Dove sono le lacrime versate sul teatro di Mariupol?
di Simona Maria Frigerio
Donbass, guerra in-civile. La ‘grande offensiva’ lanciata da Kiev contro gli ‘invasori’ russi, come ama definirla la nostra stampa accreditata, si sta rivelando – come già accaduto a Mariupol – tutt’altro.
In meno di due ore, lunedì 13 giugno, quasi 300 razzi e proiettili di artigliera sono stati sparati dalle forze nazionaliste ucraine sulla città di Donetsk, colpendo anche il Maternal and Child Health Center, uccidendo cinque civili e ferendone 39. I lanciarazzi multipli MLRS (Multiple Launch Rocket System), in dotazione ai nazionalisti, sono armamenti di fabbricazione occidentale: Italia, Europa e Stati Uniti stanno uccidendo una fetta di popolazione ucraina (russofona) per motivi economici e geopolitici, che contrastano con il diritto all’autodeterminazione dei popoli che l’Onu afferma di difendere. Denis Pushilin, capo di governo della Repubblica di Donetsk, ha chiesto ufficialmente agli alleati (e non invasori), e in primis alla Russia, di aumentare le forze in campo per difendere la popolazione.
Nel frattempo, nell’impianto chimico di Azot, a Severodonetsk, si ripete ciò che è accaduto all’Azovstal. Kiev, dopo aver costretto o ‘invitato garbatamente?’ i civili locali a entrare nell’impianto per essere utilizzati come scudi umani, ha domandato alla Russia un corridoio umanitario per evacuarli verso Lisichansk, territorio ancora sotto il proprio controllo. Peccato che sempre il 13 giugno l’ultimo ponte sul fiume Seversky Donets è stato fatto saltare dalle stesse forze armate ucraine. Gli eserciti russo e della Repubblica di Lugansk hanno comunque aperto tale corridoio umanitario nella giornata del 15 giugno, dalle ore 8 alle 20 (ora di Mosca), verso Svatovo, nella Repubblica di Lugansk – unica direzione sicura, al momento, e possibile.
Ma un popolo ha davvero diritto all’autodeterminazione?
Forse non tutti sanno che alla Conferenza di San Francisco, prodromo della costituzione delle Nazioni Unite, a schierarsi a favore dell’autodeterminazione dei popoli fu l’Urss (e non gli Usa), in piena sintonia con il pensiero leninista, mentre si mostrarono contrari i Paesi europei che vantavano ancora possedimenti coloniali.
Anche la definizione di popolo è stata a lungo fonte di controversie in quanto l’Onu si occupa e riconosce i diritti degli Stati membri e li garantisce per evitare che diatribe tra gli stessi portino a guerre, come quelle mondiali che hanno insanguinato il Novecento.
Ma non sempre il popolo può identificarsi con uno Stato e, anzi, proprio a causa della fine delle colonizzazioni europee e con lo smembramento dei Paesi, satelliti dell’Urss, la definizione di popolo è diventata centrale alla discussione.
In clima di dissoluzione dell’ex Jugoslavia e di intensificazione degli interventi armati della Nato, sotto egida Onu, ecco quindi che le potenze occidentali, ormai private dei possedimenti coloniali, hanno modificato via via la propria posizione, decidendo di ampliare il diritto dei ‘popoli’ – parola che fino allora valeva giuridicamente quanto un guscio vuoto – e, contemporaneamente, di darsi come coalizione di Stati (leggasi Nato) la possibilità di intervento – anche armato – nelle decisioni interne di uno Stato sovrano (scelta questa che, prima degli anni 90, era stata sempre osteggiata o controversa).
Per capire il cambiamento di clima e come gli obiettivi geopolitici si siano e- o in-voluti, può essere utile leggere il “Documento elaborato dalla direzione del Centro dell’Università di Padova e presentato alla Conferenza generale della Helsinki Citizens’ Assembly, HCA Bratislava” (forse non a caso, in data 25/29 marzo 1992), in cui si sottolineano due novità: il “primato dei diritti umani rispetto ai diritti degli Stati”; e il “principio di ingerenza attiva negli affari interni”.
Ma non solo, si legge altresì che: “ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, il soggetto titolare del diritto all’autodeterminazione è il popolo come soggetto distinto dallo Stato. Ma in nessuna norma giuridica internazionale c’è la definizione di popolo. Questa reticenza concettuale non è dovuta al caso. Gli Stati giocano sull’ambiguità, non essendo ancora disposti ad ammettere espressamente che i popoli hanno una propria soggettività internazionale. Per il concetto di popolo bisogna pertanto riferirsi a documenti ufficiali o semi-ufficiali privi di carattere giuridico. Un recente Rapporto dell’Unesco (Doc. SHS- 89/CONF. 602/7, Parigi, 22.02.1990) definisce il popolo come: un gruppo di esseri umani che hanno in comune numerose o la totalità delle seguenti caratteristiche: a. una tradizione storica comune; b. una identità razziale o etnica; c. una omogeneità culturale; d. una identità linguistica; e. affinità religiose o ideologiche; f. legami territoriali; g. una vita economica comune”.
E quindi, dobbiamo attendere gli anni 90, e il cambiamento degli obiettivi geostrategici occidentali, per veder riconosciuta anche alle minoranze etnico-linguistico-religiose il diritto all’autodeterminazione.
In Donbass la questione dovrebbe quindi essere chiara e la richiesta di riconoscimento dell’indipendenza e dei risultati referendari del 2014 dovrebbe essere patrimonio comune dell’intera Onu.
Ma in Donbass, dove la Russia sta difendendo se stessa dall’espansione a est della Nato, oltre ai diritti degli indipendentisti ucraini russofoni, noi siamo in campo con le nostre armi per difendere confini statali che nulla hanno a che fare con la dignità e l’autodeterminazione dei popoli.
Sarebbe ora di ammettere che abbiamo indossato l’elmetto per sparare su quei civili che non si assoggettano alla nostra spartizione del mondo.
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Per approfondire: Il Centro Studi per la Pace (www.studiperlapace.it) ha pubblicato (20080308112302.pdf) la Tesi di laurea di Lorenzo Sanna, per la Cattedra di Diritto Internazionale, intitolata: Aspetti evolutivi del principio di autodeterminazione dei popoli, anno accademico 2005/06.
venerdì, 17 giugno 2022
In copertina: San Pietroburgo. L’autodeterminazione dei popoli è un principio del pensiero leninista (foto di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio, tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione).