Semplicemente perfetto
di Simona Maria Frigerio
Dopo due anni di ‘merda’, perdonatemi il termine, andare a teatro – in un teatro gremito – e vedere sul palco il ritratto dell’assurdo grottesco nel quale siamo sprofondati come in una ecatombe della ragione è quasi un riemergere a noi stessi, un tornare a respirare a pieni polmoni.
In un presente – più che futuro – distopico, su un pianeta votato all’autodistruzione, si intrecciano le vite di sette esseri alla deriva che tentano, in ogni modo, di mantenersi a galla in attesa della risposta a quella domanda che tutti, prima o poi, ci poniamo: perché assumere su noi stessi il peso del nostro esserci nel mondo? E la risposta a Heidegger viene al Di Luca autore da Camus: “Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice”.
C’è poesia e un tocco di filosofia, in questo testo corposo e fluido, che si intesse di un inizio scoppiettante, battute pungenti, ritmi precisi, una recitazione sempre all’altezza di ruoli mai facili e personaggi credibili, complessi e che si evolvono verso un finale senza sbavature, predicozzi o falsi moralismi. Un frullatore e un accendino: il resto è silenzio.
Il cast dimostra grande affiatamento: rivedere una compagnia con sette interpreti di razza fa piacere in tempi di teatro asfittico, doppiamente dopo due anni di ‘distanziazione sociale’. Il terzetto femminile ha una compattezza tutta sua: Beatrice Schiros si riconferma colonna portante di Carrozzeria Orfeo; Ambra Chiarello brilla in ironia (e nel ricordarci l’Italia di Faccetta nera, bell’abissina – o l’Israele di oggi che sradica ulivi perché il colonialismo è attuale come non mai); ed Elsa Bossi (straordinaria interprete de Le mille e una notte e dei tanti capolavori del Teatro del Carretto) è il ritratto di un’intera generazione che ha perso tutte le sue battaglie, eppure continua a combattere – è lei Sisifo.
Accanto a loro, Aleph Viola è un Mosquito riuscito ed esilarante; Federico Vanni dà assoluta credibilità a un personaggio complesso; Massimiliano Setti è un Cesare dolente ma che non esagera mai; e Federico Gatti compie quel passaggio dalla banalità alla consapevolezza che, si spera, prima o poi coinvolga l’intera sua generazione – una generazione che ha trascorso due anni tra Dad, take away e social e oggi sembra finalmente risvegliarsi dal coma della ragione scendendo in piazza contro l’alternanza scuola/lavoro.
La scenografia – funzionale e notevole, come sempre, nei lavori di Carrozzeria Orfeo – e le luci puntuali completano un quadro perfetto. Potremmo fermarci qui. Ma forse qualcosa occorre aggiungerla. Perché si ride, e molto, in questo spettacolo – ma a denti stretti.
L’inchiostro della penna di Di Luca è nerissimo, come il nostro animo. Impietoso con questa società/social che è tanto facile perché non è mai autentica, con l’egoismo dei detentori delle chiavi dei cancelli dorati d’Europa, il razzismo strisciante di playstation per adulti dementi, un pianeta allo sfacelo che è ormai una fogna a cielo aperto, la bulimia da take away, le patologie culinarie che fanno très chic e la paura dell’altro da sé – del migrante, ma perché non del cinese, dell’untore, del runner solitario, del positivo asintomatico, del teen-ager fan dell’apericena, del cosiddetto no-vax, del no green pass, del no green pass rafforzato, insomma del nemico di turno, che il potere coercitivo di un Stato d’emergenza a oltranza ha saputo via via creare per giustificare la propria ferocia?
Chi ricorda le navi dei migranti bloccate al largo delle nostre coste perché l’Italia, unico Paese in Europa, non poteva dare accoglienza in tempo di pandemia? Sul modello della ‘democratica’ Australia (quella tanto incensata per la sua correttezza riguardo all’affaire Đoković), che denomina il metodo Soluzione Pacifica – metodo che consiste nel respingimento in mare dei profughi e nella loro detenzione su isole remote del Pacifico o in Paesi terzi al soldo dei ricchi Aussie.
E le navi quarantena, chi le ricorda? Quelle da crociera, con nomi da love boat, dove hanno languito migliaia di donne, uomini e bambini per mesi – come Bilal, che si è buttato in mare dalla Moby Zaza, rimanendo ucciso nel tentativo di fuga; o il quindicenne Abou che, dopo giorni di sofferenza sull’Allegra, è arrivato in ospedale ormai in coma e lì è deceduto; o ancora, Abdallah Said, morto anche lui, a soli 17 anni, per un’encefalite non diagnosticata né curata sull’Azzurra? Nomi persi nell’oblio di un’info-edemia che ha obnubilato la mente e i sensi con la paura, anzi con il terrore della morte (estromessa per anni dalla nostra esistenza di ricchi borghesi occidentali, certi di potersi comprare tutto).
Eppure, come insegnava Camus, anche di fronte alla peste avremmo dovuto sapere che: “Quanto rimane, è un destino di cui solo la conclusione è fatale. All’infuori di questa unica fatalità della morte, tutto – gioia o fortuna – è libertà, e rimane un mondo, di cui l’uomo è il solo padrone*”. Ma noi, il nostro mondo come la nostra libertà, ce li siamo giocati sbagliando troppe mani.
Un Di Luca prometeico ha avuto il coraggio di donare all’uomo il fuoco: sapremo usarlo?
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Puccini
via delle Cascine, 41 – Firenze FI
sabato 13 febbraio 2022, ore21.00
Miracoli metropolitani
uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo
drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi
con (in ordine alfabetico): Elsa Bossi (Patty), Ambra Chiarello (Hope), Federico Gatti (Igor), Beatrice Schiros (Clara), Massimiliano Setti (Cesare), Federico Vanni (Plinio) e Aleph Viola (Mosquito/Mohamed)
si ringrazia Barbara Ronchi per la voce della moglie
musiche originali Massimiliano Setti
scenografia e luci Lucio Diana
* Tratto da: Il mito di Sisifo
venerdì, 18 febbraio 2022
In copertina: Foto di Laila Pozzo (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa di Carrozzeria Orfeo).