Come negare l’inverno per viverlo meglio
by/di Lily Daydream (translation into Italian at the bottom of the page)
Somehow, in the past decade, I’d come to dread Winter.
No logic could erase it. The coming Winter was, to me, just another timeless soup, dark and overwhelming.
Outdoors becomes a bleak killing landscape, my livestock huddle in the barn and my river in the sun adventures grind to an abrupt halt. I fall off clumsily.
This year, I wanted to do better, to come to peace with the season, to stay on course in the dark.
To this end, I did the most sensible thing I could think of.
I would deny winter.
Know that it is coming and prep for it.
But every day, even if ‘Winter’ came early, I was going to remember that this wasn’t Winter yet.
This was Autumn. I was going to seek Autumn fiercely in every day leading up to the Solstice.
I remember the last night I heard crickets sing.
I remember the morning that most green plants still growing had their cells walls broken by the cold but the grass and the Iris still stood green.
I remember leaves skittering, even when there was a dusting of snow heralding Winter, Autumn said hello in leaves blown.
The Apple trees cling still to the last leaves.
An occasional worm is exposed under a water pan.
Ice on the troughs.
Some mornings feel like Spring, the ground rings under my boots, only the top layer frozen, underneath still alive and singing.
I mulch, making pockets winter can’t touch.
I sow the seeds of trees, bulbs, tubers.
And again, another morning that feels like Spring. I’d never realized how many of these there could be, the entire day feeling hopeful after finding a patch of fog, moths, puddles, all tricking the mind into thinking Spring Peepers would sing any moment!
November winds come and weed the weak from the strong, animals and plants alike.
The Jerseys clear out the last of the uneaten clumps of grass, preparing the pasture for the coming year.
The peafowl leave the trees and roost in the barn.
The barred owls mimic monkeys.
This time.
Through all my denying, watching for ways that it isn’t yet Winter, I’ve somehow found myself more ready to embrace the season than I’ve felt in years.
I’m ready to feel the rush of cold.
I Love to feel the weight of tired from slogging through snow.
I’m ready to sit in a snow globe and stitch for hours under a golden lamp with tea and my fire that makes the fan tick tick gently and the kettle purr its boil tune.
I’ve worn myself out watching every day slip further into the cold. My vigilant watch for signs of Autumn helped me appreciate every last sip, I can see its colour, a nectar I’ll not see again in this life.
Now. I wonder what will happen if I deny Spring?
*°*°*
Traduzione in italiano
di Simona Maria Frigerio
Chissà perché ma, nell’ultima decade, ho iniziato a temere l’inverno.
Nessun ragionamento logico poteva cancellare ciò che provavo. La venuta dell’inverno era, per me, la solita minestra – oscura e opprimente.
All’aperto, tutto un panorama triste e cupo, il bestiame che si accalcava nella stalla e il mio fiume, nel sole avventuroso, addirittura si arrestava. Io ci cascavo maldestramente.
Quest’anno, ho voluto fare di meglio, pacificarmi con la stagione, mantenendo la rotta nell’oscurità.
A questo fine, ho fatto la cosa più ragionevole che abbia potuto pensare. Ho negato l’inverno.
Sapevo che stava arrivando e mi preparavo.
Ma ogni giorno, anche se ‘l’inverno’ fosse arrivato presto, continuavo a rammentarmi che non era ancora giunto.
Era autunno. Avrei cercato l’autunno con ferocia ogni giorno che avrebbe preceduto il Solstizio.
Ricordo l’ultima notte che sentii cantare i grilli.
Ricordo la mattina quando alla maggior parte delle piante verdi, che stavano ancora crescendo, a causa del freddo si erano rotte le pareti cellulari – sebbene l’erba e gli iris si mantenessero verdi.
Ricordo le foglie svolazzanti sull’acqua, anche quando un pulviscolo di neve annunciava già l’inverno. L’autunno salutava con le foglie che volavano via.
I meli trattenevano le ultime foglie.
Un lombrico occasionale si mostrava sotto una vaschetta d’acqua.
Gli abbeveratoi ghiacciavano.
Alcune mattine sembrava primavera, il terreno risuonava sotto i miei stivali: solamente lo strato più superficiale si era gelato, al di sotto vi era ancora vita che stava cantando.
Io concimavo, riempiendo tasche che l’inverno non poteva toccare.
Spargevo i semi di alberi, bulbi, tuberi.
E di nuovo, un’altra mattina che sembrava primavera. Non avevo mai realizzato quante potessero essercene: passavo l’intera giornata sentendomi speranzosa dopo aver trovato un banco di nebbia, falene, pozzanghere, che ingannavano la mente facendole pensare che la primavera sarebbe tornata a cantare in qualsiasi momento!
I venti novembrini arrivano per estirpare il debole dal forte, animali e piante allo stesso modo.
Il Jerseys ripulisce gli ultimi ciuffi d’erba non brucati, preparando il pascolo per l’anno a venire.
Il pavone abbandona l’albero e si appollaia nella stalla.
Gli allocchi barrati imitano le scimmiette.
Questo tempo.
Attraverso tutti i miei dinieghi, cercando modi per dire a me stessa che non era ancora inverno, in qualche maniera mi sono trovata pronta ad accogliere la stagione meglio di quanto abbia fatto in tanti anni.
Sono pronta a provare l’adrenalina del freddo.
Amo sentire il peso della stanchezza, quando camminando affondo nella neve.
Sono pronta a sedermi in una palla di vetro mentre nevica e a fare a maglia per ore sotto una lampada dorata, accanto al tè e al fuoco che crepita, mentre la teiera borbotta mentre bolle.
Mi sono consumata osservando ogni giorno scivolare nel gelo. La mia vigile attesa per i segni dell’autunno mi ha aiutata ad apprezzare ogni ultimo sorso: vedo il colore di un nettare che non proverò mai più nella vita.
Ora. Mi dimando cosa accadrebbe se negassi la primavera…
Friday, January 14, 2022 / Venerdì, 14 gennaio 2022
On the cover: Photo by Cocoparisienne – Pixabay / Foto di Cocoparisienne da Pixabay.