Tolgo il disturbo
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Per ricordare il 1° dicembre 2021 avevamo dedicato un pezzo ai maggiori autori in lingua francese del secondo Novecento – Lagarce, Copi, Koltes (https://www.inthenet.eu/2021/11/12/lagarce-copi-koltes-quando-la-parola-che-conta-e-quella-non-detta/), morti tutti e tre a causa dell’Aids.
Jean-Luc Lagarce, appunto, tra questi il quale, come il suo alter ego in Giusto la fine del mondo, Louis, o come il Cyril Collard di Les nuits fauves, ci consegna il proprio testamento artistico e umano attraverso un piccolo capolavoro.
Un testo delicato come le fragili ali di farfalla di un malato terminale che sbattono contro il vetro del barattolo dal quale tenta di evadere – per sfuggire a esso come alla morte – tradotto puntualmente e poeticamente da Franco Quadri. Sul palco, anche un apparato scenico funzionale per ricostruire l’inclusione/esclusione domestica, decisamente minimal – ma che non sfugge a un certo manierismo vista la presenza del tavolo e della credenza da salotto borghese (firmato da Francesco Ghisu) – e un design luci preciso (di Giuseppe Filipponio). E poi?
I tempi della peste dei gay sono diventati quelli della peste dei poveri. Il milione e 500 mila morti soprattutto nel sud del mondo, a causa dell’Aids, nel 2021, non ci toccano.
Di quel testo delicato e struggente cosa resta? Dello stigma sociale che impedisce a Catherine di ammettere che Louis, prima ancora che malato (non lo saprà mai), sia omosessuale, cosa resta? Di quel portato biblico nel quale Lagarce sublimava il ritorno a casa del figlio, sfuggito alla soffocante ipocrisia piccolo borghese, nella parabola del figliol prodigo, cosa resta? Del sublime abisso di solitudine e dolore, quasi di mistica espiazione per aver amato, che per qualche anno circonfuse il mistero di una malattia che uccideva chi amavi e se amavi, cosa resta? Dell’impossibilità di esprimersi pur possedendo tutto lo scibile umano e la migliore delle lingue possibili (per Lagarce come per Louis), cosa resta? Di quell’interno almodovariano di fronte alla statura di una Fedra raciniana che deve soffocare la sua passione, in primis, per la vita, cosa resta?
Un dramma borghese in punta di forchetta.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Metastasio
via Benedetto Cairoli, 59 – Prato
giovedì, 21 gennaio 2022, ore 20.45
Giusto la fine del mondo
di Jean-Luc Lagarce
traduzione Franco Quadri
regia Francesco Frangipane
con Anna Bonaiuto, Alessandro Tedeschi, Barbara Ronchi, Vincenzo De Michele e Angela Curri
scene Francesco Ghisu
costumi Cristian Spadoni
musiche originali Roberto Angelini
luci Giuseppe Filipponio
foto Manuela Giusto
produzione Argot Produzioni e Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con Pierfrancesco Pisani e AMAT
venerdì, 11 febbraio 2022
In copertina: Una scena di Giusto la fine del mondo. Foto di Manuela Giusto (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Metastasio)