La nevrosi del maschio bianco occidentale
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Il testo (anzi l’intero opus) di Italo Svevo oscilla tra l’analisi sociale e quella psicanalitica freudiana. Scavo nelle nevrosi del protagonista – ovviamente maschio, italiano, medio-alto borghese, non eccessivamente colto ma competente quel che basta, tanto inetto quanto perfettamente e apparentemente integrato nel suo ambiente – e restituzione fedele di un milieu che apparteneva, proteggeva eppure soffocava sia Zeno sia il precedente Nitti di Una vita.
Edito nel 1923 il testo, ancora oggi tra i capisaldi letterari della scuola superiore, è analisi profonda di una dimensione socio-psicologica obiettivamente molto distante da quanto può vivere o sperimentare un quindicenne di oggi. La Compagnia Oyes, che avevamo applaudito con convinzione nel 2018 in Schianto (https://www.inthenet.eu/2018/09/15/forever-young-2018/), qui tenta la via di un’attualizzazione di significanti tentando di mantenere intatti alcuni significati – ovvero tematiche care all’autore: dalla paventata minaccia di un’arma di distruzione di massa alla sfiducia nei confronti della psicanalisi, dalla convinzione che la condizione di ‘malato’ sia l’unica per affrontare il mondo consapevolmente all’accettazione di sé attraverso la presa di coscienza della propria inettitudine.
Il risultato, sulla scena, convince fino alla crisi di coppia di Ada/Guido (che è tutto tranne che di qualche interesse). Se lo spettacolo si fosse chiuso con il monologo di Augusta che rivendica la propria scelta di vita accanto a Zeno – non come accettazione passiva di una condizione di sudditanza ma come assunzione di ruolo e responsabilità che le confanno – e il successivo tracollo dello psicanalista – con imbarazzante tentativo di spiegazione di fronte al fallimento delle teorie freudiane rispetto alla psiche femminile – si sarebbe potuta considerare una pièce abbastanza centrata.
Purtroppo, voler restituire tutti i filoni del romanzo – forse a giovamento degli studenti presenti a teatro ma non dell’economia dello spettacolo – sfilaccia la narrazione. Al tema dell’ordigno di distruzione di massa (paventato da Svevo), poi, si aggiungono – mescolandosi – la strage delle polveri sottili, l’insensato coprifuoco pandemico e il tema delle migrazioni, condito da una sottile nota di denuncia contro il razzismo culturale dell’Occidente. Troppo di tutto.
Bello – anche a livello di light design – il finale con le note di Lou Reed, in sintonia con quello Schianto di quattro anni fa che denotava, nel testo e nella realizzazione scenica, una originalità in parte persa in questo prodotto forse eccessivamente scolastico e quasi ‘ingessato’.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Metastasio
via Benedetto Cairoli, 59 – Prato
mercoledì, 2 febbraio 2022
La coscienza di Zeno
uno spettacolo di Oyes
testo Stefano Cordella, Dario Merlini e Noemi Radice
regia Stefano Cordella e Noemi Radice
con Livia Castiglioni, Daniele Crasti, Francesca Gemma, Francesco Meola, Dario Merlini e Fabio Zulli
scene e costumi Stefano Zullo
disegno del suono e musiche originali Gianluca Agostini
disegno luci Alberto Biasutti
consulente / dramaturg Simone Faloppa
produzione Teatro Metastasio di Prato, LAC Lugano Arte e Cultura, Teatro Stabile del Veneto, Oyes
con il sostegno di Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave / Kilowatt)
(prima assoluta)
venerdì, 18 febbraio 2022
In copertina: Una scena dello spettacolo, foto di Luca del Pia (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Metastasio).