Non solo guerra: ci attendono 7 milioni di morti
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Tacciano le armi e parliamo anche d’altro perché i problemi non si esauriscono con i confini dell’Ucraina.
Dopo aver tuonato per quasi due anni contro il coronavirus, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia un nuovo allarme che pare cadere nel vuoto almeno quanto l’accusa all’Occidente di cieco egoismo per quel che riguarda la vaccinazione dei Paesi più poveri e, soprattutto, la decisione di effettuare terze (e addirittura quarte) dosi quando il 50% della popolazione non ha ancora avuto la prima (e, probabilmente, spera che i rifornimenti di Covax non arrivino se contengono vaccini potenzialmente nocivi per i più giovani).
Secondo l’OMS, infatti, circa il 99% della popolazione mondiale respira un’aria in cui le sostanze inquinanti eccedono i limiti consigliati dalla stessa Organizzazione, con i Paesi a basso o medio reddito che soffrirebbero dei peggiori livelli di inquinamento. Nei documenti pubblicati, si legge che lo smog che sovrasta le nostre città non è solamente pericoloso per il clima – del quale si parla molto e per il quale si agisce poco – ma anche per la nostra salute in termini immediati. Delle polveri sottili avevamo già scritto quasi un anno fa (https://www.inthenet.eu/2021/03/05/le-polveri-sottili-uccidono-66-mila-italiani-lanno/) e la situazione non è affatto migliorata, anzi: “l’inquinamento fuori e dentro casa causa milioni di decessi ogni anno, in gran parte a causa di infarti, malattie cardiache, malattie polmonari croniche ostruttive, cancro del polmone e infezioni respiratorie acute” (t.d.g.).
In breve, secondo l’OMS, ogni anno l’inquinamento atmosferico causa 7 milioni di decessi. Il Covid-19, per intenderci, nel 2020 ne ha causati 1.886.819 (varie fonti dati), mentre l’Aids al 15 novembre – secondo worldometers.info – 1.468.728 in soli dieci mesi e mezzo.
Passando alla situazione prettamente europea, l’Agenzia europea dell’ambiente – che raccoglie e analizza i dati provenienti solo dalle città che fanno parte dell’audit urbano e che hanno popolazioni eccedenti i 50 mila abitanti – registra come, dal 2019 al 2020, le “tre città europee più pulite in termini di qualità dell’aria sono state Umeå (Svezia), Tampere (Finlandia) e Funchal (Portogallo), mentre le tre più inquinate sono state Nowy Sacz (Polonia), Cremona (Italia) e Slavonski Brod (Croazia)”. Nel 2018, secondo i dati degli enti europei preposti, solamente l’esposizione al particolato fine avrebbe “causato circa 417 mila morti premature in 41 Paesi europei”.
Dalle parole ai fatti?
Mass media e politici ci hanno regalato la narrazione dei grandi della Terra tutti tesi a salvare il mondo dall’inquinamento causato da quegli stessi ‘grandi’. La Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, secondo varie fonti stampa avrebbe twittato: “Manteniamo intatta la nostra ambizione nelle ultime ore di Cop26. È la nostra opportunità di scrivere la storia. Ancora di più, è nostro dovere agire ora. Abbiamo bisogno di impegni coraggiosi per importanti tagli alle emissioni in questo decennio e verso la neutralità climatica nel 2050”. Aldilà della retorica, questi politici che si esprimono via social – mentre tuonano contro le fake news e rivendicano l’importanza della stampa quale fonte d’informazione seria e accreditata – lascia basiti.
Anche il Premier Draghi, sempre molto in sintonia con quanto accade intorno a lui, secondo l’Ansa affermava il 2 novembre scorso: “Che sia stato per la prima volta accettato da tutti che i gradi necessari siano un grado e mezzo e non due è molto importante. Questo impegna questi Paesi ad azioni coerenti di fronte all’opinione pubblica. Non so come evolverà qui il negoziato, ma l’impressione è che ci sia disponibilità a parlare e fare passi avanti”.
In effetti è andata come ci si poteva attendere: che muoiano 7 milioni di persone per l’inquinamento non importa a nessuno finché salvarle non avrà una ricaduta economica immediatamente positiva per il sistema capitalistico. Al contrario dei bilanci si alcune imprese farmaceutiche gonfiati da un ‘vaccino’ che, se va avanti il trend, bisognerà rifare una volta al mese.
Il Presidente di Cop26 – il summit di Glasgow sul clima, per intenderci – sembra si sia commosso e gli sia ‘scappata’ una lacrima mentre ammetteva che il testo licenziato era ‘annacquato’.
In pratica, nonostante si ammetta che i combustibili fossili ricoprano un ruolo nella crisi climatica, si è firmato un compromesso in cui i Paesi si impegnano a ridurre gradualmente il carbone e non a eliminarlo gradualmente (phase-down invece di phase-out). Non solamente. Alcuni Paesi in via di sviluppo hanno espresso ‘delusione’ per la mancata creazione di un “meccanismo formale per la consegna di fondi alle nazione colpite dagli impatti climatici”. Il che significa che coloro che continueranno a inquinare il pianeta e a causare direttamente un innalzamento dei livelli del mare o un inaridimento dei terreni agricoli o cambiamenti climatici che portino a un aumento nell’intensità e frequenza di alluvioni, e così via, non saranno nemmeno chiamati a compensare economicamente i Paesi che dovranno fronteggiare a breve danni probabilmente non compensabili. Ma anche in questo caso, non illudetevi perché se i 26 atolli dell’Oceano Indiano settentrionale che compongono le Maldive andranno sott’acqua entro il 2050, è già pronto un progetto – affidato a due società olandesi, per sostituire un patrimonio naturale con una “nuova isola artificiale con migliaia di case (a partire da 250 mila dollari per 300 metri quadri), negozi, ristoranti, un ospedale, una scuola e un edificio governativo” (fonte Corriere.it). L’umanità, del resto, non pensa mai di essere ospite della Terra, bensì padrona e, come tale, di poterne disporre a proprio piacimento.
Non dimentichiamo che i Paesi economicamente più poveri dovrebbero essere i primi a essere favoriti nello sviluppo di energie rinnovabili, dato che i loro sistemi non sono al momento ingolfati da impianti e investimenti da convertire. Peccato che dodici anni fa, al Summit di Copenhagen, i Paesi più ricchi si fossero impegnati a trasferire 100 miliardi di dollari all’anno ai Paesi in via di sviluppo entro il 2020, perché adottassero fonti energetiche rinnovabili, convertissero eventualmente i loro impianti inquinanti e per mitigare gli effetti collaterali dell’aumento delle temperature. Al contrario, nel 2022, siamo ancora a discuterne. Della serie che non ogni promessa è debito.
Si può anche inserire la tutela dell’ambiente in Costituzione, ma siamo certi che l’enunciato avrà più seguito di quello sul diritto al lavoro o dell’Articolo 11 – in cui l’Italia ripudia la guerra ma poi regala armi all’Ucraina?
Come cantava Mina…
venerdì, 3 giugno 2022
In copertina: Foto di Pete Linforth da Pixabay.