Altro che condizionatori: rischiamo il Big Bang!
di Simona Maria Frigerio
Andiamo oltre retorica e propaganda e facciamo un po’ di conti. Nel 2020, dati alla mano, emergeva che l’Europa acquistasse dalla Russia 155 miliardi di metri cubi all’anno di gas (quasi il 40% delle importazioni dall’estero). L’Italia, in particolare, ne dipende per circa il 40% dei consumi complessivi del Paese. Gli Stati Uniti, che i media sbandierano ci ‘salveranno’ con i propri rifornimenti, potrebbe consegnare (assieme a non ben identificati ‘partner internazionali’) circa 15 miliardi di metri cubi di gas liquefatto in un anno. Sempre che la filiera di produzione e distribuzione regga e, soprattutto, che guadagni più allettanti altrove non dirottino le forniture. Non prendiamoci in giro: non c’è storia.
D’altro canto, se l’Europa e gli States – che hanno armato e continuano ad armare e forse persino ‘usare’ l’Ucraina – tenessero al futuro di quello Stato (o almeno alla sua sopravvivenza), dovrebbero considerare il fatto che una delle poche entrate certe del Paese, in questo momento ma anche quando la guerra sarà finita (dato che, se si va avanti, il suo apparato industriale potrebbe essere completamente distrutto), sono quelle derivanti dal passaggio del metano sul suo territorio, attraverso il gasdotto Fratellanza – per il quale la Russia le versa circa 2 miliardi in diritti di transito.
In questo quadro il nostro Premier pensa che sia possibile per l’acquirente, in un’economia di mercato di stampo liberista, fissare il prezzo del prodotto.
Le leggi della domanda e dell’offerta; la differente dipendenza dei vari Stati europei a livello di fonti energetiche dall’estero (la Francia, ad esempio, può contare sulle sue centrali nucleari); la visita di Mario Draghi in Algeria dopo l’apertura della crisi tra Algeria e Spagna – in merito alle rivendicazioni del popolo Saharawi sul Sahara Occidentale, che la Spagna ha accettato diventi di fatto marocchino (1) – e che è stata valutata dall’opinione pubblica iberica come “uno schiaffo dato alla Spagna”; i fondi del PNRR spesi per nuove basi militari invece che per l’ambiente (2) e, ancor di più, per le energie rinnovabili e, in particolar modo per l’energia solare termodinamica (3), sono tutti segnali che non solamente il nostro Governo, ma tutti i membri dell’Unione Europea sembrano solisti più che musicisti di un’orchestra. E aggiungiamo alcuni dati pubblicati sulla stampa economica, ossia che il prezzo del gas liquefatto “è calcolato sulla base del valore all’Henry Hub (4) più un ‘ricarico’ del 15% e le spese di liquefazione”. E il gas risente altresì del costo delle intermediazioni. Ma forse Il Sole 24 Ore non ha informato il Premier Draghi, molto avvezzo ai conti bancari ma meno ai meccanismi economici?
Il gas di scisto e i Friday for Future
Il Governo ha molto reclamizzato (a posteriori e senza discussione nella società civile) che la tutela dell’ambiente sia entrata in Costituzione ma, come l’articolo 11, le modifiche agli articoli 9 e 41 sono e saranno completamente disattesi. Cerchiamo di capire quale gas ci venderanno gli Stati Uniti e cosa comporterà, in ogni caso, un aumento dei prezzi delle fonti energetiche.
Facciamo un passo indietro, in tempi non sospetti. Nel 2011 in uno studio della Cornell University di New York, si affermava che “il gas naturale estratto dagli scisti, è più inquinante del gas tradizionale, del petrolio e del nero di carbone in quanto produce emissioni di gas serra in proporzioni maggiori. Gli effetti negativi dell’estrazione non sono dati dal gas in sé ma dai pozzi in cui esso si trova, dove ci sono anche grandi quantità di metano, uno dei principali gas serra che contribuisce enormemente al cambiamento climatico”.
Se qualcuno ha letto Una rivoluzione ci salverà di Naomi Klein non avrà dubbi. Per gli altri, riportiamo alcuni passaggi stampa – scritti sempre in tempi non sospetti – che specificano le molteplici problematiche, deleterie per l’ambiente, del gas di scisto – che, per la propaganda di guerra, diventa improvvisamente ‘pulito’. In primis, l’inquinamento delle falde acquifere (in un mondo dove l’acqua diventerà il nuovo ‘oro nero’); in secondo luogo, per ogni pozzo, l’enorme utilizzo di acqua e di sabbia. E ancora, come puntualizza la succitata approfondita inchiesta de Il Sole 24 Ore, “i pozzi di fracking si prosciugano in fretta, perciò è necessario trivellare in continuazione per mantenere la produttività di un giacimento. Alla fine del 2015 il numero di pozzi attivi negli Stati Uniti ha raggiunto la cifra astronomica di 1.700.000”. E infine la possibilità di provocare terremoti (sempre dai dati de Il Sole 24 Ore se nel 2007, in Oklahoma, si era registrato un solo terremoto, nel 2015 se ne contavano ben 900: in pratica, una zona asismica si è trasformata, grazie al gas di scisto, in uno tra i territori a più alta sismicità degli Stati Uniti).
La questione dell’industria estrattiva andrebbe inoltre valutata sotto altri aspetti: rimandiamo, ad esempio, alla petizione dell’autore/attore Ulderico Pesce circa il petrolio in Val D’Agri estratto dall’Eni (5). Le fonti energetiche, checché ne dica il nostro Premier, rispondono a logiche di mercato dettate dalla domanda/offerta. Non sarà un caso che, di fronte alla concorrenza del petrolio e del gas convenzionale, le aziende statunitensi per l’estrazione dello shoal gas avevano cominciato a fallire già una decina d’anni fa – e gli States si domandavano come rivitalizzare il settore.
Aldilà del discorso ambientale (che dovrebbe essere centrale, come lo era per Enrico Mattei l’indipendenza energetica italiana), è ovvio che il gas liquefatto sia molto più caro – il che non incide solamente sul budget già risicato delle famiglie (“i dati dell’Ocse mostrano che i salari in 30 anni sono calati del 2,9%, mentre in Francia e in Germania sono saliti più del 30%”, come scriveva La Repubblica nell’ottobre 2021, prima di ‘indossare l’elmetto’), bensì sul costo di produzione di beni e servizi che diventano inaccessibili per gli esigui introiti italiani e non più competitivi sul mercato internazionale. Abbiamo spese di estrazione (più complessa e con una resa meno ammortizzabile nel tempo), di trasformazione in stato liquido in appositi impianti, il trasporto con navi cisterna (da sempre pericolose per l’ambiente), e di rigassificazione. Tenendo anche conto che con Gazprom si è sempre potuto (ma non voluto) fare contratti anche a medio lungo termine (ancora più economici) invece degli acquisti spot, sempre secondo Il Sole 24 Ore, a dicembre 2021, il prezzo del gas di scisto statunitense era di 415,3 dollari per mille metri cubi, mentre della Gazprom è di 273 dollari.
In breve, il gas di scisto inquina e costa di più. Ma improvvisamente rileggiamo l’evidenza dei fatti secondo logiche belligeranti – sebbene l’Europa non sia ufficialmente in guerra con la Russia.
Persino la Giustizia a Stelle e Strisce deve fermarsi
Come siamo arrivati qui? Non è una domanda retorica. Fingere di non ricordare chi sia il nostro ‘alleato’ non ufficiale non aiuta a risolvere questa crisi, che potrebbe portarci a una débacle definitiva dell’Europa con grande soddisfazione degli States e del Regno Unito post-Brexit. Persino La Nazione (testata sempre in sintonia con le scelte del PD di Governo) avverte: “Irpet: Spettro recessione e inflazione. Pil negativo e 15mila aziende a rischio”. Con un’inflazione all’8% (sempre secondo tali proiezioni relative alla sola Toscana) lasciamo ai lettori la libertà di farsi i conti in tasca.
Il Presidente Zelensky, che ancora stenta a sedersi al tavolo delle trattative con la Russia, non è un personaggio al di sopra di ogni sospetto. In questi giorni apprendiamo che uno dei 20 maggiori casi legali statunitensi è stato posticipato (a data da destinarsi) a causa dell’impatto della guerra in Ucraina.
Cos’è successo? Mentre l’amministrazione Biden finanziava il riarmo e l’addestramento dell’esercito ucraino (e, nel caso del Canada, persino di neo-nazisti (6), contrariamente agli accordi presi con l’allora Urss – e non se ne comprende il perché, a meno che questa guerra non fosse un desiderata anche dell’Occidente – il 28 marzo 2022 il processo per frode a carico della banca (adesso statale) ucraina, Privatbank, è stato rinviato. Tali frodi ammonterebbero a 4 miliardi di dollari. Gli accusati (tra i quali spiccano Igor Kolomoisky – sponsor del Presidente ucraino – e Gennadiy Bogolyubov) hanno argomentato di non riuscire a imbastire una difesa efficace essendo attualmente in guerra con la Russia.
Ma cos’è Privatbank? Domanda oziosa? No, perché se l’Ucraina entrerà in Unione Europea è essenziale che i cittadini della Ue sappiano con chi avranno a che fare.
Come spiegava bene, sempre in tempi non sospetti, money.it – nel 2019: (7) – Kolomoisky, legato al Presidente Zelensky e precedentemente proprietario della banca commerciale, ha sicuramente beneficiato della nazionalizzazione del suo istituto che, nel 2016, vantava un buco di bilancio di 5,6 miliardi di dollari nei conti bancari (e l’Italia, memore del crack del Banco Ambrosiano, dovrebbe già fremere d’indignazione). Sebbene Kolomoisky fosse contrario alla nazionalizzazione (avrebbe forse voluto un ripianamento dei conti senza contropartita?), sembra che lo stesso fosse direttamente coinvolto nella concessione di prestiti corporate a compagnie legate a se stesso (e al succitato comproprietario). Le accuse di frode, messe a tacere in Ucraina, sono riemerse negli Usa ma, complice la guerra, ancora una volta sembra che il presunto finanziatore del Presidente Zalensky non debba rispondere di accuse a suo carico.
money.it aggiunge un ulteriore tassello. Il Fondo Monetario Internazionale, nel 2015, ha concesso “un pacchetto di aiuti da 17,5 miliardi di dollari all’Ucraina” ma “la posizione dell’istituto internazionale è sempre stata a favore della nazionalizzazione”.
Ora è indispensabile che i cittadini europei sappiano davvero a cosa andranno incontro sposando la guerra invece della conciliazione tra le parti. Crisi economica, stagflazione, fonti energetiche a rischio, l’entrata di un Paese indebitato e con oligarchi non proprio integerrimi nel proprio consesso economico e politico, banche con buchi di bilancio e cause per frode a cui far fronte, spese di ricostruzione e un Pil che, dopo due anni di pandemia, si prevede al ribasso (fonte Bce) mentre l’inflazione salirà.
Forse sarebbe il caso di deporre l’elmetto e riprendere in mano la Costituzione?
(1) https://www.inthenet.eu/2022/04/08/sahara-occidentale-l-europa-sbaglia-i-calcoli/
(2) https://www.inthenet.eu/2022/04/08/il-pnrr-per-il-verde-militare/
(3) https://www.inthenet.eu/2021/01/15/dai-burger-al-golf-quando-il-green-diventa-moda/
(4) https://www.cmegroup.com/markets/energy/natural-gas/natural-gas.html
(5) https://www.uldericopesce.it/index.php/petizioni/viewpetition/9-attenti-al-cane?signatureslimitstart=1020
(6) https://www.stonyplainreporter.com/news/national/defence-watch/canada-failed-when-it-trained-ukrainian-troops-linked-to-the-far-right-says-nazi-hunter
(7) https://www.money.it/Il-Presidente-ucraino-alle-strette
venerdì, 15 aprile 2022
In copertina: Gasiera, foto di Garry Chapple da Pixabay.