Biden e Putin: qual è il ‘buono’?
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Ci spiace. Non siamo mai d’accordo con la narrazione in voga. Nemmeno in questo caso in cui ci sarebbe lo sceriffo a Stelle e Strisce che, dopo vent’anni di guerra in Afghanistan per sconfiggere i talebani e consegnare, poi, il Paese al suo ‘acerrimo nemico’, ora, per mire geo-politiche ed economiche (oltre che per aumentare i consensi e deviare la mente degli statunitensi dai problemi interni, come ai tempi di Clinton), vorrebbe scatenare una guerra qui, nel cuore dell’Europa – una guerra, beninteso, che, se coinvolgesse direttamente la Russia, non sarebbe possibile confinare territorialmente come fu per l’ex Jugoslavia, ma che metterebbe a rischio milioni di persone – anche civili – nei nostri Paesi già devastati economicamente dalla pandemia. E alla fine, a noi europei resterebbero solo le macerie, come agli afghani.
Le schermaglie e le minacce di Biden, nel frattempo, servono a tenerci lontani dal gas russo e a salassarci con bollette energetiche che mettono a rischio anche la sopravvivenza di artigiani e piccole e medie aziende, oltre ad aggravare l’inflazione.
È forse la prima volta nella storia che non è un Paese a dichiarare guerra a un altro, bensì un terzo a dire che interverrà contro il primo quando (e non se) attaccherà il secondo. Leggasi: lo sceriffo succitato, famoso per esportare la democrazia con le armi e accaparrarsi, poi, contratti per la ricostruzione e lo sfruttamento delle materie prime, accusa Putin di voler invadere l’Ucraina, dimenticandosi che il primo a mostrarsi pericolosamente offensivo contro la Russia è proprio l’Occidente che, dopo la caduta del Muro di Berlino, avrebbe dovuto sciogliere la Nato – anziché rinforzarla, attirando a sé i Paesi che facevano parte dell’Urss (al superamento del Patto di Varsavia si sarebbe dovuto rispondere con l’archiviazione di quello Atlantico). Questo anche per rispetto verso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che dovrebbe avere il compito di mantenere la pace e, appunto, la sicurezza a livello internazionale.
E invece l’Occidente e, in primis, gli States continuano a sobillare l’Ucraina dove, è bene ricordare, sono state documentate infiltrazioni segrete nella rivolta di piazza Maidan nel 2014 a Kiev (qui il video originale oltre a un interessante articolo di Alessandro Marescotti: https://www.peacelink.it/pace/a/48943.html). Ma non solo, l’Ucraina, ricca di giacimenti, è un piatto appetibile sia per l’Europa sia per i piani economico-finanziari del FMI, mentre i suoi debiti e la crisi economica già grave prima della pandemia la rendono un Paese che rischia una sovranità sempre più limitata.
Teniamo anche conto che l’Ucraina non fa parte della Nato né ha ricevuto il famoso invito unanime a parteciparvi e minacciare la Russia come Nato è improprio sotto ogni punto di vista – dato che dovrebbe essere un organismo di autodifesa collettiva (e non di attacco) dei propri membri.
In questo quadro, dove non esiste un arci-nemico bensì l’esigenza di sentirsi tutti sicuri, sottoscriviamo in pieno le proposte di Marescotti per uno smantellamemto delle armi nucleari in Europa, la creazione di un cuscinetto multilaterale ai confini dell’Ucraina con la Russia (aggiungeremmo, sotto egida Onu) e l’embargo alla vendita di armi ai contendenti, come da leggi vigenti nel nostro Paese, che ripudia (almeno formalmente) la guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
E mentre il governo italiano gioca con le misure coercitive del lasciapassare verde più o meno rinforzato, gli italiani sembrano non rendersi conto delle conseguenze che deriverebbero se alle minacce di belligeranza seguissero i fatti. I pacifisti – ma in realtà l’intera società civile – dovrebbero iniziare ad agire oggi a meno di non volere che il ‘coprifuoco’ torni ad assumere il suo significato più tristemente noto.
Speciale, domenica 13 febbraio 2022
In copertina: Foto di 849356 da Pixabay.