Dalle armi pesanti al messaggio della Cina: cosa si sta giocando l’Italia?
di Simona Maria Frigerio
Dopo che per decenni gli States ci hanno fatto letteralmente ingoiare – a noi italiani che ancora crediamo nell’articolo 11 della Costituzione – le loro guerre e i loro genocidi spacciandoli come Operation ‘qualcosa’, del tipo Enduring Freedom (il massacro ventennale dell’Afghanistan) o Restore Hope (il disastro in Somalia), siamo arrivati al punto che l’Italia non può nemmeno discutere a livello parlamentare se inviare armi offensive e pesanti, ossia dichiarare di fatto guerra alla Russia (contro i nostri principi costituzionali), con un Premier che, questa volta, non deve neppure ammantare il nostro ennesimo intervento manu militare dalla parte dello sceriffo a Stelle e Strisce con l’epiteto ‘operazione di pace’.
I numeri e i fatti smentiscono la nostra retorica, ma occorre ascoltare altre fonti per accorgersene. Come ha recentemente affermato Wang Wenbin, portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese: «Gli Stati Uniti affermano di rispettare i diritti umani, ma le guerre di aggressione degli Us e dei suoi alleati in diversi Paesi, tra i quali l’Afghanistan e l’Iraq, hanno ucciso oltre 300 mila civili e causato 26 milioni di rifugiati. Eppure, nessuno ha dovuto rispondere di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Anzi, gli Us hanno minacciato di sanzioni la Corte Penale Internazionale se avesse investigato i crimini di guerra commessi dall’esercito statunitense» (se occorresse, la persecuzione anche da parte dell’attuale Presidente Joe Biden di Julian Assange, a riprova).
L’Italia è un Paese a sovranità limitata fin dai tempi della Guerra Fredda ma con la caduta del Muro di Berlino avremmo forse potuto affrancarci da tali logiche se avessimo avuto una classe politica indipendente e lungimirante. Al contrario, ci è ormai preclusa anche la possibilità di quel voto in Parlamento che avrebbe risvegliato, forse, un minimo di dibattito in seno alla società cosiddetta civile.
Stefano Ceccanti, Capogruppo del Pd nella commissione Affari costituzionali della Camera, a La Repubblica, liquida la richiesta di confronto democratico con queste parole: «La legge numero 28, datata 5 aprile 2022, articolo 2-bis, stabilisce che c’è un’unica autorizzazione parlamentare che vale fino al 31 dicembre […]. Le Camere, il 1° di marzo, hanno approvato, sulla base della legge, o meglio di un decreto-legge che poi è stato convertito in legge, due testi in cui hanno previsto esplicitamente ‘la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione’». Nessuno però chiede al Capogruppo se non vi sia differenza tra inviare giubbotti antiproiettile e carri armati o missili. I colleghi della stampa – senza tema di essere deferiti o inquisiti – non fanno alcuna obiezione nemmeno di fronte alla frase ‘proteggere la sua popolazione’, quando è ormai comprovato che l’esercito ucraino sta bombardando e usando parte della popolazione – ossia i russofoni del Donbass – quali scudi umani (l’affaire di Azovstal, con i civili trattenuti nell’impianto dall’esercito ucraino e dal Battaglione Azov, è solamente l’ultima goccia di un vaso che sta traboccando). A meno di non voler sottilmente insinuare che la popolazione del Donbass, se massacrata, non conti in quanto ‘meno umana’.
Aldilà, quindi, delle esternazioni di un Giuseppe Conte, di un Matteo Salvini o di un Luigi Bersani, la realtà è che il Parlamento è diventato una ‘foglia di fico’. In questi due anni, in primis a causa delle scelte dello stesso Giuseppe Conte, politici e cittadini italiani si sono abituati a ‘non disturbare il manovratore’. Tra Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, Decreti Legge convertiti in legge sulla base del voto di fiducia, rimpasti di Governo, maggioranze bulgare che hanno azzerato i diritti dell’opposizione (la cui esistenza è alla base del regime cosiddetto democratico), ordinanze che valgono quanto leggi nel limitare le libertà dei cittadini – breve inciso: tutti quei cittadini che hanno accettato che una parte della popolazione fosse esclusa dalla vita lavorativa e sociale per non aver fatto un vaccino non immunizzante e, quindi, non avere un green pass che non era una sicurezza di trovarsi tra persone non contagiose, bensì un lasciapassare per la diffusione del virus, sono altrettanto colpevoli – ebbene, grazie a questa deriva culminata nella rielezione del Presidente della Repubblica e la dichiarazione del nuovo Stato di emergenza (ufficialmente a scopo umanitario: esattamente come l’altro era per salvaguardare la nostra salute), la politica, intesa anche e soprattutto come presa di coscienza della società rispetto a scelte basilari quali la guerra e la pace, ma anche il diritto di autodeterminazione che passa dal corpo/persona al corpo/sociale, è stata praticamente azzerata.
Questo cosa significa in pratica? Militarizzazione del suolo, aumento delle spese per la Difesa, invio di armi (con il rischio che servano a uccidere la popolazione del Donbass e i civili indipendentisti), spregio della Costituzione, propaganda di regime, tagli alle spese sanitarie e scolastiche, deriva verso un mondo dove il dialogo è azzerato a favore della divisione in blocchi contrapposti.
Da Ramstein all’abisso?
Mentre prosegue una guerra che può essere letta come il tentativo dell’Ucraina di rivendicare confini territoriali utili alla propria economia e ai fini geo-politici statunitensi, in spregio al popolo del Donbass; mentre il Segretario Generale dell’Onu, António Guterres, discute con il Presidente russo Vladimir Putin per trovare una soluzione mediata e aprire i corridoi umanitari per mettere al sicuro la popolazione civile; gli Usa convocano i cosiddetti alleati a Ramstein non per difendere il popolo ucraino bensì – come afferma il capo del Pentagono Lloyd Austin – la sua ‘sovranità’, la stessa che hanno difeso tutti i Paesi colonialisti contro la volontà di autodeterminazione dei popoli (fatto salvo in ex Jugoslavia, dove l’Occidente plaudiva al crollo dell’eredità morale e politica di Tito). Una guerra che gli Stati Uniti, senza più veli o infingimenti, dichiarano contro la Russia (a mezzo Ucraina – sacrificando una parte della sua popolazione, che è incitata a uccidere l’altra).
E intanto il Presidente Usa afferma la propria arroganza imperialista con frasi quali: «Putin non può rimanere al potere» (finalmente esplicitando i propri scopi in spregio al volere del popolo russo che, solo, può decidere da chi essere governato). Ma sono i media cinesi ((https://english.news.cn/20220429/ff2d9813f7064049b1ee5c86ae1ced6c/c.html9) – rispetto all’accusa di utilizzo di armi chimiche o biologiche da parte della Russia – a informarci, ad esempio, che: «Gli Us sono l’unico Paese che ha utilizzato armi chimiche e biologiche in molteplici guerre, l’unica nazione che si oppone all’istituzione di un meccanismo di verifica multilaterale in seno alla Convenzione per le Armi Biologiche (BWC)» e aggiungono: «Il Dipartimento della Difesa statunitense controlla 336 laboratori biologici in 30 Paesi. Avendo ereditato il ‘lascito diabolico’ dall’Unità 731, il reparto tristemente noto dell’esercito giapponese attivo durante la guerra contro la Cina, gli Us hanno condotto ricerche e sviluppato armi biologiche a Fort Detrick. Nonostante l’entrata in vigore della BWC nel 1975, gli Us hanno proseguito in dette attività» (http://m.stdaily.com/guoji/xinwen/202203/c679761bfe7c44898178ee7ff0a271f1.shtml).
In questo quadro, dove il valore ideologico di principi fondanti la nostra Repubblica, come l’antifascismo e la Resistenza sono sbeffeggiati da sindaci, piazze e associazioni che dovrebbero difenderli e, al contrario, marciano a fianco dei simboli del Terzo Reich e delle SS e dei suoi fiancheggiatori ucraini, l’Italia che deve rifiutare la guerra quale strumento per dirimere le controversie internazionali, ancora una volta cede alle lusinghe degli Usa e, invece di porsi come faro della pace e del dialogo, prosegue nella logica di una nuova Guerra Fredda.
Dalla Nato all’Aukus: gli States all’attacco della libertà dei popoli
Non sarà un caso che mentre gli Us rinfocolano una guerra nel cuore dell’Europa inviando centinaia di miliardi di armi offensive (finché l’ultimo ucraino sarà spazzato via dal pianeta, viene da pensare), distruggendo la nostra capacità critica prima ancora che il nostro modello economico e sociale – sia a livello italiano sia europeo – sempre Wang Wenbin, lo scorso 25 aprile, risponde alla nuova minaccia a Stelle e Strisce nell’area del Pacifico.
Si tratta del patto trilaterale per la sicurezza, annunciato da Uk, Us e Australia lo scorso 15 settembre, e denominato Aukus. Il patto prevede che l’Australia acquisisca sommergibili nucleari, in primis, e poi si concentrerà sia sullo scambio di informazioni sia sulla capacità militare dei tre Stati coinvolti. Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese a proposito ha affermato, anche a causa della crisi delle Isole Salomone: «I Paesi insulari del Pacifico meridionale sono Stati sovrani e indipendenti, non il cortile degli Us o dell’Australia. Il tentativo dei suddetti di riproporre la Dottrina Monroe in questa regione non riceverà alcun supporto e non porterà da nessuna parte. Nonostante gli Us asseriscano di opporsi alla coercizione economica, sono stati essi stessi a inventare la ‘coercizione diplomatica’ e la esercitano su nazioni piccoli o grandi, lontane o vicine, amiche o nemiche. L’embargo e le sanzioni imposte a Cuba sono durate mezzo secolo e quelle all’Iran quarant’anni». Aggiungiamo che quelle in Iraq non portarono allo ‘spodestamento’ di Saddam Hussein ma alla morte di centinaia di migliaia di civili – soprattutto bambini – mentre i dazi contro l’Europa dell’ex Presidente Trump provano ancor più le affermazioni di Wenbin: balzelli dal 10 al 25%, imposti dallo zio Sam su una gamma di prodotti per un totale di 7 miliardi e mezzo di esportazioni UE.
E veniamo infine al vero oggetto del contendere, quella Nato che si proclama ‘alleanza difensiva’ e che, al contrario, in questi ultimi trent’anni si è caratterizzata per una escalation di interventi sempre più lunghi e distruttivi in Paesi indipendenti. Sempre Wang Wenbin ricorda che: «Dato che la Guerra Fredda è da tempo terminata, la Nato, come suo prodotto e la maggiore alleanza militare al mondo, avrebbe dovuto subire correzioni conformi al cambiamento dei tempi. Ciononostante, la Nato è rimasta attaccata al vecchio concetto di sicurezza, si è impegnata in un confronto tra blocchi ed è diventata lo strumento di alcuni Paesi per esercitare l’egemonia. La Nato afferma di essere un’organizzazione difensiva, ma di fatto crea costantemente dispute e confusione. La Nato chiede ai Paesi di attenersi alle norme basilari delle relazioni internazionali, eppure ha arbitrariamente dichiarato guerra e bombardato Stati sovrani, uccidendo e costringendo alla fuga civili innocenti. La Nato, l’organizzazione militare del Nord Atlantico, negli ultimi anni si è allargata alle regioni dell’Asia e del Pacifico per far sentire il suo peso e fomentare conflitti. L’impatto dell’espansione a Est della Nato sulla pace a lungo termine e la stabilità dell’Europa dovrebbe diventare oggetto di riflessione. La Nato ha sconvolto l’Europa. Sta tentando di sconvolgere anche l’area asiatico-pacifica e persino il mondo?».
Domande che pesano come macigni. Se la risposta dell’Italia e dell’Europa non sarà all’altezza, è il destino dei prossimi decenni che ci giocheremo, e il futuro dei nostri figli.
Speciale Guerra – martedì, 3 maggio 2022
In copertina: Beijing, La Città Proibita (foto e rielaborazione di Simona Maria Frigerio, vietata la riproduzione).