Glenn Gould come non lo avevate mai visto
di Luciano Uggè
Nell’ambito di Lucca Classica Music Festival, va in scena Marco Brinzi con la regia di Caterina Simonelli e un monologo decisamente anticonvenzionale firmato da Andrea Cosentino su uno dei più grandi interpreti del pianoforte, Glenn Gould.
L’uomo, l’artista, il genio raccontato da coloro, lavoratori e non, che lo circondano – cercando di assecondarlo nelle sue ossessive richieste, rassicurarlo rispetto alle sue paure, perdonarlo per i suoi pregiudizi e le manie di perfezionismo.
Lo spettacolo L’arte della fuga con Marco Brinzi protagonista, ci mostra una figura inquieta, fobica, superstiziosa e maniacale per certi versi come, ad esempio, nella cura con la quale pretende che la donna delle pulizie prepari tutti i camerini del teatro affinché lui, Glenn Gould, possa sceglierne uno a caso, con un gesto scaramantico – ben sapendo che tutti sono in egual misura predisposti. Il freddo, altro timore costante, affrontato con strati di abiti, sia in estate sia in inverno, e con la pretesa che la temperatura del teatro sia costantemente a 22°C esatti, durante tutte le esibizioni.
Eppure, nonostante le mille e una precauzione, il male è sempre in agguato, vero o frutto dell’immaginazione, e Gould lo usa per evitare le esibizioni o imbottirsi di medicinali – dalle aspirine agli ansiolitici.
L’inizio dello spettacolo, in puro stile Andrea Cosentino, è un incipit che caratterizzerà l’intera prova attorale di un Brinzi che si giostra tra i vari personaggi e le situazioni con scioltezza – anche se lascia qualche perplessità il tentativo di dare a ognuno una collocazione regionale (accenti e voci che non aggiungono nulla ma tolgono in credibilità).
Non poteva mancare la fuga – non quella musicale, ben nota, ma quella da una vita che gli pare non portarlo da nessuna parte, quasi come Gould vivesse un’eterna partenza che permette all’interprete di interloquire con il pubblico, che più volte risponde alla sollecitazione. Un modo, anche, per definire metaforicamente l’indeterminatezza dell’esistenza che, sebbene abbia un termine ben altrimenti fissato, attraversa spazi, tempi e situazioni non sempre prevedibili. La sicurezza, in senso lato, sarà del resto l’ossessione di Gould che cercherà di esorcizzare le proprie paure portando con sé, in tutte le esibizioni concertistiche, la sedia costruita dal padre e il suo pianoforte, lo Steinway CD 318.
Particolarmente convincente il racconto del tecnico addetto alla sicurezza: sarà lui il primo a venire a conoscenza dell’intenzione dell’artista di abbandonare le esibizioni dal vivo. Esibizioni durante le quali, pur suonando il pianoforte, canticchiava, quasi inconsapevolmente tra sé, a volte a toni così alti da rendere difficile, per chi registrava il concerto, separare la voce dal suono dello strumento. Ma non sarà un ritiro assoluto, il suo, bensì un allontanamento dalla pressione del pubblico e dalla necessità di dimostrare di essere sempre all’altezza che, nel suo caso, rasentava la perfezione. Gould continuerà, infatti, a suonare e a registrare in studio.
Molto forte il legame con la famiglia e riuscito il racconto di Brinzi sul ricovero della madre di Gould: l’autoambulanza della narrazione trova, nel suono che proviene dall’esterno del teatro, un riverbero che pare strana coincidenza. Il finale, con la musica pre-registrata del suo capolavoro, Le variazioni Goldberg, ne magnifica il valore – come tecnica di esecuzione, rilettura e capacità espressiva.
Uno spettacolo per certi versi inaspettato e, per questo, più interessante. Un modo originale di raccontare l’uomo e l’artista, fuori dagli schemi monologanti, attraverso le voci dei co-protagonisti della sua esistenza. Una performance e un testo che riescono a restituirci la dimensione umana di un genio che, per timore di non essere sempre all’altezza di se stesso, ha sofferto di nevrosi per l’intero suo periodo concertistico.
Tutto doveva funzionare alla perfezione e la stessa cura maniacale che aveva per se stesso, la esigeva anche da coloro che lo circondavano, finché l’ossessione non ha divorato il genio, e l’artista non è potuto tornare a esprimersi liberamente nell’intimità di uno studio, di fronte al suo adorato pianoforte.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro San Girolamo
via San Girolamo, 20 – Lucca
giovedì 28 aprile 2022, ore 17.30
L’arte della fuga
monologo scritto da Andrea Cosentino
interpretazione Marco Brinzi
regia Caterina Simonelli
produzione If Prana
con il sostegno di produzione di Fondazione Orizzonti d’Arte Chiusi
venerdì, 20 maggio 2022
In copertina: Marco Brinzi in una scena dello spettacolo (foto Fondazione Orizzonti d’Arte, gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro del Giglio).