Non c’è eroe senza pubblico (1)
di Simona Maria Frigerio
Nell’acciaieria Azovstal i russi avrebbero offerto, nella giornata di Pasqua, una via d’uscita agli asserragliati – ucraini e stranieri. Nonostante ciò da Kiev sarebbe arrivato l’ordine per tutti di non arrendersi e, secondo fonti russe, per i membri dell’Azov di sparare contro militari e mercenari che avessero voluto cedere le armi. L’offerta russa è stata ribadita oggi, 19 aprile, dalle 12.00 (orario di Mosca) e, a partire dalle 13.30, sarà garantito un cessate il fuoco da entrambe le parti in modo da dare la possibilità agli asserragliati di uscire dall’impianto tra le 14.00 e le 16.00*.
Mentre i media dell’asse europeo-statunitense continuano a ribadire la loro narrazione, esistono fatti che – sebbene noi non si sia presenti a Mariupol e, a differenza di altri colleghi, vogliamo che i nostri lettori ne siano coscienti senza dare per certo ciò che non lo è – prescindono dalla propaganda di guerra e sono incontrovertibili per il senso di umanità che dovrebbe fare da guida a noi, parte almeno ufficialmente non belligerante.
Infarciti dalla retorica statunitense del sacrificare un’intera squadra per salvare un solo uomo, forse non ci rendiamo conto di quanto sia militarmente inutile e umanamente inaccettabile pretendere il sacrificio della vita (altrui) per scopi di guerra o geo-politici. Il generale dal cuore tenero che si commuove per il soldatino Ryan (soprattutto per noi, che abbiamo avuto ben altri esempi, come i sette fratelli Cervi) è forse la parte meno credibile del peggiore polpettone di guerra partorito da Hollywood negli ultimi trent’anni; ma non è nemmeno lontanamente paragonabile alla realtà di uno Stato cosiddetto democratico che pretende che forse duemila tra mercenari, neo-nazisti del Battaglione Azov e militari regolari muoiano, invece di arrendersi e avere salva la vita, per sé ma soprattutto per quegli uomini e quelle donne che li attendono a casa.
Secondo le fonti russe sono 23.367 le perdite umane ucraine tra i militari (e ‘similari’). Fossero anche di meno, quello che dovrebbe contare per un Capo di Stato ma, soprattutto, per la comunità internazionale è che non ce ne sia nemmeno una in più.
Sempre da fonti russe sembra che Kiev abbia accolto 6.824 mercenari provenienti da 63 nazioni, di cui 1.717 polacchi e 1.500 provenienti da Stati Uniti, Canada e Romania. Attualmente il numero dovrebbe essere sceso a 4.877 unità.
Due fatti che forse l’opinione pubblica occidentale dovrebbe valutare sono che, a causa della guerra, le fortune dell’oligarca Rinat Akhmetov, proprietario dell’acciaieria (che produceva circa un terzo dell’acciaio ucraino) sarebbero calate da oltre 15 miliardi a 3,9 miliardi di dollari – dal 2013 a oggi – e potrebbero ulteriormente diminuire, secondo Forbes.
Il secondo fatto è che, mentre la nostra visione di Mariupol è quella di una città distrutta dalla guerra attualmente in corso (senza mai nominare quanto accaduto nel 2014), il giornalista indipendente Graham Phillips pubblica un video sul proprio canale Telegram che fornisce un’altra narrazione e ritrae i volti dei cittadini di Mariupol che, l’11 maggio 2014, andavano a votare il referendum per l’indipendenza dall’Ucraina: https://www.youtube.com/watch?v=OubfGIupgWE.
Quindi, chi sta liberando chi? E se il Presidente Zelensky stesse solo difendendo confini geo-politici che nulla hanno a che fare con il diritto all’autodeterminazione dei popoli? È una legittima domanda che dovremmo porci soprattutto noi, che sosteniamo militarmente una parte in guerra. Lo facciamo per il popolo ucraino o per difendere gli interessi economici di qualche oligarca ucraino o, peggio, dell’asse anglo/statunitense che – è ormai chiaro – mira allo scioglimento e al default dell’Unione Europea?
Non sarà un caso che il giorno di Pasquetta il Presidente Putin abbia fatto notare come il rublo sia tornato sui valori pre-guerra rispetto all’euro mentre l’euro continui a svalutarsi rispetto al dollaro e alla sterlina. Ricordiamo, infatti, che secondo l’Ispi solo il 19% dei Paesi ha imposto sanzioni alla Russia e, sebbene l’81% delle nazioni al mondo possegga solo il 41% del Pil mondiale (dato che dovrebbe farci inorridire in quanto è la prova dell’enorme diseguaglianza attualmente esistente), la Russia può cambiare i propri partner commerciali e gli acquirenti per le proprie risorse energetiche. Interessante la frase dell’Ispi che suggerisce sanzioni anche per i Paesi terzi nel caso non applichino le stesse: della serie che chi non la pensa come l’asse anglo-statunitense e la Ue debba per forza essere in torto anche se rappresenta i 4/5 del globo.
(1) André Malraux
*L’offerta è stata rinnovata anche per il 20 aprile (ultimi aggiornamenti alle ore 23.00 del 19/4).
martedì, 19 aprile 2022 – Speciale Guerra in Ucraina
In copertina: Foto di Wilfried Pohnke da Pixabay.