… finiranno a bruciare anche gli esseri umani [1]
di Simona Maria Frigerio
Sono due anni che la stampa ha subito un’omologazione lancinante. Il pensiero unico è stato inculcato attraverso la retorica di guerra a un virus – eletto a nemico – e declinata poi in una serie di comportamenti che, se rifiutati, trasformavano una parte della comunità a sua volta in nemica, dissenziente, ignorante, aberrante e pericolosa per il resto della collettività, ghettizzandola in uno spazio – reale e ideale – sempre più angusto.
L’intruppamento delle menti e la vigliacca accettazione da parte di tutte e tutti delle misure vessatorie portate avanti senza nemmeno la foglia di fico del ‘superiore bene pubblico’ della san(t)ità, oggi si rivela indispensabile per proseguire sulla strada dell’asservimento dei popoli, privi di memoria storica, incapaci ormai di senso critico, convinti che il mondo si divida sempre tra noi e loro – laddove noi siamo i giusti e l’altro da sé ha perennemente torto e necessita del nostro intervento per liberarsi da presunti tiranni.
Ma a questo punto occorre mettere i piedi nel piatto e fare dei semplici confronti perché il re è nudo e chiunque può accorgersi che le sue pudenda puzzano.
Partiamo dall’immagine “pubblica del regime” che, in epoca fascista, era salvaguardata mediante la cancellazione immediata di qualsiasi contenuto che potesse metterla in dubbio. La piattaforma europea per il monitoraggio delle conversazioni sui vaccini su web e social network [2] (oltre al controllo diretto operato dai tycoon della rete) è solo uno dei molteplici esempi di come, oggi, la censura operi ancor più subdolamente. Tale piattaforma, denominata EUJAV,si occupa dal 2019 di intercettare paure e fake news (da tradurre in: qualsiasi notizia non conforme al mainstream), oltre che della “sorveglianza degli utenti più coinvolti nella diffusione di disinformazione”; e della “identificazione degli utenti in grado di diffondere più efficientemente messaggi di promozione delle vaccinazioni” (terminologia e contenuti per lo meno da Grande Fratello). Sulla stessa scia, di fronte alla guerra che non solamente non siamo stati capaci di prevenire ma che fomentiamo insieme all’odio per un altro popolo (quello russo, nello specifico), oscuriamo oggi – come fece Mussolini con L’Avvenire e L’Unità – Sputnik News e Sputnik Italia, oltre a Russia Today. La scusa è quella addotta da qualsiasi dittatore di qualsiasi staterello delle banane. E senza entrare nel vicolo cieco delle fake news, vorremmo solo ricordare agli italiani che l’Articolo 21 della nostra Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Il regime fascista operava anche in direzione “dell’opinione pubblica”. Il consenso conta ovviamente molto in un regime dispotico che voglia far approvare misure coercitive. La stampa, quindi, deve essere controllata – ma anche il teatro, il cinema, lo sport e la cultura (dalla scuola fino alle pubblicazioni editoriali). E se ieri era il pensiero di Marx a essere proibito dal Duce (come lo è, oggi, il Partito Comunista nella ‘democratica’ Ucraina), in Occidente vediamo letterati e artisti (persino morti) subire la gogna – perché all’imbarbarimento non c’è mai fine. Per i social, dove non arriva EUJAV, arrivano direttamente i controlli di FB, Google o perfino YouTube. E se non bastasse, come ieri si chiedeva l’adesione al fascismo, oggi si chiede l’abiura nei confronti di Putin o il ripudio della guerra. E però, questa società ormai acritica, non comprende che la libertà di opinione non equivale alla libertà di esprimere la medesima opinione della maggioranza o della parte al potere e che se si è davvero a favore della pace, non si dovrebbero fornire armi a un contendente – oltretutto se armi che il contendente dichiara di voler mettere in mano ai civili, trasformandoli in vittime sacrificali e scudi umani.
E infine il regime fascista schedava i “singoli cittadini ritenuti sospetti dal governo”. In Italia si fa peggio. Gianni Riotta su La Repubblica scrive un articolo intitolato Guerra in Ucraina. Destra, sinistra e no Green Pass: identikit dei putiniani d’Italia, in cui non solamente afferma esistere la “Caratteristica peculiare del Putinversteher” (ossia una qualche tara che contraddistinguerebbe l’ennesimo nemico da odiare dopo l’untore, il no-vax e il no-gpr o gps – ormai abbiamo perso la bussola!), ma fa una lunga lista di proscrizione in cui include chicche come questa: “i distinguo, con l’astensione, dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini e del parlamentare di sinistra Stefano Fassina, sul sostegno militare italiano all’Ucraina assediata, odorano di Putinversteher” – al che viene in mente che la stessa frase ‘odori’ di ‘regime’.
Sono due anni che respiriamo l’aria mefitica di un fascismo strisciante che non è quello di quattro facinorosi entrati in una sede della CGiL (contro i quali sarebbe stato sufficiente approntare un minimo servizio d’ordine, dato che c’era tutto il tempo di farlo), bensì del pensiero unico infarcito di retorica che ricorda “la sporca e bugiarda equazione: io sono la Patria: e l’altra io sono il Pòppolo”[3]. Sono due anni che chiunque metta in dubbio la narrazione ufficiale è perseguitato, bollato, etichettato e se giornalista oscurato, se medico sospeso o minacciato di radiazione. La guerra, la si perde tutti; ma anche le libertà, una volta perse, è arduo riconquistarle.
[1] Heinrich Heine, uno tra i maggiori poeti tedeschi
[2] https://www.inthenet.eu/2022/01/14/il-gf-formato-eu/
[3] Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo
Venerdì, 11 marzo 2022
In copertina: Foto di Gordon Johnson da Pixabay.