Cure domiciliari: queste sconosciute
di Simona Maria Frigerio
Continua il braccio di ferro tra Aifa e Ministero della Salute, da una parte, e il Comitato Cura domiciliare Covid-19, dall’altra. Prima di iniziare l’intervista all’avvocato Erich Grimaldi, Presidente del Comitato, abbiamo pensato di valutare alcune premesse che permettano a voi lettori di uscire dalle pastoie del pro o contro per andare più a fondo nelle problematiche.
In primis va detto che, nonostante in tempo di Covid si sia capito quanto sia importante la medicina territoriale, ossia quella prossima al paziente, negli ultimi vent’anni la Medicina Generale ha subito un progressivo depotenziamento in favore di una burocratizzazione del ruolo del cosiddetto medico di famiglia, il quale pare sempre più un ‘impiegato’ che debba esplicare le sue funzioni con la semplice prescrizione della visita specialistica. In effetti, già dagli anni 90 il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale – a differenza del resto d’Europa dove è demandato, come qualsiasi altra laurea specialistica, all’Università – è diventato appannaggio delle Regioni e degli Ordini locali dei medici. Ma non solo, con il Decreto Semplificazioni approvato dalla Camera dei Deputati il 07 febbraio 2019, i semplici medici specializzandi in Medicina Generale, già all’ultimo anno, possono partecipare a “bandi pubblici di assegnazione di convenzione per l’assistenza primaria in caso di zona carente e in subordine ai medici specialisti in Medicina Generale”.
Detto questo, rispetto alla pandemia e alla necessità di intervenire prontamente per contrastarla occorre fornire qualche altro dato per ampliare il quadro. Se è ormai sotto gli occhi di tutti che è molto difficile fare un test molecolare, non è altrettanto nota la differenza con un antigenico rapido. Ora, sebbene la politica regionale sia andata verso la parificazione dei due per determinare la positività e, in certi casi, la successiva negativizzazione del cittadino e la fine del periodo di isolamento o della quarantena, vi è una differenza basilare tra gli stessi quando si debba intervenire a livello medico. Infatti, è grazie al molecolare se possiamo determinare la carica virale ed è solo con la sequenziazione che capiamo a cosa ci troviamo di fronte: Delta, Omicron o, nel caso, una nuova variante. Visto che la Omicron è più contagiosa ma mediamente meno pericolosa, discernere diventa basilare almeno per le persone più anziane e/o affette da altre patologie – soprattutto perché, come scrive il collega Giulio Gori sul Corriere Fiorentino: “Le somministrazioni di anticorpi monoclonali si fermano a causa della variante Omicron. Dei tre finora approvati, solo uno infatti risulta efficace anche contro la nuova mutazione, ma al momento non risulta disponibile” [1]. Aggiungiamo che gli anticorpi monoclonali dovrebbero essere utilizzati entro “3-5 giorni dalla comparsa dell’infezione. Servono a evitare che la patologia degeneri nelle sue forme più gravi: in più del 95% dei casi sono in grado di bloccare l’evoluzione del quadro” (AdnKronos del 16 dicembre 2021).
Riassumendo. I tamponi molecolari sembrano introvabili o hanno costi proibitivi – se effettuati privatamente – il che rende difficile una diagnosi precoce rispetto alla variante da cui siamo effetti e alla nostra carica virale. Secondo, la mancanza di un sistema veloce ed efficiente per indirizzare i pazienti ‘a rischio’ verso i centri di riferimento dove essere sottoposti a un’infusione endovenosa di monoclonali (adatti alla variante specifica) è un ulteriore scoglio che, obiettivamente, il Ministero della Sanità non ha finora risolto. Terzo, l’‘insensibilità’ verso tali cure era già stata denunciata dal collega Mario Giordano nella puntata del 2 novembre 2021 di Fuori dal Coro, quando era emerso che ben 60 mila dosi di monoclonali, in tutta Italia, stavano per scadere nei frigoriferi degli ospedali. Quarto, come il caso del professor Massimo Galli, ex Primario dell’Ospedale Sacco di Milano, dimostra, il monoclonale giusto se preso in tempo può fare la differenza. Infatti, Galli, contagiato dalla variante Omicron (come apprendiamo da AdnKronos), trivaccinato, a causa di specifici fattori di rischio, è stato curato prontamente con i monoclonali (e, immaginiamo, i più adatti alla sua variante). E non si pensi che il tempo della cura sia superato grazie all’altissima percentuale di vaccinati (87,25% degli over 12): l’Oms denuncia che l’Italia, nella settimana tra il 17 e il 23 gennaio, con 4,1 morti ogni 100.000 abitanti, è il secondo Paese in Europa e il quarto nel mondo per numero di vittime da Covid-19.
Vediamo un ultimo aspetto. Togliendo di mezzo l’affaire monoclonali, quali sono le cure domiciliari a cui si dovrebbe ricorrere, secondo l’Aifa e il Ministero della Sanità? Innanzi tutto, il famoso paracetamolo (ed eventuali antinfiammatori). Ora è il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, a precisare a Open: «Il paracetamolo consuma il glutatione che è un antiossidante molto potente. Proprio in questi giorni è uscito uno studio che mostra che i pazienti con Covid hanno uno stress ossidativo importante, probabilmente responsabile del danno infiammatorio polmonare, associato a deficit di glutatione e si è visto che questo deficit aumenta con l’età» [2]. Nonostante ciò, forse grazie alle indicazioni del Ministero della Salute e dell’Aifa, leggiamo su Vanity Fair nell’intervista dell’8 gennaio 2022 alla dottoressa Annabella Campiotti di Milano, che la stessa afferma: «La terapia consiste nello ‘spegnere l’infiammazione’ somministrando esclusivamente paracetamolo, per qualunque sintomo (va da sé che in caso di tosse si può abbinare, ad esempio, uno sciroppo omeopatico)»[3]. L’altro cardine è la ‘vigile attesa’. Ma, come abbiamo visto, detta pratica ritarda i tempi di intervento con i monoclonali (e, nel caso, anche con i nuovi antivirali), che vanno assunti entro i 3/5 giorni dalla comparsa dei primi sintomi. Ovviamente, a questo punto qualcosa non torna.
Non torna, purtroppo, nemmeno l’ultimo dato pubblicato dall’Istituto Superiore della Sanità in data 23 gennaio 2022 [4]. A pagina 27 abbiamo notato un dato che ci ha sconcertati e che rimettiamo nelle mani di medici e ricercatori, oltre che del Ministero della Sanità. La Tabella 5C fa riferimento alla Popolazione italiana di età ≥ 12 anni e al numero di casi di Covid-19 deceduti per stato vaccinale e classe d’età. L’11/12/2021, i Vaccinati con ciclo completo da oltre 120 giorni erano 26.357.835, mentre le Diagnosi (tra il 26/11/2021 e il 26/12/2021) con decesso in questa fascia erano 1.541. Nelle medesime date, i Vaccinati con ciclo completo + dose aggiuntiva/booster erano 5.699.241 (circa un quinto) e le diagnosi con decesso 215 (circa un settimo). Questo dato a noi sembra inspiegabile perché avvicina il numero dei decessi dei trivaccinati a quello dei vaccinati con due dosi da oltre 120 giorni. Ma soprattutto confermerebbe la validità delle attenzioni offerte al professor Galli, ossia occorrerebbe accedere ai test prontamente e curarsi precocemente – con il booster o meno.
Adesso passiamo la parola all’avvocato Erich Grimaldi, Presidente del Comitato Cura Domiciliare Covid-19. Il 15 gennaio 2022, infatti, la sentenza del Tar del Lazio ha annullato in parte la Circolare del Ministero della Salute del 26 aprile 2021, riguardo alla gestione domiciliare dei pazienti, che prevedeva, tra l’altro, “vigile attesa e la somministrazione di fans e paracetamolo”. Dopodiché il neoeletto Presidente del Consiglio di Stato (già due volte Ministro degli Esteri nei Governi Berlusconi), Franco Frattini, con decreto monocratico, ha sospeso la sentenza del Tar osservando che il documento ministeriale contiene ‘raccomandazioni’ e non ‘prescrizioni’ – quali il paracetamolo (messo in discussione dai recenti studi) e la vigile attesa (poco compatibile anche con l’assunzione precoce di monoclonali e antivirali). La prima domanda a chi aveva presentato ricorso al Tar non può che essere se ci spiega l’iter del procedimento.
Erich Grimaldi: «Il primo passo è stato impugnare, di fronte al Tar del Lazio, le Linee guida dell’Aifa [5] aggiornate al 26 aprile 2021. Il Tar, il 15 gennaio di quest’anno, ha emesso una sentenza che ha stabilito come l’Aifa – e, chiaramente anche il Ministero della Sanità, che ha di fatto assorbito quelle che erano le note dell’Aifa rispetto alle cure domiciliari – avesse utilizzato delle ‘prescrizioni’ che hanno impedito ai medici di poter attuare quelle terapie che ritenevano più opportune per la cura del Covid in ‘scienza e coscienza’. Nella sostanza, accade che il medico di Medicina Generale, in un certo senso, utilizzi queste Linee guida, che loro definiscono ‘raccomandazioni’, come ‘giustificazione’ in caso di evento sfavorevole; ossia, nel momento in cui vi è un malato che degenera e può morire, il medico di Medicina Generale può rispondere di aver seguito quanto prescritto dalle Linee guida: ho fatto attendere il paziente, gli ho consigliato il paracetamolo e, nel caso, di chiamare il 118. Non è, quindi, responsabile. Purtroppo i medici di famiglia sono considerati da sempre dei semplici burocrati del nostro Sistema sanitario ed è ovvio che solo una piccola parte degli stessi ha il coraggio di discostarsi dalle Linee guida, assumendosene la responsabilità. Il Tar del Lazio ha deciso, in base alle nostre spiegazioni – in presenza e attraverso gli atti. Riguardo all’Appello del Ministero, va specificato che io non posso difendermi prima dell’udienza e il Presidente che va a esaminare l’appello del Ministero emette un decreto cautelare di fissazione udienza dove decide sulla sospensiva fino all’udienza stessa, andando a verificare solo le difese del Ministero. Di conseguenza, tutte queste spiegazioni che sto dando, non sono state ancora sottoposte al Consiglio di Stato. Finora è stato solo ribadito che la Circolare non dà ‘prescrizioni’ ma solo ‘raccomandazioni’ e che queste ultime, come tali, non possono essere considerate motivi per cui il medico non possa agire in ‘scienza e coscienza’. Ma noi, di fatto, non lo abbiamo mai detto. Già la pronuncia del Consiglio di Stato precedente [6] affermava che i medici possono agire in ‘scienza e coscienza’. Il problema è quando li si vincola con determinati limiti. Quando nella Circolare del Ministero si dice ciò che non si può fare – tipo: ‘non utilizzare gli antibiotici, il cortisone, l’eparina, l’idrossiclorochina’, tra l’altro, riabilitata proprio dal Consiglio di Stato nella sentenza del dicembre 2020 [7] – si danno ‘indicazioni di non fare’ che sono considerate dai medici, di fatto, ‘prescrizioni’».
Il prossimo 3 febbraio si terrà la Camera di consiglio per la trattazione collegiale della questione.
E. G.: «Esattamente. Il decreto di Frattini è un decreto monocratico di fissazione udienza con sospensiva della sentenza del Tar fino all’udienza. All’udienza il Collegio o confermerà la decisione di Frattini o la rigetterà sulla base delle nostre spiegazioni».
Alcune voci di politici [8] e medici hanno affermato che la sentenza del Tar sia tardiva in quanto, tra vaccini e cure – monoclonali e antivirali – la malattia non solamente è meno grave ma i farmaci efficaci sono ormai ben noti. Cosa risponde?
E. G.: «Mi risulta che i rappresentanti sindacali della Fimmg e della FNOMCeO abbiano detto che il ricorso è tardivo rispetto all’evoluzione avutasi con gli anticorpi monoclonali e con il Paxlovid, ossia l’antivirale della Pfizer. In realtà, al momento, a causa della burocrazia, quest’ultimo farmaco non si riesce a somministrare prima di 7/8 giorni e, al contrario, si dovrebbe somministrare nei primi tre. Per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali, sappiamo tutti che li abbiamo regalati agli altri Paesi oppure sono scaduti perché non si riesce a far partire la macchina burocratica delle cure nei 5/7 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Per quanto riguarda i vaccinati, infine, ormai sanno tutti che anche questi ultimi si contagiano e che le cure servono sia ai vaccinati sia ai non vaccinati. Il nostro ricorso è stato fatto per denunciare come gli italiani siano stati abbandonati all’atteggiamento attendistico della vigile attesa – chiamata poi monitoraggio o controllo del paziente – e al paracetamolo, che ricompare in ogni Circolare. Noi non siamo contrari ai vaccini ma vogliamo che le terapie domiciliari diventino un’arma in più rispetto a questo virus. Questo perché abbiamo compreso che ci possiamo ammalare tutti e, con la variante che buca i vaccini, è impensabile poter uscire dall’emergenza solo con la vaccinazione».
Non vi è anche una sottovalutazione dei possibili rischi della malattia da parte della popolazione, che è stata indotta a pensare che, grazie al vaccino, non si aggraverebbe, anche in presenza di patologie pregresse?
E. G.: «Purtroppo tante persone vaccinate sono finite in terapia intensiva, soprattutto se con due dosi perché si è pensato – in maniera sbagliata – che essendo vaccinati non si avrebbe avuto bisogno di cure. Quanti sono stati trattati solo con il paracetamolo e si sono aggravati?»
Linee guida e ‘scienza e coscienza’ sono termini antitetici?
E. G.: «Il medico generico, prima del Covid, era il burocrate del nostro Sistema sanitario. Ma non è giusto trattare questi medici in tale maniera perché, come in tutte le professioni, ci possono anche essere persone incapaci ma tantissimi sono in gamba e io ho avuto modo di conoscerne diversi. Medici che, durante la pandemia, hanno approfondito le loro conoscenze, hanno studiato, hanno cercato di capire come trattare i sintomi del Covid a domicilio e si meritano tutta la stima e il rispetto delle istituzioni e anche degli altri addetti ai lavori. Nelle Linee guida, affermano esservi solamente ‘raccomandazioni’ ma non – come ho già affermato – ‘indicazioni di non utilizzo’. Il medico di medicina generale, che è già intimorito dal fatto che il paziente Covid possa degenerare, andare in ospedale e morire, di fronte a simili ‘indicazioni di non utilizzo’, difficilmente si assumerà una tale responsabilità. Le Linee guida hanno di fatto condizionato il comportamento del medico di famiglia, che è colui che da sempre ha un rapporto col paziente. Non va infatti dimenticato che, sebbene questa non sia equiparabile alle polmoniti viste precedentemente, già nel gennaio 2020 ci sono stati medici che hanno trattato a domicilio delle polmoniti utilizzando i famarci consueti. Va aggiunto che molti medici di famiglia sono morti [366, n.d.g.] durante la prima fase della pandemia, perché non avevano i dispositivi di sicurezza per colpa del Ministero della sanità che non li aveva ordinati per tempo. Ma adesso, avendo capito i meccanismi d’azione del virus, con i medici che vanno a casa del paziente indossando la semplice mascherina perché sanno come agire e molti tra di loro sono vaccinati o guariti, per uscire dall’emergenza, si deve nuovamente attivare quel rapporto medico/paziente che negli ultimi due anni è mancato. Sono i medici che dovrebbero andare a domicilio (anziché mandare le Asl che si presentano una sola volta nel corso della malattia e solo per scoprire se il paziente abbia sviluppato una polmonite interstiziale, quando ormai è al sesto o settimo giorno di decorso). Il medico di famiglia dovrebbe tornare a curare e a seguire il paziente – perché lo conosce – fin dai primi giorni e senza essere vincolato alla vigile attesa e al paracetamolo».
Uno tra i problemi non è la difficoltà della diagnosi precoce?
E. G.: «La diagnosi precoce si può fare solo con il tampone molecolare che dà anche la carica virale. Ovviamente, i pazienti a rischio sono quelli obesi, i diabetici, i cardiopatici, gli ultracinquantenni magari con altre patologie in corso e che dovrebbero ricevere i monoclonali nei primi 3/4 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Non dalla diagnosi del tampone ma dai primi sintomi perché, magari, il paziente ha cominciato a non stare bene il lunedì e non riesce ad avere l’esito del tampone nemmeno il giovedì. Se il medico attende l’esito – per questi pazienti – prima di avviare la procedura per i monoclonali, saranno privilegiati coloro che hanno le possibilità economiche per fare il molecolare privatamente, avendo l’esito in tempi brevi. La macchina burocratica è talmente farraginosa che è difficile accedervi nei primi 5/6 giorni per evitare il ricovero ospedaliero. Purtroppo, a volte, ci si riesce solo grazie a qualche conoscenza. Tutto ciò è gravissimo: i benestanti e i raccomandati avrebbero la possibilità di essere testati in tempo e avere accesso ai monoclonali. Invece di avere attivato un’efficiente macchina, che funziona grazie alla sanità territoriale, dopo due anni ci troviamo nella condizione di avere molte più armi contro il virus ma di non riuscire a sfruttarle».
Gli italiani hanno coscienza di come dovrebbero agire, vaccinati o meno, quando si contagiano?
E. G.: «In questo Paese è mancata la comunicazione. Purtroppo, pur di far vaccinare tutti, indistintamente, da gennaio 2020 non si sono informate le persone su quali siano i rischi della vaccinazione – e lasciamo da parte gli eventi avversi. Si sono tralasciati gli accertamenti diagnostici preventivi, come il dosaggio del D-dimero [9] e altri. E a parte ciò, non si è spiegato alla popolazione che la diminuzione dell’efficacia dei vaccini – che era al 95% e poi si è ridotta al 40 o 50% – avrebbe causato che molte persone, vaccinate a giugno o a luglio e contagiatasi a novembre, avrebbero affrontato il Covid nella stessa misura dei non vaccinati. Occorrerebbe dire ai cittadini che se non si ha una quantità di anticorpi adeguata, questa è una malattia che va curata e, comunque, può doverlo essere anche in presenza di anticorpi alti. Oltre al fatto che le varianti possono bucare i vaccini [10]».
L’ultimo dato pubblicato dall’Istituto Superiore della Sanità, in data 23 gennaio 2022, riporta un certo numero di morti per Covid-19 tra i trivaccinati. Cosa può significare tale dato?
E. G.: «Ci fa capire che è stato commesso un grandissimo errore, già a dicembre 2020, quando si sono acquistate 240 milioni di dosi di vaccino [11] senza considerare – e di questo dovrebbero dare spiegazioni la comunità scientifica e il CTS – che nelle emergenze epidemiologiche, gli esperti hanno sempre detto che le varianti potrebbero bucare i vaccini. Quindi, mi chiedo: è necessario fare una quarta dose [12] sempre con lo stesso vaccino sviluppato per il ceppo di Wuhan o si dovrebbe investire in vaccini nuovi che possano coprire rispetto alle successive varianti? Come affermavano alcuni, all’inizio, è una corsa contro il tempo perché si finisce per creare vaccini nuovi su varianti che saranno sempre diverse. Quindi, non si sa nemmeno se tali vaccini potranno essere utilizzati e se saranno o meno efficaci. Una cosa è certa, si sono fatte le terze dosi e, purtroppo, le persone si sono comunque ammalate – alcune con sintomi lievi e altre, al contrario, si sono aggravate e, purtroppo, sono anche decedute».
[1] Si veda anche: https://www.nbst.it/989-coronavirus-nuovi-farmaci-per-cura-covid.html#anticorpi
[2] In proposito: https://www.capitalesalute.it/index.php/2021/11/03/glutatione-perche-si-torna-a-parlarne/
[3] Per l’articolo completo: https://www.google.com/amp/s/www.vanityfair.it/gallery/covid-come-si-cura-oggi-a-casa-febbre-tosse-raffreddore-sintomi/amp
[4] Il documento originale del’ISS: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_19-gennaio-2022.pdf
[5] Circolare del Ministero della Salute sulla Gestione domiciliare dei pazienti con SARS-CoV-2, aggiornata al 26 aprile 2021: https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2021&codLeg=80056&parte=1%20&serie=null
[6] Ordinanza n. 2221/2021 del 23 aprile 2021 che ha accolto l’appello proposto dal Ministero della salute e dall’Aifa contro l’ordinanza cautelare n. 1412/2021 del 4 marzo 2021 del Tar del Lazio, che sospendeva la nota Aifa del 9 dicembre 2020, dettante le Linee guida per la cura a domicilio dei malati di Covid-19, che prevedeva ‘paracetamolo’ e ‘vigile attesa’
[7] Il Consiglio di Stato l’11 dicembre 2020: https://www.aboutpharma.com/blog/2020/12/11/idrossiclorochina-consiglio-di-stato-dice-si-alluso-contro-covid/
[8] Citiamo per intero: “Con l’ampia diffusione del vaccino il pronunciamento del Tar ha un effetto nullo – ha detto D’Amato, Assessore alla Salute della regione Lazio – Con la maggior parte della gente immunizzata il contagio provoca conseguenze assai meno gravi rispetto al passato. La maggior parte dei malati sono addirittura asintomatici e quindi non richiedono pesanti cure farmaceutiche. E inoltre, con la diffusione delle cure monoclonali e antivirali il discorso della vigilante attesa era comunque già venuto meno”. Da
https://it.style.yahoo.com/la-decisione-del-tribunale-produrrebbe-104615227.html?guccounter=1&guce_referrer=aHR0cHM6Ly93d3cuZ29vZ2xlLmNvbS8&guce_referrer_sig=AQAAAC24_WEYnuwDPUKZ_gZO6BsC5mDlOk9NdOVGdYKUKUFwOVoFJ7Atp-GSf6lW70sM6SlOa6ib0LQAs4AbqcWjPmmXfDV0E2pglFL1s_cN__–gpU1akRfHUoqPRfS_RdPC4HSRk1GFu3F8LlW2NGFG8PMtFQ8xeX1lYfQbkTA-uuy:
[9] La sua misurazione fornisce informazioni indirette circa l’attivazione del sistema coagulativo del paziente
[10] In Italia, la durata della copertura vaccinale incide anche sulla validità del green pass che dura solo sei mesi, mentre in Europa nove dal primo ciclo di vaccinazione. Per il booster, in Europa, non sarebbe previsto alcun termine – al momento. Si veda altresì il recente studio pubblicato su The Lancet che confermerebbe non solamente che i vaccinati si contagiano e contagiano ma altresì “l’eguale presenza del virus infettivo nel naso-faringe di individui vaccinati e non vaccinati”, t.d.g. https://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099(21)00768-4/fulltext
[11] Secondo www.quotidianosanita.it dell’8 gennaio 2021, a quella data l’Italia aveva già opzionato circa 226 milioni di dosi dei diversi vaccini anti Covid da riceversi tra gennaio 2021 e il secondo trimestre del 2022 – in un momento in cui si calcolava che sarebbero bastate due sole dosi per immunizzare i 51 milioni di italiani over 16
[12] “Una quarta dose di vaccino Pfizer-BioNTech è insufficiente a prevenire il contagio con la variante Omicron del Covid-19, secondo i dati preliminari dello studio israeliano rilasciato lunedì”, t.d.g.. Fonte: https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-01-17/israel-trial-suggests-4th-dose-not-warding-off-omicron-infection
venerdì, 28 gennaio 2022
In copertina: Foto di 3D Animation Production Company da Pixabay / Nell’intervista: Foto di Alexandra Koch e di Sozavisimost, entrambe da Pixabay.