Perché dubitiamo?
di Simona Maria Frigerio
Qualcuno ricorda il Presidente Bush e il Segretario di Stato Colin Powell presentare, agli statunitensi e all’Onu, l’invasione dell’Iraq del marzo 2003 (come scriveva il 30 maggio dello stesso anno su La Repubblica, Vanna Vannuccini) con le parole: “Saddam è il Male, ma quello che lo rende pericoloso, e rende necessaria la guerra preventiva, sono le sue Armi di Distruzione di Massa”?
Quando le fake news le fabbrichiamo noi
Nello stesso articolo (scritto, quindi, a meno di un mese dalla dichiarazione di George W. Bush, della fine delle operazioni di guerra su larga scala in Iraq), si continua citando un’intervista a Paul Wolfowitz – il numero due del Pentagono – su Vanity Fair, in cui lo stesso confida: “Abbiamo messo l’accento sulle armi di distruzione di massa per motivi burocratici. Erano la sola ragione che poteva mettere d’accordo tutti. Ma in realtà non è mai stata questa la motivazione principale della guerra” bensì, con il rovesciamento del regime di Saddam, “il ritiro delle truppe dall’Arabia Saudita”. E infatti, le famose armi di distruzione di massa non furono mai trovate.
Fermiamoci qui. Dai bombardamenti su Belgrado in avanti è certo che l’elenco delle falsità che il potere politico occidentale, attraverso media acritici, ha raccontato alle popolazioni per giustificare guerre, sanzioni, invasioni e, adesso, l’invio di armi a un contendente – invece di porsi quale mediatore del conflitto – è troppo lungo per essere raccontato in un articolo. Ciò che preme è chiarire che non tutte le informazioni che i media forniscono sono fatti comprovati e, spesso, sia per mancanza di propri reporter di guerra sul posto, sia per incapacità o mancanza di volontà di esercitare il senso critico, ciò che leggiamo è molte volte propaganda di una parte – la nostra, ovviamente.
La mancanza di fatti nell’era dell’informazione
Partiamo da un primo fatto incontrovertibile. È molto difficile trovare informazioni super partes. I media hanno disinvestito nella sezione Esteri e pochi hanno propri corrispondenti in giro per il mondo – men che meno in zone di guerra. Le informazioni che si ricevono sono sempre fornite dagli apparati politici e gli stessi, ovviamente, prima di tutto faranno una selezione delle notizie da riportare e anche quando rivelino fatti acclarati possono distorcerli, almeno in parte, a proprio vantaggio.
Il secondo problema, proprio della guerra in Ucraina, è l’aver azzerato i media russi. I cittadini italiani, oggi, non hanno la possibilità di leggere Sputnik Italia o vedere Russia Today. Quelli sudamericani, al contrario, sì. Perché? Anche fossero un coacervo di cosiddette fake news, non dovrebbero essere gli italiani (come i latino-americani) a farsi la propria opinione in base a più posizioni sul medesimo fatto? Basti pensare all’appiattimento dei media in merito alla pandemia e al vaccino per rendersi conto che quegli stessi quotidiani e quelle emittenti che, oggi, affermano che si debba avere una fede cieca solamente in loro, non rammentano, ad esempio, l’affermazione del Premier Draghi del 22 luglio del 2021: “Il Green pass è una misura con la quale i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”. Nonostante i milioni di vaccinati (bi e tri), contagiatisi nei mesi seguenti, quasi tutta la stampa italiana ha continuato ad avallare non solamente questa narrazione ma altresì misure inutili e persino maggiormente coercitive come il Green Pass rafforzato.
E veniamo all’ultimo problema. Se oggi un qualsiasi cittadino italiano vuole informarsi attraverso i cosiddetti social o i motori di ricerca scoprirà che anche questi mezzi di informazione (o anche di disinformazione) dal basso sono, se non preclusi, limitati. Se si cercano notizie su Bucha, non solamente in inglese ma anche in spagnolo, ad esempio, Google propone in prima pagina la versione del Washington Post o del New York Times (quotidiani e online statunitensi); mentre capita, a molti tra coloro che non avallano il mainstream, di vedersi bloccare i post (o addirittura la pagina) sui propri social con varie motivazioni. Persino Wikipedia è caduta nel ‘tranello’, riscrivendo la ‘verità’ sul massacro di Odessa.
Bucha: nessuna certezza
Partiamo da una domanda: perché dei militari – non stiamo parlando di polizia segreta, né di milizie incaricate di pulizia etnica, né dell’esercito statunitense ad Abu Ghraib, né del Gruppo Operativo Mobile della Polizia a Bolzaneto – ebbene, perché dei militari impegnati in una guerra dovrebbero perdere tempo a torturare dei civili che nulla possono sapere di ciò che sta accadendo al di fuori della loro cittadina di nemmeno 30mila abitanti? E perché il sindaco, intervistato dopo il ritiro delle truppe russe, inneggia all’esercito ucraino ma non nomina minimamente torture, eccidi e morti all’addiaccio per strada, di fronte a casette che paiono non essere state minimamente toccate dalla guerra (vedasi video sotto-citato su Telegram)?
Aggiungiamo alcune informazioni che scrive il collega Toni Capuozzo (il quale, nel frattempo, per aver posto delle domande, forse dovrà restituire il Premio Ischia – sulla scia delle sospensioni dei medici dubbiosi sul pensiero unico pandemico e vaccinale?). Apprendiamo che “il 1° aprile su Telegram compaiono immagini di Bucha postate da un Neo-nazista che non parlerebbe di morti” e Capuozzo aggiunge: “Lo si sente rispondere a una domanda: «Che facciamo con chi non ha il bracciale blu?». «Sparate», risponde”. Anche un filmato della Polizia ucraina (informa Capuozzo) del 2 aprile non mostrerebbe morti per le strade della cittadina – tranne un militare russo. E infine, il 4 aprile quando il “New York Times pubblica una foto satellitare” con morti per strada, il quotidiano spiega che è stata scattata il 19 marzo (ossia due settimane prima). E infine Capuozzo invita a considerare che la ‘famosa’ fossa comune (vicino alla chiesa) era stata scavata dagli abitanti il 10 marzo “per seppellirvi i propri morti” in battaglia. Porsi dei dubbi, però, è diventato estremamente pericoloso per i giornalisti italiani.
Mentre la Russia chiedeva, il 4 aprile, che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunisse “per discutere la provocazione dell’esercito ucraino a Bucha” (come riportato dalla portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova su Telegram) e il Presidente cinese Xi Jinping voleva prove a fronte delle accuse, l’italiano medio cosa poteva capire a parte che ulteriori sanzioni contro la Russia strangoleranno anche l’economia del suo Paese e, in generale, di molti Stati europei?
Noi non siamo in Ucraina né abbiamo corrispondenti nelle zone di guerra e, quindi, a differenza dei media occidentali, non abbiamo certezze. Ma pensiamo che gli italiani debbano sentire anche l’altra ‘campana’ perché fare informazione è anche riportare le diverse versioni di uno stesso fatto finché non sarà provato se si tratta di una ‘provocazione dell’esercito ucraino’ oppure di un ‘massacro di civili’. Secondo il Ministero degli Affari Esteri russo (come postato su Telegram), traduciamo queste informazioni: “i militari russi hanno consegnato e distribuito 452 tonnellate di aiuti umanitari ai civili nella Regione di Kiev”. Inoltre: “Finché la città è stata sotto controllo delle forze armate russe e anche dopo, fino ad ora, gli abitanti di Bucha potevano muoversi liberamente in città e usare i cellulari. Le uscite da Bucha non erano bloccate. Tutti i residenti erano liberi di lasciare la città in direzione nord, incluso verso la Repubblica Bielorussa. Allo stesso tempo, i sobborghi meridionali della città, incluse le aree residenziali, erano bombardati ininterrottamente dalle truppe ucraine con artiglieria di grosso calibro, carri armati e sistemi multipli lancia razzi”.
Fin qui ci sembra di leggere il rapporto di una zona di guerra – dove i civili avrebbero avuto meno restrizioni di quanto avremmo immaginato e dove non si comprende perché i soldati russi, invece di rispondere all’esercito ucraino, avrebbero perso tempo a imbastire camere della tortura. Questo secondo logica ma, ovviamente, noi non eravamo sul campo.
Infine il Ministero degli Affari Esteri russo pubblica, sempre su Telegram, un video (Espreso.TV ore 19.04) agghiacciante in quanto ci sono corpi stesi ai lati della strada (che nessuno avrebbe seppellito). Ciò che puntualizza il Ministero e che abbiamo constato anche noi, osservando attentamente il video, è che: “a 12 secondi il ‘corpo’ sulla destra muove un braccio. A 30 secondi, nello specchietto retrovisore, il ‘corpo’ si siede”.
(Il video è ancora visionabile sul canale Telegram del Russian Foreign Ministry <2_5352870599167317305.mp4>)
In attesa dei chiarimenti all’Onu, invece di farsi prendere dall’isteria, forse, occorrerebbe che tutti si impegnassero nella ricerca della verità e nella promozione del dialogo tra le parti.
*Titolo che rimanda a La verità vi prego sull’amore di W. H. Auden
Mercoledì, 6 aprile 2022 – Speciale Guerra
In copertina: Foto di Stefan Keller da Pixabay.