Le Matrioske della narrazione
di Simona Maria Frigerio
Leggo oggi un acuto post (ormai sembra che i politici diano il loro meglio – e il loro peggio – sui social) del segretario del Partito Comunista, Marco Rizzo, che paragona il blocco di Kalingrad da parte della Lituania (e della UE in generale) alla “chiusura di Guantanamo” da parte dei cubani.
Torna la considerazione sui due pesi e due misure. Sarebbe stato accettabile un attacco di Kennedy contro Cuba se l’isola di Castro avesse ospitato missili russi, ma non è lecito l’attacco preventivo della Russia che, oltretutto, ha dalla sua – oltre a difendersi dall’avanzata della NATO con relative armi di distruzione di massa – anche la difesa dei cittadini ucraini russofoni che pretendono di autodeterminarsi come popolo nel Donbass.
Nel frattempo, registriamo che la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova ha fatto sapere che si stanno studiando misure di ritorsione – e non solamente rimostranze diplomatiche – contro la Lituania e l’Unione Europea.
Gli accordi presi tra la Russia e l’Unione Europea, che aveva garantito (quando la Lituania aderì alla UE) il passaggio delle merci tra Kalingrad (exclave russa, ossia territorio russo al di fuori dei confini nazionali) e la madrepatria, sono stati ancora una volta disattesi da parte nostra. Purtroppo spiace registrare che è stata la Russia a fidarsi troppo, in passato, del cosiddetto assetto democratico occidentale e degli accordi controfirmati, non comprendendo quanto la UE sia di fatto un insieme di Commissioni non elettive che rappresentano interessi extraterritoriali (leggasi statunitensi) e di corporate e gruppi finanziari che ben poco hanno a che vedere con il benessere dei cittadini che vivono nell’Unione. A riprova di quanto affermato, l’ultimo scandalo – denunciato da Report nella puntata del 20 giugno – delle dosi di vaccini non immunizzanti acquistate dall’Europa, con accordi segreti, in numero sproporzionato e che adesso stiamo donando all’Africa perché scadute, così che l’Africa si faccia carico anche del loro smaltimento in discarica.
Verso Kalingrad – occorre sapere – non è stato vietato il trasporto solamente di caviale e beni di lusso, ma anche di merci indispensabili alla popolazione che vive nell’exclave (quasi mezzo milione di persone), quali l’acciaio, indispensabile per le costruzioni; dal 10 luglio sarà bandito il trasporto di cemento; carbone e combustibili fossili dal 10 agosto e petrolio dal 5 dicembre – quando si spererebbe che la guerra sia già finita ma si comprova che le mire europee vanno aldilà di tale obiettivo.
Nel frattempo si opererà un corridoio via mare, annuncia il Governatore della Regione, Anton Alikhanov – ma ciò che preoccupa è la dichiarazione il comandante generale dell’esercito estone, Martin Herem, che ha recentemente affermato (prevedendo l’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO): “Che la Russia blocchi Suwałki, io bloccherò il Golfo di Finlandia!”. Il Suwałki Gap (o Corridor), spieghiamo, è uno stretto corridoio che la Russia voleva militarizzare per assicurarsi il collegamento tra la Bielorussia e Kalingrad ma le Repubbliche Baltiche, la Polonia e la UE non acconsentirono mentre Bruxelles prometteva, in cambio, di garantire i collegamenti che oggi subiscono le sanzioni. In pratica, la NATO sta già pensando a come utilizzerà, dopo la Lituania, la Finlandia in funzione antirussa. Ma ovviamente noi siamo i buoni e agiamo per la pace e la democrazia nel mondo.
Piccolo inciso. Mentre la Germania pubblica l’elenco della armi inviate e in consegna all’Ucraina (tra cui: 900 lanciamissili anticarro, 2.900 lanciamissili antiaerei oltre a veicoli blindati e cannoni semoventi), l’Italia mantiene la linea del segreto con i suoi cittadini così che non si sappia nemmeno quando è una delle nostre armi a uccidere un civile di Donetsk, città sotto il fuoco ‘amico’ di Kiev. Perché sebbene il Presidente Zelensky e la nostra stampa (oltre ai nostri Governi) continuino a narrare la guerra in-civile nel Donbass come la difesa degli ucraini dall’invasione russa, tante testimonianze da Mariupol riferiscono, al contrario, che gli ucraini russofoni del Donbass la vedono come la guerra di liberazione da Kiev.
venerdì, 24 giugno 2022
In copertina: Foto di Jacqueline Macou da Pixabay.