Il capolavoro non è mai frutto di un solo genio
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Proseguiamo il nostro tour sempre dal terzo piano del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía. Qui scopriamo una sala dedicata alla guerra degli statunitensi in Vietnam in cui, tra le stampe, spicca l’installazione Zapantera Negra, in cui Edelo (En donde era la Onu), ossia Caleb Duarte e Mia Eve Rollow, riflettono sul ruolo storico e di critica socio-economica delle Pantere Nere statunitensi e del Movimento Zapatista messicano.
Pregnante, nella stessa sala, il video di Juan Heilborn ¿Qué pasó en Curuguaty? (2012), che denuncia ciò che accadde in Paraguay il 15 giugno 2012, quando fu attaccato un accampamento di campesinos da parte della polizia locale. Accanto, con l’accompagnamento musicale del video (una dolce litania sui tragici fatti paraguaiani), l’installazione di Fuentes Rojas, Bordando por la Paz y la Memoria (2011/19), che unisce la tradizione delle coperte ricamate per ricordare le vittime dell’Aids e i lavori, ad esempio, di Teresa Margolles come Sobre la sangre (esposto qualche anno fa alla Tenuta dello Scompiglio di Vorno: https://artegrafica.persinsala.it/cecilia-bertoni-e-claire-guerrier-camera-4-il-naufragio-teresa-margolles-sobre-la-sangre/10497/). Le donne – come vittime ma anche come rivoluzionarie, attive nei movimenti politici, nelle istanze ecologiste e nella società civile – sono anch’esse tra le protagoniste. Alla fine del giro ci si rende conto di come l’arte grafica meriti appieno tale appellativo – ma anche attività considerate artigianali, come il ricamo, possano convogliare messaggi artivisti di grande potenza e pregnanza.
Il clou arriva ovviamente quando si raggiunge il secondo piano, che ospita le sale dedicate ai cubisti, ai surrealisti e a Guernica (le uniche in cui non si può fotografare). Di Guernica taceremo: dal vivo la potenza dell’animo e della protesta politica di Picasso è ancora tangibile e la commozione può davvero prendere il sopravvento. Dimenticate la Sindrome di Stendhal, qui si tratta di ben altro – non di romanticherie alla sturm und drang o svenevoli amplessi con la cosiddetta bellezza. Si tratta, al meglio, di estetica del brutto, di un artista che dopo quasi un secolo da un evento drammatico – come il bombardamento della città basca di Guernica da parte dei fascisti italiani e dei nazisti tedeschi (in appoggio ai nazionalisti/fascisti di Francisco Franco) – riesce ancora a sollecitare una compartecipazione nello spettatore che va aldilà del fatto storico o dell’azione pittorica, toccando le corde più intime, scavando antropologicamente in radici ataviche di dolore. Presa di posizione forte di un artista e di un militante comunista e pacifista che, ci piace ricordarlo, aiutò attivamente Pablo Neruda esule a Parigi. Veemente denuncia ma, soprattutto, apoteosi di un afflato umanistico che è difficile ricomprendere in un’opera che, aldilà della tela, pare infinita.
Accanto, alcuni capolavori appartenenti ai movimenti artistici degli anni tra il 10 e il 40 del Novecento. Ve ne segnaleremo solamente alcuni. Iniziate dall’aerea leggerezza della maquette della Mercury Fountain (1937/43) di Alexander Calder; passate al Portrait II di Joan Miró del 1938 che riesce, pur nell’estrema stilizzazione, a restituire la figura umana; apprezzate un altrettanto stilizzato e raffinato Yves Tanguy, con il quasi monocromatico Belomancie I (1927); chiedetevi come abbia fatto a tradurre personaggio e ambiente in così brevi linee il Picasso della composizione in bronzo, Femme au jardin (1931/32, ritratta in copertina); sorridete di fronte al Dalí laccato ma d’annata del Visage du grand masturbateur (1929) e lasciatevi conquistare dal più intrigante – sebbene meno noto – El enigma sin fin (1938), con un’inquietante figura di osservatrice che sbircia lateralmente e un gusto archeologico che sconfina nel paesaggio, mentre quest’ultimo si sfalda nell’antropomorfizzazione delle sagome avvolte dalla notte.
Esistendo anche la settima arte, in molte sale si proiettano film di matrice surrealista.
In un’altra ala potrete ammirare il Dalí di Los esfuerzos estériles (1927/28), che rimanda a stilemi di Miró – del quale si fa notare Pintura (1925), figura teneramente pre-Et che, in un tratto solo e con un uso garbato della bicromia tono su tono, restituisce espressività a un semplice abbozzo di figure geometriche; di Juan Gris notiamo La bouteille d’anis (1914), in cui il papier collé è al servizio della compenetrazione dei piani cubista; più vicino al futurismo per la sua dimensione di movimento nello spazio, sempre di Gris, Arlequin au violon (1919) e, in un’altra sala, Le jardin (1927); la quintessenza degli stilemi di Avida Dollars, invece, si scopre in L’homme invisible (1929/32).
Qualche altro consiglio. Tra Cézanne (per i piani) e l’espressionismo (nei colori), l’Autoritratto di Robert Delauney del 1908; la Mujer en azul e il Buste de femme souriante (decisamente espressionisti sia nei colori sia nei tratti) di un Picasso pre-cubista (entrambi del 1901); e, nella stessa sala, due piccole teste post-impressioniste di Medardo Rosso.
Arriviamo infine ad altre sale, dedicate al cubismo. Vi daremo, come per l’intero secondo piano, solo alcuni spunti. Del madrileño Juan Gris, segnaliamo Violon et guitare (1913), in cui la materia terrosa si sposa ai colori sabbia, ocra, brunito con una ricercatezza materica di pittori posteriori, quali l’italiano Burri; La guitare sur la table (coeva), in cui Gris gioca con lo spettatore proponendo una composizione dipinta che pare papier collé e, accanto, di Picasso la celebre testa in bronzo di Fernande (1909), che dimostra la grande abilità del malagueño anche nella scultura (ma Picasso non disdegnò nemmeno la ceramica, dimostrando come l’arte sia una questione intellettuale e manuale – e non una categoria accademica). Di Gris anche il piccolo Moulin à café, tasse et verre sur une table (1915/16), dove i colori rimandano alla bevanda mentre la sovrapposizione di piani si trasmuta anche in compresenza di azioni e tempi grazie alla parola scritta. E ancora, Cartes et dés (1914) di Georges Braque, un magnifico ovale che ben rappresenta gli studi e le predilezioni coloristiche del co-ideatore del movimento cubista. Provate adesso ad avvicinarvi e poi ad allontanarvi da Le compotier (1910) di Picasso, noterete che a 50 centimetri vedrete un vaso un cesto di frutta e, a due metri, il fruttivendolo, con un effetto ottico quasi à la maison Dalí di Figueres (di quest’ultimo è esposta anche una Natura morta del 1926 dove si fondono elementi surrealisti ad altri cubisti). Il Portraite de Madame Josette Gris (1916) di Juan Gris unisce raffinatezza coloristica e di tratto. E chiudiamo (ma la visita, come il suo racconto, potrebbe durare ancora ore) con La fenêtre ouverte (1921), ancora di Gris, ma con accenti decisamente magrittiani.
Il fecondo periodo parigino che diede vita a un dialogo tanto serrato tra artisti nei primi due decenni del Novecento, come il successivo a Città del Messico (tra gli anni 30 e 60) dimostrano che non esiste il genio senza un humus che lo nutre e rigenera e che l’arte fiorisce solamente ove si coltivano scambi culturali e d’idee. Un percorso, quello del Reina Sofia, in una modernità che continua a parlarci perché i temi (se non i modi) di un secolo fa sono attuali più che mai e solamente un’arte impegnata sa essere pregnante, andando oltre la patina della bellezza che, spesso, si assoggetta a mode effimere. L’artivismo (perché di questo si può parlare) del Novecento – prima e dopo Guernica – resta la maggiore eredità di un secolo artistico ricco di personalità ma soprattutto di partecipazione attiva a movimenti politici, sociali e artistici che continuano a fare storia.
Imperdibile per chiunque visiti Madrid.
P. S.: Segnaliamo ai colleghi giornalisti che, se vogliono scattare foto anche solo per appunto mentale (nelle sale adiacenti a Guernica), l’ufficio stampa del museo deve rilasciare un cartellino da apporre sugli abiti con la dicitura Prensa (il tesserino non è ritenuto sufficiente).
(La prima parte su: https://www.inthenet.eu/2022/06/10/reina-sofia-tripudio-di-contemporaneita/)
venerdì, 17 giugno 2022
In copertina: Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía. Settembre, 2021. Collezione. Episodio IV: Los territorios de la vanguardia: ciudad, exposiciones y revistas. Vista della Sala 205-13. Opere di Picasso. Archivio Fotografico del Museo Reina Sofía (foto gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Museo).