La regista e scenografa, enfant terrible della nuova scena spagnola, racconta l’opera Borderland che ha debuttato a Bilbao il 20 maggio
di Anna Maria Monteverdi
Abbiamo approfittato di un momento di pausa dalle prove al teatro di Bilbao per intervistare una delle artiste più rappresentative nel teatro contemporaneo spagnolo, la regista e scenografa basca Marta Eguilior. Lo spettacolo di music theatre che sta allestendo è una vera opera lirica contemporanea, di cui è autrice anche dei testi. La musica è stata creata appositamente dal compositore Igor Escudero Morais. Il tema riguarda le personalità ʻborderline’, e quanto queste figure ci assomiglino nel nostro quotidiano. La regista e scenografa (ma anche progettista di luci) ha iniziato a mettere mano a un album con schizzi e a disegnare una graphic novel.
La Eguilior è un fiume in piena, parliamo via WhatsApp per darle la possibilità di interagire con un vocabolario on line per correggere, ma il suo italiano è pressoché perfetto! Mi ero occupata di lei in occasione del mio libro Scenografe perché lei, per prima al mondo, si è occupata di una tematica urgente e importante come quella dell’identità di genere e transessualità allestendo uno spettacolo unico, con due cantanti a interpretare, con la propria vocalità, il personaggio ʻprima’ e ʻdopo’. Questo allestimento musicale dal titolo As one è la prima opera con tematica LGBT della storia e le ha fatto guadagnare una copertina nella rivista OperaLive e molte recensioni positive. As One è un’opera da camera scritta dalla musicista e compositrice Laura Kaminsky per due voci – Hannah dopo e Hannah prima – che altro non sono che un unico personaggio. Con tre sezioni narrative e quindici parti cantate, l’opera racconta l’esperienza di Hannah dalla giovinezza al college fino al raggiungimento della consapevolezza della propria identità sessuale. La voce baritona era Hannah prima e dopo era mezzosoprano, come in partitura.
Dopo aver studiato Regia teatrale d’opera presso l’Istituto Superiore d’Arte del Teatro Colón di Buenos Aires, la Eguilior lavora come assistente alla regia di Betty Gambartes nelle Nozze di Figaro al Teatro Regio e al Teatro Colón e di Lizzy Weiss in Così Fan Tutte al Konex. Sempre a Buenos Aires adatta e dirige Il barbiere di Siviglia e Signorina Julie. As One di Laura Kaminsky è stato commissionato dal Teatro Español di Madrid.
La giovane età, rapportata all’età media dei registi e delle registe italiane che lavorano su commissione per teatri nazionali, può impressionare: ma la Eguilior dopo l’esperienza argentina approda in una Spagna aperta al nuovo e alle innovazioni; ma il sogno definitivo non si è ancora realizzato: infatti le sue regie liriche paradossalmente vengono prodotte e distribuite in teatri di prosa. Forse che, spingendoci un po’ in là con l’aggiornamento al femminile e alle nuove generazioni, possiamo immaginarci Marta Eguilior dirigere un’opera per La Scala o per il MET?
Parliamo di Borderland…
Marta Eguilior: «È sulle personalità al limite. È nata come una graphic novel molti anni fa e volevo parlare soprattutto di salute mentale, e quando mi è stata data la possibilità di scegliere qualunque opera volessi da portare in scena, ho scelto proprio questa, che probabilmente nessun teatro dell’opera mai avrebbe voluto davvero produrre. È un’opera di una persona che si sente donna e uomo che si chiama Elle; parla della sua vita che è borderline come tutto quello che sente, come vive, la sua paura di vivere, testimoniata dall’autolesionismo. Volevo parlare di questo e spiegare che tutti abbiamo qualsiasi cosa che ci accomuna a persone borderline o bipolare o con altre problematiche psicologiche. E si traduce in una ʻmontagna russa’ di emozioni, quelli che si definiscono ʻborderline’ vivono in una dimensione speciale, in una maniera difficile. Ho studiato questa patologia tantissimo e conosco gente che ne soffre, è un incubo quel dolore che provano, costantemente. Lo faccio con molto dolore ma anche con umorismo, molto umorismo; era importante poi la scelta degli interpreti: una soprano racconta e canta ed è accompagnata da un piano e un violoncello che, a livello di suono, è come la voce umana. Io ho scritto il testo, le parole e poi Igor Escudero ha iniziato a comporre la musica: parlando delle sensazioni che provava il personaggio, ha cominciato a scrivere la partitura. Appena finita la prima parte della partitura io non vedevo l’ansietà tradotta in musica, perché se una persona non ha avuto questi problemi non è facile tradurli in parole o musica. Io ho attraversato questa situazione. Ma il lavoro insieme ci ha permesso di condividere i temi, le difficoltà: lui fa un pezzo, io guardo lo spartito, ne discutiamo e poi così via. È bello anche fare Turandot o Carmen, però quando posso scegliere un progetto come regista, scenografa e produttrice allora sento che devo fare un’opera così».
Hai dei modelli di registi o registe nel teatro o nella lirica?
M. E.: «Sì, ho tanti modelli nel teatro ma non nella lirica, penso che soltanto ora faccio quello che sento direttamente, profondamente. Ho visto tanta gente di teatro che fa lavoro sociale e ne ho grande rispetto. Ma non credo che il mio sia davvero un lavoro sociale, penso che lo sia il teatro e l’arte direttamente, ma non il mio lavoro specificamente. Quando ho iniziato a scrivere Borderland ho progettato gli stati d’animo e i modi di sentire del protagonista come fosse una graphic novel: abbiamo testo, musica, disegni, proiezioni, e come scenografia un gigantesco braccio di 4 metri simbolo dell’autolesionismo del personaggio».
Parliamo di As one e della sua tematica.
M. E.: «As one è stato pazzesco, ho lottato 3 anni per convincere un teatro a produrre e mostrare As one; è stata un’impresa non facile, forse perché era contemporanea, o inglese. Per me è importante raccontare storie che muovano l’anima della gente; è la prima volta che viene rappresentata in Europa un’opera su una persona trans. Lo abbiamo fatto non in un teatro lirico ma di prosa qua in Spagna e, dopo, è entrato nella produzione il Teatro di Bilbao Arriaga, che non è un teatro lirico ma hanno pensato che era un buon progetto».
Anche Borderland non è in un teatro lirico ma di prosa. Come può essere che un teatro lirico non voglia produrre quest’opera?
M. E.: «Il futuro dell’opera non può essere nei teatri lirici perché loro fanno solo repertorio, la rivoluzione si fa da altre parti evidentemente, non in un teatro d’opera!».
Come lavori alla regia? Che metodo hai adottato?
M. E.: «Io normalmente ho tutto in mente prima di provare in scena e poi so che non avrò molto tempo per le prove, per questo cerco sempre di avere tutto chiaro da prima. È vero che c’è sempre questo desiderio di avere un’epifania. Prima ho un’idea importante, poi inizio a lavorare, disegnare, pensare. Ho questa ʻimmagine globale’ quando comincio a lavorare allo spettacolo, ho già uno spettacolo nella mente, ho pensato già quello che bisogna fare».
Parliamo de La voce umana.
M. E.: «La voce umana! Poulenc! Amo La voce umana: è una rivoluzione. Io volevo farlo assolutamente non in forma di prosa ma di opera, e volevo farlo in spagnolo. I critici volevano uccidermi! L’ho adattato per piano e arpa e l’ho rappresentato in una sala per 30 persone. Amo Poulenc, il lavoro era già incredibile e perfetto con la musica di Poulenc. Voglio fare lirica in uno spazio grande o piccolo, non importa, l’importante è farla; nei miei primi progetti come l’Elisir d’amore non ero libera, ho cominciato a essere libera di dirigere come volevo io proprio con La voce umana. Non sempre posso farlo, forse perché sono giovane, perché sono donna, non so… Sono la più giovane regista nella lirica, in Spagna, e nel settore sono attive credo cinque donne».
Progetti futuri?
M. E.: «Ora Borderland è molto importante, per me è bellissima la musica, la storia è bellissima; so che farò Don Giovanni e Così fan tutte ma vorrei dirigere un festival di lirica contemporanea o una sezione contemporanea di un teatro».
venerdì, 3 giugno 2022
In copertina e nell’intervista: Foto del set di Borderland, gentilmente fornite dalla regista.