Vittime di serie A e di serie B
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Messico. Dopo otto anni di indagini e depistaggi (ma noi italiani non dovremmo giudicare, data la nostra storia più e meno recente), la Commissione messicana per la verità e l’accesso alla giustizia (incaricata, però, solamente nel 2018) ha finalmente pubblicato il suo rapporto e, dalle prime indiscrezioni a mezzo stampa, emerge che quello che accadde a Iguala – ossia l’uccisione di 43 studenti della Scuola normale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa – fu letteralmente “strage di Stato”.
Niente infingimenti questa volta. Nessuna possibilità di minimizzare il fatto scaricando la colpa sui Cartelli – che potevano avere legami con qualche rappresentante del potere politico locale. Questa volta l’accusa è diretta contro l’autorità pubblica a ogni livello. Sono 64 i mandati d’arresto spiccati e coinvolgono 20 responsabili delle forze armate messicane e ben 44 appartenenti alle forze dell’ordine. Arrestato anche l’ex Procuratore generale Jesus Murillo Karam, che era stato incaricato a suo tempo di indagare sull’eccidio.
Adesso saranno i Tribunali a proseguire nell’opera, perseguendo la giustizia ma anche ricostruendo la verità dei fatti. L’Italia sarà mai in grado di avere conferme giudiziarie su tutta quella serie di stragi di Stato che ha insanguinato il Paese almeno dal 1969 in avanti?
Stato di Palestina. Dopo le accuse di parte palestinese contro l’aviazione israeliana di aver ucciso 36 civili nel corso dell’ennesima operazione militare, denominata Breaking Dawn (che avrebbe portato a un bilancio complessivo di 41 morti e 311 feriti tra i palestinesi), Israele ammette di aver ucciso 5 bambini. La serie di attacchi aerei che ha causato tante vittime è stata compiuta tra il 5 e il 7 agosto scorso contro la Striscia di Gaza.
Quello che sconvolge è che Israele per giorni abbia tentato di incolpare della strage un missile lanciato dalla Jihad islamica – il che riporta alla memoria quel Tochka-U con la scritta “Per i bambini” che aveva colpito Kramatorsk, e che Kiev aveva accusato i russi di aver lanciato, sebbene smentito dai numeri seriali sul missile (1).
I fatti, quindi, confermano che nel raid israeliano su un cimitero di Fallujah, nella città di Jabalia (nel nord della Striscia di Gaza), sono rimasti uccisi cinque minori, che avevano tutti un nome e un cognome. Dal maggiore al più piccolo: Hamed Nijm, 16 anni; Mohammad Nijm, 16; Nathmi Karsh, 15; Jamil Ihab Nijm, 13; Jamil al-Din Nijm, solo 3 anni.
A questo punto anche contro Israele si leverà la voce dell’Occidente con relativa richiesta di sanzioni e bando degli atleti, degli artisti e della cultura israeliani?
Mosca. Il 20 agosto alle 21.00 circa, ora locale, nel distretto urbano di Odintsovo, vicino al villaggio di Bolshiye Vyazemy, Darya Dugina, giovane giornalista laureata in scienze politiche, è morta a causa dell’esplosione di un ordigno installato, con ogni probabilità, sulla Toyota Land Cruiser che stava guidando – appartenente al padre Alexander Dugin.
L’attentato non è stato rivendicato ma Mosca punta il dito contro Kiev. Indiziata l’ucraina Natalya Vovk, che sarebbe riuscita a fuggire in Estonia. Agli investigatori indagare su questo attacco terroristico. A noi registrare come il collega Guido Olimpio, sul Corriere della Sera si permetta di indicare una giovane donna assassinata, una giornalista, non con il suo nome e cognome bensì con tali appellativi: “la figlia dell’ideologo, il Rasputin del Cremlino” (2), cancellandone l’identità e la dignità di essere umano – con una propria storia, un vissuto, dei sogni e delle speranze. L’ennesimo maschio che si arroga il diritto di ridurre una donna a oggetto posseduto da un uomo: la ‘figlia di’. Come se le eventuali ‘colpe’ di un genitore debbano ricadere sulla figlia e, per questo, l’omicidio sia meno esecrabile. Darya Dugina era una persona, degna di rispetto e con il diritto di salire su un’autovettura senza saltare in aria.
Siamo certi che a questa giovane giornalista i nostri autori dedicheranno fiumi di inchiostro come per Anna Politkovskaya. Mentre le femministe italiane ne difenderanno la memoria – come difendono a spada tratta Sanna Marin, Primo Ministro finlandese, che si apprezza poco non perché balla, un po’ alticcia, in privato o in discoteca (anche se per altrettanto sono saltati alcuni suoi colleghi maschi) ma per considerare l’adesione alla Nato come “un atto di pace” (e per l’ennesima volta ci vediamo costretti a negare il pensiero della differenza, che intercorrerebbe tra uomini e donne – almeno se al potere).
(1) https://www.inthenet.eu/2022/04/10/la-guerra-della-propaganda/
(2) (https://www.corriere.it/esteri/22_agosto_21/ombre-assassinio-figlia-dugin-2a8dca64-2131-11ed-bbcc-919072521658.shtml)
venerdì, 26 agosto 2022
In copertina: Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay.