L’autodeterminazione del popolo Saharawi e l’egoismo spagnolo
di Luciano Uggè
In Messico come in Ungheria ma anche nel Sahara: nel 1982 – ossia quarant’anni fa – il Marocco inizia la costruzione di un Muro lungo quasi 2.700 km che divide i territori che ha occupato da quelli liberati dal Fronte Polisario. Pietre, sabbia, mine antiuomo e basi militari presidiano l’ennesimo aborto del post-colonialismo: l’area a nord, più vasta e ricca, è occupata dal Marocco; mentre quella a sud, più piccola e arida, è ancora in mano dei Saharawi che, però, ridotti dalla vita nomade a quella sedentaria e stanziatisi in uno tra i luoghi più inospitali al mondo, sono dipendenti dall’esterno sia per i viveri sia per l’acqua mentre le loro case – edificate con la sabbia – si dissolvono d’estate come per qualsiasi perturbazione atmosferica.
266.000 km2 di territorio, affacciato sull’Oceano Atlantico al confine con Marocco, Mauritania e Algeria, ricco di fosfati, minerali, gas e petrolio, oltre che di acque pescose, il Sahara Occidentale è abitato da secoli dal popolo Saharawi, islamico sunnita, storicamente con una organizzazione politico-sociale egualitaria composta da quaranta tribù nomadi, strutturate in piena autonomia, rispettose di lingua, cultura e tradizioni.
Tra il ʻ69 e il ʻ70 nasce il Movimento di Liberazione del Sahara grazie a Muhammad Bassiri, giornalista, pacifista, scomparso e presumibilmente ucciso dagli spagnoli nel 1970. Tre anni dopo, fallito il tentativo non violento di ottenere l’indipendenza dagli spagnoli, si costituisce il Fronte Polisario (Fronte popolare per la liberazione del Saguiat al Hamra e Rio de Oro), guidato da El-Ouali, che s’impegna in una rivoluzione armata. La fine della dominazione spagnola arriva nel 1975 ma la Spagna si accorda con Marocco e Mauritania per una amministrazione congiunta del Sahara Occidentale, disattendendo le speranze indipendentiste del popolo Saharawi.
Grazie ai documenti desecretati dalla Cia (si veda Elena Rusca su https://www.glistatigenerali.com/energia-economia-reale_geopolitica/sahara-occidentale-vittima-collaterale-di-una-guerra-tra-giganti/), un po’ come preconizzato dalla Rand Corporation per quanto riguarda la possibilità di utilizzare l’Ucraina in funzione anti-russa, accaparrandosi le risorse del Donbass e dando agli Us la possibilità di vendere il proprio gas di scisto agli europei, nel 1975 “il Dipartimento di Stato americano” avrebbe dato “il via libera a un progetto strategico segreto della CIA, finanziato dall’Arabia Saudita, per sottrarre alla Spagna l’ex provincia del Sahara […], un territorio di 200.000 chilometri quadrati di enorme importanza geopolitica e ricco di tutti i tipi di minerali, gas e petrolio, scoperti dalle compagnie petrolifere nordamericane e che costituiscono vere e proprie riserve strategiche. […]. Il piano consisteva nell’invasione di quell’area da parte di circa 300.000 cittadini marocchini, la cosiddetta Marcia Verde, che si sarebbero spacciati per ex abitanti del Sahara Occidentale di ritorno a casa”.
Il 27 febbraio 1976 il Fronte Polisario, grazie all’appoggio dell’Algeria, proclama l’indipendenza del Sahara Occidentale, dando vita alla Repubblica Araba Democratica dei Saharawi in ‘esilio’, ammessa nel 1984 in quella che, oggi, è denominata Unione Africana.
Nel 1979, la Mauritania sigla un trattato di pace rinunciando definitivamente all’area, mentre il Marocco – appoggiato da Spagna, Francia e Stati Uniti – occupa anche la parte meridionale del Paese. Infine, l’Onu riconosce che il popolo Saharawi abbia diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza e, nel 1991, grazie alla Risoluzione 690 del Consiglio di Sicurezza, istituisce la Mission des Nations Unies pour l’Organisation d’un Referendum au Sahara Occidental. Oltre al cessate il fuoco, l’accordo impegna il Marocco ad autorizzare un referendum per l’autodeterminazione del popolo Saharawi.
Il risultato non è però quello atteso: la risoluzione resta lettera morta e gli interessi Us sono garantiti dal Marocco. Dopo oltre trent’anni il Governo della RADS è tuttora in esilio nel campo profughi di Tindouf, in Algeria, sebbene sia riconosciuto da oltre un’ottantina di Stati; mentre il referendum non è stato ancora indetto e il Marocco continua la sua opera di erosione dei diritti del popolo Saharawi.
Il Sahara Occidentale nello scacchiere mondiale
Inutile negarsi che l’autodeterminazione dei popoli è sempre subordinata a ragioni geo-politiche o economiche internazionali.
Con i migranti che premono per entrare in Europa attraverso il varco di Ceuta, il Premier Sánchez ha deciso di avallare le mire espansionistiche marocchine accettando che il Sahara Occidentale diventi una regione con un’autonomia limitata sotto la sovranità marocchina (come aveva già fatto l’amministrazione Trump). Come sempre, l’Europa si arrocca e la retorica della democrazia e delle libertà individuali e collettive si infrange contro la Realpolitik.
D’altro canto, questa volta i calcoli opportunistici europei potrebbero essersi scontrati contro l’Algeria, che ha deciso di ritirare il suo ambasciatore a Madrid: “Questo è il secondo tradimento storico ai danni dei Saharawi, che danneggia gravemente la reputazione e la credibilità della Spagna come membro della comunità internazionale”. Mentre la Cina sostiene, a sorpresa, l’Algeria, respingendo anch’essa la decisione del governo spagnolo. L’Europa è alla canna del gas a causa delle sanzioni contro la Russia – la Spagna potrebbe risentirne anche di più dato che l’Algeria è il principale fornitore del Paese, attraverso il gasdotto Medgaz, che collega direttamente i giacimenti di Hassi R’Mel in Algeria con Almeria.
Ma non solo. L’Algeria è il terzo fornitore di gas in Europa – con l’Italia tra i principali acquirenti. E tutte queste manovre che dovrebbero dimostrare la capacità dell’Unione Europea di egemonizzare il mondo, in partnership con gli Stati Uniti, cominciano ad apparire come mosse strategicamente sbagliate che rischiano di far crollare un gigante dai piedi d’argilla; mentre i dorati cancelli d’Europa scricchiolano sempre più sotto i nostri piccoli egoismi borghesi e, in una congiuntura stranamente favorevole, forse un popolo abbandonato per oltre quarant’anni potrebbe affermare finalmente i propri diritti.
“La posizione espressa dal governo spagnolo è assolutamente in contraddizione con la legittimità internazionale. Le Nazioni Unite, l’Unione Africana, l’Unione Europea, la Corte Internazionale di Giustizia, la Corte di Giustizia Europea e tutte le organizzazioni regionali e continentali non riconoscono al Marocco alcuna sovranità sul Sahara Occidentale”, denuncia il Fronte Polisario, che rivendica per il popolo Saharawi il “diritto inalienabile all’autodeterminazione e all’indipendenza”.
«Volete il condizionatore acceso o la pace?» ha chiesto il Premier Draghi agli italiani (ma avrebbe dovuto chiedergli, forse: “Volete ottenere la pace inviando armi o dialogando?”). Con la crisi tra Spagna e Algeria, però, gli italiani potrebbero dover rinunciare a ben altro.
venerdì, 8 aprile 2022
In copertina: La bandiera della Repubblica Araba Democratica dei Saharawi.