Dire no alla Nato significa dire sì alla pace
di Luciano Uggè
Sabato 23 aprile, ore 15.00. Di fronte a Camp Darby si ritrovano militanti del Partito Comunista, pacifisti, società civile, sindacati non confederali per rivendicare la “sovranità degli italiani sul proprio territorio” e sulle scelte politiche del nostro Paese.
Tra i primi interventi, quello di un rappresentante del sindacato non confederale che ricorda come non sia possibile affrontare il problema della guerra senza risolvere quello della presenza della Nato in Italia.
Il discorso passa poi all’economia di guerra, che risponde a logiche opposte a quelle dei diritti sociali ed economici. E si fa presente che, negli Stati Uniti, già si teorizza e pratica il conflitto per superare le crisi di sovrapproduzione – ipotesi che sta avendo un forte impulso sotto il governo Draghi e l’attuale dirigenza politica dell’Unione Europea.
La militarizzazione del territorio significa non solamente un aumentano delle spese militari ma soprattutto ricadute negative sulla sanità e la scuola – con il taglio già preventivato di mezzo punto per settore e un aumento delle spese militari, oltre al sostegno alla creazione di un esercito europeo.
L’intervento si chiude con l’affermazione che sul progetto della nuova base di Coltano – finanziata con i fondi del PNRR all’interno di un Parco regionale – peserebbero anche (ma non solo) interessi industriali, e che non è possibile opporsi a questa nuova base senza chiedere, contemporaneamente, la chiusura di Camp Darby.
La parola passa poi a un rappresentante del mondo pacifista che ricorda come la Nato e gli Stati Uniti, in questi anni, abbiano bombardato e ucciso (con la complicità italiana) dai 20 ai 30 milioni di esseri umani in ‘operazioni’ etichettate di ‘pace’. Non si può pensare di rispettare la nostra Costituzione diventando parte belligerante, e inviando armi.
Dai sedici Paesi iniziali, la Nato si è allargata fino a includerne oggi trenta e si vogliono aggiungere Finlandia, Svezia, Svizzera e persino il Giappone – fino a trasformare l’Alleanza Atlantica in un esercito mondiale degli interessi occidentali. La strada per la pace è, al contrario, la neutralità. Le stragi di Stato nere ed eversive, a partire da Portella della Ginestra – è stato anche ricordato – sono nate nel grembo, prima dall’OSS, e poi dalle basi straniere presenti in Italia.
Non sono mancate infine le critiche per le basi di Aviano e Ghedi che ospitano sicuramente armi nucleari, i missili B61, per i quali rischiamo di essere un Paese oggetto di ritorsione nucleare se il conflitto, attualmente in corso o altri in futuro, si allargasse (e le popolazioni locali se ne preoccupano: https://www.lindipendente.online/2022/03/08/la-protesta-di-ghedi-il-paesino-lombardo-pieno-di-bombe-nucleari-americane/).
Voci anche contro il green pass e la gestione della pandemia, come preludio a un controllo sociale sempre più invadente.
Note ironiche e critiche centrate anche da parte del rappresentante del Coordinamento Toscana libera e ribelle – un comitato che si è battuto contro il green pass. L’intervento inizia ricordando che tuttora restano a casa, senza stipendio, i lavoratori del settore sanitario che non si sono voluti vaccinare, mentre i lavoratori della scuola possono essere paragonati agli antifascisti al ‘confino’, e gli ultracinquantenni devono pagarsi due o anche tre tamponi la settimana per accedere al luogo di lavoro e dovranno far fronte alla multa di cento euro (unico Paese della UE ad applicare tale misura punitiva e coercitiva, aggiungiamo noi).
L’intervento prosegue con alcune note sull’uso della retorica massmediatica – dall’aver sostituito quale oggetto di odio popolare ai no-vax, i russi, all’aver imposto quale nuovo diktat l’amore incondizionato per gli ucraini, anche nel caso siano Neo-nazisti (il battaglione Azov e la sua pletora di simboli del Terzo Reich e delle SS sono stati riabilitati al punto da essere sinonimi di pace persino per ‘mamma’ Rai).
Tornando a temi più generali, l’intervento si sposta sul cambiamento epocale in atto e lo scontro tra potenze globali che si sta verificando in un momento di profonda crisi del sistema capitalistico. Crisi che si era già registrata quando, improvvisamente, nei mesi del lockdown si era detto di voler dare il primato alla salute sull’economia (non investendo, però, in sanità, aggiungeremmo noi, bensì chiudendo attività economiche e impoverendo intere fasce di popolazione). E adesso è il sostegno alla guerra che diventa prioritario rispetto a tutto il resto – compresa la vita e la sicurezza di italiane e italiani.
Molti i temi che si sono intrecciati nel corso dell’iniziativa e che dimostrano come solamente allargando lo sguardo critico si possa comprendere appieno la portata dei fatti contingenti.
venerdì, 29 aprile 2022
In copertina: Alcuni degli striscioni presenti all’iniziativa contro la base di Coltano, Camp Darby, 23 aprile 2022.