Un’occasione mancata
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Ramy Essam, cantante, musicista hard rock, attivista, giovane egiziano che ha preso parte attivamente alla primavera araba nel suo Paese ed è stato costretto a rifugiarsi in Finlandia e Svezia, dopo la pubblicazione del brano Balaha, che ha condotto all’arresto e incarcerazione di sei collaboratori e componenti della band di Essam.
Questa la sua biografia in breve. La sua musica vibrante, le sue canzoni di denuncia del potere, il suo messaggio di eguaglianza di genere, giustizia sociale, diritto allo studio e alla sanità, per la pace e il rispetto delle minoranze è trasversale e internazionale. E Ramy dovrebbe cantarlo allo Stadio di San Siro con 100mila italiani di prima o nona generazione, migranti e stranieri, riuniti per rivendicare diritti sociali e libertà individuali, collettive e politiche; o nelle piazze con gli studenti che contestano le morti dei loro coetanei nell’alternanza scuola/lavoro o che denunciano che ogni guerra è imperialista e l’unica via umanamente condivisibile è la pace frutto del dialogo.
Peccato che la storia di piazza Tahrir sia finita (come la rivoluzione dei Mojahedin del Popolo Iraniano) con la sconfitta delle forze socialiste in favore degli integralisti musulmani (in Egitto, prima, e in Iran tuttora) e, poi, dei militari (in Egitto). E del resto gli esiti delle primavere arabe sono tutti alquanto dubbi, se non fallimentari, ma solamente gli arabi nordafricani sanno le vere ragioni. E a queste Ramy non accenna. Forse perché nemmeno lui sa spiegarsi cosa sia realmente accaduto e quanti egiziani in piazza fossero ‘sinceri’ democratici.
Il secondo protagonista dello spettacolo, come da titolo, dovrebbe essere Giulio Regeni. Ma, aldilà delle premesse o delle promesse, dell’italiano rapito a Il Cairo il 25 gennaio 2016 e il cui corpo è stato ritrovato il 3 febbraio successivo, in realtà non si dice quasi niente. Chi si attendeva almeno una canzone o un pensiero di Ramy o qualche delucidazione in merito è rimasto deluso – del resto, i muri di gomma sia in Egitto sia in Gran Bretagna reggono e cosa ci facesse Regeni a Il Cairo, perché e quali circostanze o contatti lo abbiano reso ‘inviso’ al Governo in carica forse non lo sapremo mai.
Tornando al concerto – bello ma in uno spazio inadatto, come scrivevamo – ciò che convince di meno è l’apporto di Babilonia Teatri. La retorica di non sapere cosa sia ‘esilio’ e dover tornare ai tempi di Dante per ravvisarne un lontano ricordo appare anacronistica – come se i fratelli Rosselli o tutti gli italiani fuggiti in Francia o mandati al confino dal regime fascista non fossero mai esistiti. E il carcere politico? Ovviamente si cita Putin. Mai che si pensi alla Corona inglese o al Presidente Biden per Julian Assange, o alla Spagna rispetto agli indipendentisti catalani. E del resto, a differenza di sloveni o croati o perfino degli scozzesi, i catalani – come gli abitanti della Repubblica Popolare di Doneck o della Repubblica Popolare di Lugansk – non hanno diritto all’autodeterminazione. E se i Babilonia non sanno cosa sia ‘tortura’ in Italia, vuol dire che forse sono troppo giovani per aver provato sulla loro carne la Diaz e Bolzaneto. Di Cucchi, poi, le prigioni nostrane hanno lunghi elenchi.
Un bellissimo concerto mancato. Speriamo di rivedere presto Ramy Essam, tutti in piedi in uno stadio o in una piazza.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Fabbricone
via Ferdinando Targetti, 10/8 – Prato
mercoledì, 23 febbraio 2022, ore 20.45
Giulio meets Ramy / Ramy meets Giulio
uno spettacolo di Babilonia Teatri
di Valeria Raimondi ed Enrico Castellani
con Ramy Essam, Enrico Castellani, Valeria Raimondi e Amani Sadat
direzione di scena Luca Scotton
produzione Teatro Metastasio di Prato
(prima assoluta)
venerdì, 18 marzo 2022
In copertina: Ramy Essam in una foto di Patrick Fore (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Metastasio di Prato).