La Strage di Piazza Fontana resta uno dei tanti buchi neri della democrazia
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Bruno Vespa il 16 dicembre 1969 al telegiornale Rai affermava: «Pietro Valpreda è un colpevole. Uno dei responsabili della strage di Milano e degli attentati di Roma. La notizia, la conferma è arrivata un momento fa, qui, nella Questura di Roma».
Il collega usò i termini ‘colpevole’, ‘responsabile’ e il presente indicativo. Nessun dubbio. Giudice, giuria e boia. Anni dopo pare si scusò ma per gli italiani Pietro Valpreda, grazie alla stampa, divenne forse il primo ‘mostro’ della strategia della tensione.
Ma ritorniamo a quegli anni e, grazie al lavoro di raccolta e pubblicazione della Biblioteca Nazionale Braidense e della Mediateca Santa Teresa, ripercorriamo le copertine dei quotidiani di quel 1969 (http://www.braidense.it/file/Piazza%20Fontanapdf.pdf).
Se i primi giorni quasi tutti si concentrano sull’attentato, le vittime, i feriti e i funerali a Milano, già il 16 dicembre Il Giorno esce con quel clamoroso falso, mai smentito dalla verità giudiziaria (sebbene smentito dalla verità storica): “Anarchico si uccide in Questura buttandosi dalla finestra”. Nessun condizionale: la versione del suicidio è immediatamente accreditata. Giuseppe Pinelli non è nemmeno nominato nel titolo ma è immediatamente etichettato non come padre, marito, ferroviere, lavoratore, idealista bensì come ‘anarchico’. Del resto già il 15 dicembre, il Corriere della Sera titolava: “Ventisette estremisti trattenuti a San Vittore”, il sommario: “Appartengono in maggioranza ai gruppi anarchici collegati a gruppi internazionali”. E così gli italiani, facendo un semplice collegamento logico-sintattico, identificano gli ‘estremisti’ come ‘anarchici’ e viceversa.
Il 17 dicembre L’Unità pubblica titoli e sommari che cercano di far quadrare una visione politico-ideologica con il timore del Pci di vedersi, in qualche modo, coinvolto. Mentre il titolo centrale è “Un arresto per la strage” e il sommario: “Restano aperti molti interrogativi. Pietro Valpreda, che è stato denunciato dalla polizia per l’attentato di Milano, ha 37 anni ed è un ex ballerino noto alla polizia. Sarebbe stato riconosciuto da un tassista. L’accusato nega. Apparteneva a un circolo anarchico. Altri otto fermi”. Il sottospalla fa da contraltare. Se Valpreda è ‘noto’ non si sa perché alle forze dell’ordine (con quell’ambiguità che un giornalista serio non dovrebbe mai favorire bensì chiarire), a destra di Valpreda, compare il volto seminascosto dal battente della porta d’ingresso di Livia Pinelli, sotto il titolo rigorosamente in corsivo: “La PS non sa spiegare perché è morto Pinelli”, mentre l’occhiello recita con un linguaggio più adatto al futuro capolavoro di Fo che a un quotidiano: “Il volo dal quarto piano dell’anarchico milanese”.
«Ha fatto il Kamikaze per rovinarvi! Lui si butta! voi ingenui riferite i fatti così come sono avvenuti… alla stampa e alla televisione… e nessuno vi crede», scriverà il Premio Nobel per la Letteratura.
Non temete. Anche se questo articolo fa parte della categoria Per non dimenticare… non vi citeremo tutti i titoli dei quotidiani dell’epoca. Giusto un altro paio per ricordare come la stampa faccia sempre e solo informazione, non crei volontariamente divisioni o mostri, non sia mai asservita a questo o quel potere.
Il 16 dicembre La Notte si contraddistingue con “UN ANARCHICO” (ovviamente in maiuscolo, perché quella è la notizia) “si è ucciso e altri due sono a S. Vittore”. Nel sommario tutto al presente indicativo una ricostruzione che è diventata patrimonio di questa Italia che non accetta la responsabilità che se una persona è in stato di fermo, interrogata, in cella di detenzione in una stazione di polizia, in carcere o comunque in suo potere, la prima garanzia di uno Stato democratico è quella dell’integrità e incolumità della persona. Dopo Pinelli, pensiamo ad esempio ad altri due fatti altrettanto eclatanti (ma la lista completa sarebbe troppo lunga): Bolzaneto e Stefano Cucchi. Nel sommario alcune chicche come: “Al momento decisivo dell’interrogatorio si è buttato da una finestra al 4° piano nel cortile della Questura Centrale: erano le 23.50. Un’ora dopo è spirato all’ospedale. Gli altri due fermati sono pure anarchici”. Pare quasi che il giornalista fosse lì presente e possa testimoniare su quanto è successo. Ma non solo, il linguaggio vira dal poetico ‘spirato’ che attenua l’ignominia di un interrogato che muore mentre è affidato allo Stato di diritto, al ‘sono pure anarchici’ che suona come l’ennesima accusa a chi professa un’ideologia che va schiacciata perché, di fatto, pensare che gli esseri umani nascano liberi e tali debbano rimanere è il massimo affronto per qualsiasi forma di Stato.
Il Tempo, il 27 dicembre, chiude lapidario – giudice giuria e boia meglio di Bruno Vespa (che aveva la scusante della diretta) – con: “Presi gli assassini”. In Italia si è sempre colpevoli fino a prova contraria. E poi una foto di Valpreda titolata a caratteri cubitali: “Ecco l’assassino”.
A quel tempo, però, esistevano ancora intellettuali che si opponevano alla stampa di regime. Esisteva la contro-informazione – che non era bollata come fake news – e aveva firme importanti che la sostenevano e la riempivano di contenuti. Non a caso Il Borghese, il 15 febbraio 1970, pubblica una foto di Moravia e Pasolini. Nella didascalia: “I PROFESSIONISTI DELL’OMERTÀ: «No alla caccia alle streghe!»”. E tra parentesi: “Nella fotografia, Moravia e Pasolini, promotori di un comitato per la difesa degli estremisti anarchici e comunisti”. Altro contraltare di quegli anni fu indubbiamente Lotta Continua che, il 21 febbraio 1970, titolava: “Pinelli: suicidato va bene, ma da chi?” – domanda ironica ma puntuale. Alla quale nessuno ha ancora dato una risposta. Anche Vie Nuove pone dubbi concreti, già il 18 dicembre 1969. Come scrive con sguardo lucido e lungimirante Franco Gianola: “Questi attentati servono a quanti hanno interesse a creare la psicosi di paura che giustifichi la creazione di un governo forte o di un regime di tipo gollista o greco” (oggi, ma forse anche allora, sarebbe etichettato come ‘complottista’).
E chiudiamo con una perla del quotidiano del Psi, Avanti!, che a pochi giorni dalla strage scrive di Valpreda: “Non aveva alcuna ideologia, non leggeva, ce l’aveva con tutto e con tutti, odiava i partiti politici come tali ed era legato a un movimento, quello denominato 22 marzo, di ispirazione nazista e fascista […] qualunquista, violento, detestava le istituzioni democratiche”. Quante certezze. Non dubitiamo fossero tutte di ‘prima mano’.
Ci vollero 18 anni perché la prima sezione della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, confermasse, nel 1987, l’assoluzione per Pietro Valpreda. Nel frattempo anche Pinelli fu dichiarato innocente. Nessuna pena è stata scontata dai neofascisti di Ordine Nuovo giudicati colpevoli per la strage. Sui mandanti e l’avvio della strategia della tensione, resta solo la verità storica. Le vittime della strage di Piazza Fontana sono state 19. Oltre alle 17 morte a causa delle ferite, va ricordato Giuseppe Pinelli. La diciannovesima è la verità. L’hanno uccisa i depistaggi ma anche la disinformazione.
Venerdì, 24 dicembre 2021
In copertina: Uno dei titoli dell’epoca presenti su vari siti online.