Dalla pellicola al palco
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Arriva in teatro la trasposizione del primo film di Dogma 95, il Manifesto etico/estetico di Lars von Trier e Thomas Vintenberg.
Partiamo da una premessa. Festen è il primo film girato secondo i criteri di Dogma 95. Al punto 3 del Manifesto si legge: “La macchina da presa deve essere portata a mano. Ogni movimento o immobilità ottenibile con le riprese a mano è permesso. (Il film non deve svolgersi davanti alla macchina da presa; le riprese devono essere girate dove il film si svolge)”. Conseguentemente, l’utilizzo della macchina da presa sul palco, per questa trasposizione teatrale, risulta da subito contraddittorio. Sebbene possa rimandare all’origine filmica della drammaturgia e contribuisca a rendere bene il clima della festa e faciliti l’illusione di trovarsi di fronte a molti più invitati/personaggi dei nove attori in scena, appare semanticamente come un errore. Se la macchina da presa portata a mano per seguire ciò che sta accadendo è rivendicare un approccio basic alle tecnologie quando si giri un film (sempre dal Manifesto: “Oggi infuria una tempesta tecnologica, da cui deriva l’elevazione dei cosmetici a Dio”), il teatro – per essere altrettanto basic – non può che rifiutare tecnologie e media che non gli siano propri.
Ammettendo pure che il telone trasparente che separa e diffonde le immagini riprese in diretta possa assumere la valenza del ‘velo di Maya’ e separare la falsità e l’apparenza della festa dalla realtà dei monologhi agiti in proscenio – gli atti d’accusa – tale passaggio dopo un po’ stanca, non sempre funziona (come nel caso della lettera consegnata dalla cameriera a Christian) e finisce per rendere macchinosi e artificiali i momenti più intimi e vibranti.
Superato questo scoglio, veniamo allo spettacolo in sé. Questo ‘grande freddo’ in versione danese è decisamente debordante. La famiglia Klingenfeldt colleziona tutti i vizi e le tare possibili: pedofilia, incesto, suicidio, connivenza, violenza, impotenza, inettitudine, cupidigia, arroganza, ipocrisia, uso di sostanze stupefacenti, ubriachezza molesta, ricoveri in ospedali psichiatrici, imprese fallimentari, e perfino l’appartenenza a logge massoniche. Ovviamente dopo un po’ l’alternarsi di trenini e cotillon, canzoncine (dal vivo come da Dogma 95) e scherzi o battute (più o meno volgari) con accuse di violenza (pedofilia e incesto) subite da parte di un figlio nei confronti del padre, a teatro, si fa ripetitivo. Anche perché, in seconda battuta, vi è l’accusa di connivenza perpetrata dalla madre (salvata nel finale in maniera ben poco credibile, sebbene anche l’happy ending cinematografico strida confrontato ai rigidi precetti di Dogma 95). Si avverte la sensazione di assistere a un dramma a tesi – dove ogni personaggio principale si erige a giudice di qualcun altro, piantandosi fronte pubblico.
Al contrario, l’interpretazione della situazione da parte del padre, con le accuse rivolte al figlio e la difesa dello status quo da parte della madre hanno una valenza meno manichea e soprattutto il confronto padre/figlio (Christian), agito a scena aperta, autenticamente teatrale, ha la forza del suo proprio medium.
La recitazione esageratamente sopratono e poco credibile nella prima parte (dell’arrivo nella magione e dell’inizio della festa) acquisisce robustezza e corposità nella parte centrale. Bella la favola dell’incipit con suoni, rumori e canzoncine prodotti in scena (in stile Dogma 95 ma anche radiodramma d’annata). Ficcante il vero finale con il padre che rivendica il suo torto ma non se ne scusa ed esce di scena. La violenza successiva (che sembra ormai una costante del teatro con colpi mimati ed esasperati dal sonoro e dal sangue finto) come lo spostamento di campo della madre, la riconciliazione dei figli a suon di brioche e la sconfitta del padre/padrone – sebbene anche nel film originale – emettono una nota di falsità che stona.
Complimenti in ogni caso ai produttori, che hanno avuto il coraggio di portare in scena un dramma corale in tempi di monologhi, e al Cantiere Florida e a Materia Prima per averlo proposto.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Cantiere Florida
via Pisana, 111/r – Firenze
giovedì 17 marzo 2022, ore 21.00
Festen
di Thomas Vintenberg, Mogens Rukov e BO Hr. Hansen
adattamento per il teatro David Eldridge
prima produzione Marla Rubin Productions Ltd, a Londra
per gentile concessione di Nordiska ApS, Copenhagen
versione italiana e adattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi
regia Marco Lorenzi
con Danilo Nigrelli e Irene Ivaldi
e (in ordine alfabetico) Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Elio D’Alessandro, Roberta Lanave, Barbara Mazzi, Raffaele Musella e Angelo Tronca
assistente alla regia Noemi Grasso
dramaturg Anne Hirth
visual concept e video Eleonora Diana
costumi Alessio Rosati
sound designer Giorgio Tedesco
luci Link-Boy (Eleonora Diana e Giorgio Tedesco)
consulente musicale e vocal coach Bruno De Franceschi
referente di palcoscenico e fonico Francesco Dina
capo elettricista e tecnico video Luca Serra
sarta di compagnia Milena Nicoletti
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Solares Fondazione delle Arti
in collaborazione con Il Mulino di Amleto
venerdì, 15 aprile 2022
In copertina: Foto G. Distefano (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa).