Si torna in piazza dall’8 al 10 aprile
di Luciano Uggè
Respinto dalla Consulta il referendum Eutanasia Legale, eccoci a sostenere un nuovo capitolo di questa never ending story che pone, ancora una volta, i diritti civili individuali, l’autodeterminazione delle persone quali esseri senzienti, in secondo piano di fronte a dogmi religiosi o convincimenti etici che possono appartenere ad alcuni ma, in uno Stato laico, non dovrebbero diventare norma e tanto meno impedire a chi la pensi diversamente di accedere a pratiche mediche.
La legge denominata Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita, votata alla Camera e in attesa di passare al Senato, è un vero e proprio tour de force per chi rivendichi il diritto alla dolce morte e per i suoi familiari e, ancora una volta, dimostra come lo Stato italiano voglia decidere e imporsi sui nostri corpi – come fatto con il cosiddetto vaccino e come fa continuando a proibire la depenalizzazione dell’uso delle sostanze stupefacenti ‘pesanti’ e la liberalizzazione di quelle ‘leggere’ (non a caso, la Consulta ha bocciato anche il referendum sulla legalizzazione della cannabis).
L’antecedente – a parte il succitato referendum, respinto dalla Consulta presieduta dal neo-eletto Giuliano Amato – è del 22 novembre 2019. In quella data la Corte Costituzionale (con sentenza 242/2019) dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. “nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 […] agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente”.
L’attuale legge, che dovrebbe passare in Senato per essere approvata, non solamente esclude dal suicidio medicalmente assistito tutte quelle persone che, sebbene affette da patologie irreversibili e sottoposte a gravi sofferenze, “non sono collegate a macchinari o non necessitano di trattamenti sanitari salvavita per continuare a respirare, nutrirsi o idratarsi”. Ma pone quelle poche che vi potranno accedere di fronte a un percorso a ostacoli che prevede passaggi lunghi, complicati e – immaginando anche le situazioni oggettive – snervanti. In primis, la richiesta deve essere fatta con scrittura privata autenticata (e, quindi, l’intervento di un notaio); a cui deve seguire l’offerta da parte del medico di cure palliative (che dovrebbe aver già proposto, supponiamo), che il paziente deve rifiutare (subendo, così, sofferenze anche maggiori). Farebbe seguito un ulteriore consulto medico affinché sia redatto un rapporto da inviare al Comitato etico territoriale – il quale dovrebbe farsi carico di visitare il paziente (dubitiamo sulla celerità). Dopodiché, se il paziente “soddisfa tutti i requisiti”, il Comitato dovrebbe inviare un proprio rapporto alla Direzione Sanitaria dell’Asl, la quale – immaginiamo con ‘i tempi della mutua’ – incaricherebbe l’ennesimo medico e uno psicologo perché verifichino per l’ennesima volta che il paziente voglia davvero accedere all’eutanasia. A quel punto si aprirebbe il capitolo di trovare il medico incaricato della stessa, visto che (come per la Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza) è prevista l’obiezione di coscienza.
Di fronte a questa ennesima beffa del legislatore che non semplifica e non rende accessibile un diritto ma complica semplicemente la vita di tutti e di ciascuno con cavillosa burocratica perizia, i volontari e le volontarie del Referendum Eutanasia Legale si mobiliteremo nelle piazze italiane dall’8 al 10 aprile.
venerdì, 1° aprile 2022
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay.