Lavoro, scuola, figli: ecco le vere wonder women!
di Simona Maria Frigerio
Incontriamo una mamma (che ci ha chiesto di mantenere l’anonimato), che vive in provincia in Milano e che, dall’inizio della pandemia, cerca di conciliare le proprie esigenze lavorative e di donna con quelle dei suoi due figli in età scolare. Nell’ultimo decreto legge del 2 febbraio sono state introdotte alcune novità in ambito scolastico e ci è sembrato il caso di chiedere proprio a lei, ossia a una donna che vive nella propria quotidianità ciò che decidono nei palazzi romani, cosa sia cambiato. Anche perché, nel momento in cui quasi tutti i Paesi europei – e non solo – stanno abbandonando le forme oltremodo blande di green pass esistenti al loro interno; in Italia, con l’estensione della validità del green pass ‘rafforzato’ (un’aberrazione giuridica discriminante, presente solo da noi per estensione e durata) a chi abbia effettuato il cosiddetto booster o ai guariti dal virus (dopo una doppia dose di vaccino), si rischia che l’Italia sia l’unico Paese al mondo dove i cittadini continueranno a dover mostrare quella ‘certificazione verde’ o ‘patente vaccinale’ che, visti i casi di contagio tra i vaccinati e la possibilità di aggravarsi in ogni caso, oltre che discriminante sarebbe anche inutile (https://www.ilparagone.it/attualita/crisanti-piu-morti-vaccinati/).
Dal 7 febbraio sono state modificate le regole per le quarantene a scuola. Cosa cambia per i bambini, come i suoi, che frequentano le elementari?
F.M.: «Alle elementari ci sarà la possibilità di mandare a scuola i bambini fino a quattro casi positivi di Covid, senza più dover fare tamponi di controllo. Questo per le famiglie è sicuramente un dato positivo, cioè finalmente permette ai genitori di lavorare. Ma dopo tutti questi mesi di clausura e tamponi a tappeto non posso che pormi alcune domande. Ad esempio, se i tamponi non siano serviti per ‘mettere in croce’ le famiglie così da farci sperimentare le difficoltà e i timori di avere bambini contagiati dal Covid in modo da predisporci positivamente alla vaccinazione degli stessi – che, tra l’altro, serve a far ‘guadagnare’ ai bambini la possibilità di frequentare la scuola senza essere costretti alla Dad. Da quanto mi pare di vedere, la maggior parte dei genitori acconsente alla vaccinazione dei figli per avere meno complicazioni e lo stesso invito arriva dal personale scolastico: se tutti fossero vaccinati ci sarebbero meno problemi! Ma stiamo parlando di problemi burocratici. Perché, come ben sappiamo, i contagiati da Covid sono stati moltissimi sia tra gli adulti e sia tra i bambini vaccinati. Come persona e come madre mi sento usata da un sistema che mi ha costretta a rinunciare al mio lavoro e ora mi spinge a vaccinare i miei figli senza darmi certezze e senza prendersi responsabilità».
Pare che il Decreto voluto dal Premier Draghi discrimini tra bambini vaccinati e non vaccinati. Cosa accade a un bambino non vaccinato che abbia in classe più di 4 compagni positivi?
F.M.: «Certo che si discrimina! In un mondo dove si grida alla parità di genere, dove si tutelano gli animali, dove si pensa di essere arrivati all’uguaglianza fra i sessi, dove si insegna ai bambini che non è un problema essere diversi, si fa passare un enorme messaggio discriminatorio: solo quelli vaccinati potranno frequentare la scuola. Ma dove siamo finiti? Mi pare che ci si stia involvendo invece di evolverci: queste sono contraddizioni macroscopiche. Basti pensare che, dai due casi di positività fino ai quattro compresi, gli alunni vaccinati o guariti da meno di 120 giorni, o che hanno effettuato il cosiddetto booster, continueranno a restare in classe; mentre gli altri finiranno in Dad per cinque giorni».
Quali sono le procedure – a livello di tamponi e controlli – quando si scopre in classe anche un solo bambino positivo?
F.M.: «Prima si dovevano fare due tamponi, uno il giorno 0 e l’altro il giorno 5. Adesso non si faranno più tamponi».
Dalla sua esperienza di mamma, i bambini che si stanno contagiando a scuola, sono solo i non vaccinati?
F.M.: «I bambini si sono sempre contagiati. I numeri, secondo me, dipendono da quanti tamponi si effettuano. Quest’inverno, in un solo mese, abbiamo dovuto fargli fare almeno 10 tamponi, obbligati dalla scuola».
In questi due anni, con due bambini alle elementari, come è riuscita a gestire la Dad? Le pare un mezzo adeguato all’insegnamento?
F.M.: «La Dad ha aiutato a conoscere la tecnologia, a capire che si può stare in contatto anche in momenti difficili, ha avuto i suoi lati positivi; ma la didattica in presenza, ovviamente, è la scelta migliore».
Quanto tempo, quante competenze e quanta tecnologia occorre per portare avanti la Dad?
F.M.: «Innanzitutto bisogna avere dei dispositivi aggiornati e una connessione Internet che possa reggere due supporti collegati in videochiamata. Se i figli avessero, poi, esigenze particolari potrebbero servire più dispositivi. Oltre a una stampante e a tanta carta!».
Per seguire i suoi bambini dall’inizio della pandemia ha dovuto fare scelte drastiche, come rinunciare al lavoro? La scuola pubblica è stata all’altezza?
F.M.: «Ovviamente ogni scelta fatta è molto personale, ma non sempre la scelta può essere presa liberamente: c’è chi al lavoro non può rinunciare e, quindi, si è ritrovato a dover abbandonare a casa i figli in balia della tecnologia; c’è chi ha lavorato da casa lasciando comunque i figli da soli – perché, come si può pensare che sia possibile seguire davvero dei bambini e portare avanti, contemporaneamente, il proprio lavoro? Faccio un esempio: a volte, tra una chiamata e l’altra, tocca zittirli; oppure, tra un ‘mamma e l’altro’, si finisce per sbagliare qualche conteggio… Per queste ragioni visto che, per fortuna, ho avuto la possibilità di scegliere, ho deciso di dare la priorità ai miei figli così da fornire loro tutto il supporto possibile durante il periodo di abbandono da parte della scuola pubblica – che, nel mio caso, non ha nemmeno attivato la Dad! Ricordo ancora come mio figlio, in quarta elementare, avesse pagine di lezioni da stampare a casa, semplicemente inviate dalla rappresentante nella chat di classe. Quindi, sempre perché ne avevo le possibilità, ho optato per iscriverli – per i cicli successivi – alla scuola privata. Ma quante donne possono permettersi, come me, di scegliere una simile opzione? Per quanto riguarda il lavoro, ho dovuto congedare le mie clienti e la mia socia si è sobbarcata tutto il lavoro».
* gioco di parole con dad: papà o babbo, in inglese
venerdì, 11 febbraio 2022
In copertina: Foto di Chuck Underwood da Pixabay.