i primi pretendevano che si morisse o fosse il loro dio a salvare, se non il corpo, l’anima del paziente (spesso una donna che moriva di parto); i secondi potevano anche rivolgersi alla masca o, meglio, alla guaritrice ma, nel contempo, la soggezione superstiziosa e la paura potevano portare colui che, magari, chiedeva aiuto per una moglie o una figlia malata, a odiare colei che, curando, dimostrava un potere superiore a quello del padre/padrone. Nel finale, la ricostruzione minuziosa e accorata lascia il posto al rito sabbatico, a una ‘Margherita’ che tra il diavolo e la chiesa sceglie il primo. Ma soprattutto si allontana definitivamente da una comunità che l’ha esclusa, dileggiata, umiliata e rinnegata. Meglio essere Medea che Fedra. Unico piccolo appunto: a quel finale si dovrebbe arrivare con meno concitazione, il climax dovrebbe crescere più lentamente in questa donna che finalmente ‘corre coi lupi’.
La serata continua con la black music nella Sala Don Beppe – un ampio locale con camino e terrazza affacciata anch’essa sulla valle, che sufficientemente distante dall’abitato non infastidisce il sonno di chi voglia ritirarsi. Uno spazio che può avere molteplici funzioni ludiche e culturali sia in estate, sia in inverno.
Spesso, troppo spesso, si dice che i borghi italiani stanno morendo: i giovani se ne allontanano e i pochi vecchi rimasti vi languono. Eppure basterebbe poco perché queste oasi naturali e sociali, dove le persone possono ancora avere voglia di guardarsi, dialogare, confrontarsi e costruire percorsi comuni si rivitalizzino grazie a progetti culturali che non solamente li ‘svecchiano’ ma attraggono anche economie virtuose, tra le quali lo slow tourism.
Per maggiori informazioni su Code per curiosi:
https://www.codepercuriosi.org/
venerdì, 26 agosto 2022
In copertina e nel pezzo: uno sgraffito e l’Atelier di Sabine Cez, foto di Simona Maria Frigerio.