Le donne attraverso le canzoni di Battisti/Mogol
di Simona Maria Frigerio
8 marzo 2022. Per una volta evitiamo di parlare di violenze domestiche, stipendi inferiori, avanzamenti di carriera v/ favori sessuali, molestie sul lavoro, booster e botox, figli o genitori da assistere, spacchi e moda. Di tutti questi argomenti si può discutere, affrontarli e magari decidersi a provvedere – in un senso o nell’altro, ma andando almeno oltre la retorica – gli altri 364 giorni all’anno. Per una sola volta, osserviamo le tappe della conquista di alcuni diritti fondamentali da parte delle donne italiane – tra la fine degli anni 60 e la fine dei ʻ70 – attraverso una lente musicale, quella delle canzoni di Lucio Battisti, che si avvaleva quasi sempre della penna di Mogol.
Perché? Perché ci siamo accorti che proprio attraverso gli album della ‘premiata ditta’ – abbastanza avversata dal movimento femminista dell’epoca – si possono ripercorrere alcune tappe che hanno contraddistinto non solamente la presa di coscienza delle donne ma anche il modo in cui gli uomini hanno iniziato – volenti o nolenti – a confrontarsi con la loro immagine e sostanza, ormai mutate.
Mentre i cantautori della ‘sinistra impegnata’ o pseudo-tali erano devoti alla santificazione della ‘puttana’ con la “bocca di rosa” o si dedicavano al mondo muliebre solamente in fase di innamoramento – e soprattutto quando erano abbandonati – con frasi a effetto come: “Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo” o “Nata di marzo, nata balzana / Casta che sogna d’esser puttana”, o ancora “E quando a letto lui / ti chiederà di più / Glielo concederai / Perché tu fai così / Come sai fingere/ se ti fa comodo” [1], Battisti cantava un’epoca, ricca di contraddizioni, ma che avrebbe portato a un cambiamento – sebbene non duraturo.
La donna comincia a fare sesso senza ‘coniugarlo’ con matrimonio, fedeltà e procreazione:
Balla Linda (1968)
Linda,
forse non li hai,
ridi sempre,
non parli mai d’amore
però non sai mentire mai
Battisti ci ricasca – citando quella frase (“tu sei mia”) contestata dalle femministe dell’epoca e che è stata nuovamente sdoganata dalla melassa filmica imperante:
Non sarà un’avventura (1969)
Non sarà
un’avventura
questo amore è fatto solo di poesia
tu sei mia
tu sei mia
fino a quando gli occhi miei
avran luce per guardare gli occhi tuoi
Le donne iniziano a ‘tradire’. E per una volta è lui a fingere di fronte all’amico che avrebbe fatto meglio a farsi gli ‘affari suoi’:
Non è Francesca (1969)
Ti stai sbagliando chi hai visto non è,
non è Francesca.
Lei è sempre a casa che aspetta me
non è Francesca.
Se c’era un uomo poi,
no, non può essere lei.
Francesca non ha mai chiesto di più,
chi sta sbagliando son certo sei tu.
Francesca non ha mai chiesto di più
perché
lei vive per me.
Le donne sono libere di innamorarsi e lasciare, con onestà fin troppo palese:
Mi ritorni in mente (1969)
Quella sera ballavi insieme a me
e ti stringevi a me
all’improvviso, mi hai chiesto lui chi è
lui chi è
un sorriso, e ho visto la mia fine sul tuo viso
il nostro amor dissolversi nel vento
ricordo, sono morto in un momento
Anche gli uomini piangono – finalmente si supera il Boys don’t cry:
Anna (1970)
Non hai mai visto un uomo piangere
apri bene gli occhi sai perché tu ora lo vedrai
La presa di coscienza dell’autodeterminazione femminile è sconvolgente per il maschio anni 70:
La canzone del sole (1971)
Dove sei stata cos’hai fatto mai?
Una donna, donna dimmi
cosa vuol dir sono una donna ormai
Se lei è ancora schiava del complesso delle Donne che amano troppo (Robin Norwood docet), anche lui rischia di cascarci:
Anche per te (1971)
Per te che di mattina torni a casa tua perché
per strada più nessuno ha freddo e cerca più di te
per te che metti i soldi accanto a lui che dorme
e aggiungi ancora un po’ d’amore a chi non sa che farne.
Anche per te vorrei morire ed io morir non so
anche per te darei qualcosa che non ho
Lui quando tradisce è ancora il vecchio bambinone che si ‘scorda’ di lei, ma almeno ammette di essere un ‘bruto’ (piccolo passo avanti):
Eppur mi son scordato di te (1971)
Eppur mi son scordato di te non le ho detto di no
ti ho fatto pianger tanto perché
io sono un bruto lo so
Finalmente parità di genere e libera scelta (con un piccolo ripensamento finale):
Pensieri e parole (1971)
Davanti a me c’è un’altra vita
la nostra è già finita
e nuove notti e nuovi giorni
cara vai o torni con me
L’incubo dell’American way of life e il terrore che fare la spesa o preparare la cena svilisca la cosiddetta mascolinità:
Elena no (1972)
Elena no, Elena no
Se sono un uomo più non lo so
Non sgridarmi
Faccio quello che vuoi non mi ribellerò mai
Lei tradisce, lui anche – par condicio almeno nel talamo:
E penso a te (1972)
Non so con chi adesso sei
non so che cosa fai
ma so di certo a cosa stai pensando
è troppo grande la città
per due che come noi
non sperano però si stan cercando cercando
Tossicodipendenza o meno – lei capisce che può salvarsi solo liberandosi di lui (magari lo facessero quelle donne che ogni anno finiscono ammazzate da coloro che le ‘amano troppo’):
I giardini di marzo (1972)
I giardini di marzo si vestono di nuovi colori
e le giovani donne in quei mesi vivono nuovi amori
camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti tu muori
se mi aiuti son certa che io ne verrò fuori
L’ironia come quel quid in più che ci permette di sopravvivere a noi stessi:
Ho un anno di più (1977)
Ma che cosa è cambiato dopo che ti ho incontrato? Direi non molto!
Ma che cosa è restato dopo che ti ho amato? Direi non molto.
Ho un anno di più e qualcosa in meno, tu
Il diritto di scelta v/ il ‘fato’ genetico e l’affermazione che è ora che anche le donne smettano di cercare di salvare o cambiare i ‘loro’ uomini:
Questione di cellule (1977)
Sicuramente anche lei
anche se non l’ha detto mai
desiderava meno guai
un altro uomo
Un uomo tranquillo su cui contare
che si lasciasse un po’ guidare
un po’ più facile da capire
un altro uomo
Eh no e no
non è questione di cellule
ma della scelta che si fa
la mia è di non vivere a metà
Lei se ne va e lui, almeno apparentemente, non vuole ammazzarla – un bel passo in avanti:
Nessun dolore (1978)
ti sei innamorata cosa c’è cosa c’è che non va
io dovrei perciò soffrire d’adesso
per ragioni ovvie d’orgoglio e di sesso
e invece niente no non sento niente no
nessun dolore
non c’è tensione non c’è emozione
nessun dolore
E finalmente la donna è anche amica:
Una donna per amico (1978)
Può darsi ch’io non sappia cosa dico,
scegliendo te una donna per amico,
ma il mio mestiere è vivere la vita
che sia di tutti i giorni o sconosciuta;
ti amo, forte, debole compagna
che qualche volta impara e a volte insegna
Il consiglio è di riascoltarle tutte. Noi vi lasciamo con Rino Gaetano e la ‘sua’ Gianna (1978):
[1] Rispettivamente: Francesco De Gregori, Rimmel, 1975; Francesco Guccini, Quattro stracci, 1996; Riccardo Cocciante, Bella senz’anima, 1974. Bocca di rosa di Francesco De André è del 1967.
venerdì, 11 marzo 2022
In copertina: Foto di Gordon Johnson da Pixabay.