La retorica green e il ritorno alla Guerra Fredda: tanto pagano gli italiani
di Luciano Uggè
Il 30 ottobre scorso, a Roma, abbiamo assistito – con decine di auto blu al seguito (in spregio al momento di crisi e alle istanze ecologiste sventolate dai convenuti) – all’arrivo dei cosiddetti ‘grandi’ della Terra, riunitisi nel G20 per discutere di ecosostenibilità.
Poi, nel periodo invernale, gli italiani (e gli europei) si accorgono di avere ‘imprevedibilmente’ poche scorte di gas (che non si comprende perché non si acquisti in estate, quando costa meno) e permettono ai prezzi dell’energia di schizzare alle stelle. Il Governo ‘tecnico’ di un leader della grande finanza come il Premier Mario Draghi appare, anche in questo caso, impreparato – quasi ‘caduto dal pero’ – e la risposta politica è, a dir poco, ridicola (l’aiuto governativo dovrebbe coprire al massimo il 6% del totale degli aumenti previsti).
Eppure ai cancelli d’Europa (per la precisione, in Germania) è stato ultimato il Nord Stream 2, un gasdotto che attraversa il Baltico e che potrebbe fornire 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Questo cosa significherebbe? Nell’economia liberista e capitalista nella quale ci muoviamo, con il meccanismo della domanda e dell’offerta, a un’offerta maggiore di un bene dovrebbe seguire una diminuzione del suo costo. Se però a muovere le pedine non è una visione economicamente efficiente ed efficace, bensì il ritorno a politiche atlantiste ecco che il peso di scelte antieconomiche, del nostro come di altri Governi, ricade in Italia sul caro bollette e sul rialzo del costo dei beni prodotti – ponendo molte delle nostre imprese medio-piccole e artigianali fuori mercato (con conseguenti ulteriori ricadute in ambito occupazionale).
Chi rema contro? Innanzi tutto, gli Stati Uniti – che continuano a imporre sanzioni illegittime (a livello di trattati internazionali) a quei Paesi che non si piegano a eleggere persone gradite Oltreoceano, e che, fingendo di preoccuparsi per una presunta o reale dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia (il cui gas è concorrenziale in termini di costi), ci pone di fronte a una dipendenza dalle sue navi-cisterna cariche di gas estratto con il fracking – più costoso e altamente pericoloso per l’ambiente e per gli abitanti delle zone interessate dalle trivellazioni (e a riguardo ricordiamo, per chi non avesse voglia di informarsi scientificamente, un bel film del 2012, diretto da Gus Van Sant e intitolato Promised Land). Fa specie che la Ministra degli Esteri tedesca in quota ai Verdi, Annalena Baerbock, trovi più accettabile il gas prodotto col fracking invece di quello tradizionale che arriverebbe dalla Russia.
Nel frattempo, il gasdotto che potrebbe liberarci dal caro bollette e salvare le economie di diverse imprese, è rimasto bloccato per mesi dai tedeschi che, se da una parte, non volevano scontentare il Presidente (‘democratico’ solo di nome) Biden; dall’altra, sapevano quanto sia realmente in gioco in questo momento – con una maggiore consapevolezza, ad esempio, degli italiani, che si sono accontentati di una manovra economica che promette solo la rateizzazione del salasso – pagare in 8/10 mesi invece che in 4 non significa potersi esimere dal pagare. E i pochi euro che le classi medio-alte ricaveranno dalla detassazione finiranno comunque in fumo. Per fortuna, l’approccio pragmatico del Governo Scholz ha bypassato la situazione di stallo che aveva lasciato dietro di sé Angela Merkel, consentendo al costituzione della Gas for Europe Gmbh, sussidiaria di diritto tedesco che gestirà i “i 54 chilometri di Nord Stream 2 su acque territoriali tedesche” (come scrive acutamente Money.it).
Nel frattempo, i nostri ‘benefattori’ a Stelle e Strisce hanno inviato una cinquantina di navi-cisterna, pericolose e inquinanti, per ‘salvarci’ dai russi rifornendoci con un prodotto più dispendioso – perché lo shale gas, dati gli alti costi di estrazione, può subentrare nel mercato solo alzando artificialmente i prezzi del gas: obiettivo che si può raggiungere ‘eliminando’ i competitor che hanno grandi riserve di gas naturale convenzionale, adducendo motivi ‘umanitari’.
In questo quadro che ci riporta ai tempi della Guerra Fredda, l’Europa dei 27 che ha impiegato oltre un anno per varare il PNRR – ossia un piano di debiti che dovremo ripagare con gli interessi ma che, sulla carta, dovrebbe consegnarci un futuro ecologicamente più accettabile – ha ceduto per mesi alle lusinghe dello zio Sam e, invece di aprire i ‘rubinetti’ del Nord Stream 2, ha avallato non solamente le tecniche estrattive altamente inquinanti del gas di scisto ma anche quelle del trasposto per mare. Del resto, non si pensi che il democratico Biden stia agendo rispetto all’Ucraina in base a sentimenti umanitari (e, anche se così fosse, abbiamo constatato i risultati in Iraq e Afghanistan), bensì in vista delle elezioni di mid-term. Come dirottare la preoccupazione degli statunitensi per un’inflazione galoppante dei beni di prima necessità se non con un nuovo nemico esterno?
Questo mondo sempre più piccolo – per i suoi abitanti – che, a causa della pandemia, si sono visti rinchiudere in casa o, al massimo, all’interno di Stati sempre meno sovrani e sempre più in balia di Banche e Commissioni, di interessi sovranazionali e politici che pare non intendano mettere la sicurezza e il benessere dei propri elettori al primo posto nelle loro scelte, sta infeltrendosi anche per quanto riguarda le merci e, dopo la chiusura verso i vaccini non prodotti dallo zio Sam (primo caso nella storia), adesso vorrebbero chiudere i rubinetti del gas che potrebbe evitare a imprese e famiglie di impoverirsi ulteriormente.
Venerdì, 28 gennaio 2022
In copertina: Foto di Engin Akyurt da Pixabay.