Il teatro come ‘avventura colorata’ (Alberto Savinio)
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Una bella retrospettiva (gratuita e aperta al pubblico, presso Spazio Casa Luzzati, prorogata fino al 9 gennaio 2022) ci pone di fronte alla figura poliedrica e immaginifica di Lele Luzzati – l’artista che alla domanda su cosa fosse per lui la fantasia, rispose: “È pensare che una seggiola non sia una cosa su cui sedersi ma, se le metti un cappello, può diventare un uomo” (e Magritte, pensiamo noi, avrebbe approvato).
La prima sala dispiega immediatamente la sua fantasia coloristica con i costumi per Le Rossignol di Stravinskij (messo in scena dalla Lyric Opera di Chicago nel 1968). Vi spicca il corpetto per l’Uccello meccanico, in cui si nota anche quella accuratezza sartoriale e l’attenzione per i materiali che hanno sempre caratterizzato il lavoro di Luzzati – il quale sapeva sposare arte e artigianato. Pregevoli i bozzetti de L’italiana in Algeri di Rossini, messa in scena sempre dalla Lyric Opera di Chicago nel 1970 – personaggi a tutto tondo più che figurini per i costumi.
Nella sala successiva, tre cartoni animati. Il primo è La gazza ladra (1964), dove i disegni di Luzzati, animati da Giulio Gianini, dimostrano un’indubbia dose di ironia che fa da contrappunto alle musiche rossiniane – come nel capolavoro di Walt Disney, Fantasia (del 1946), ma con una maggiore artigianalità e una minore patinatezza. I corti documentano una tradizione cartoonistica italiana troppo spesso trascurata e che, al contrario, ci ha regalato gioielli come La rosa di Bagdad (di Anton Gino Domeneghini, del 1949, nel quale vi era curiosamente, tra i protagonisti, una gazza molto ladra) e La gabbianella e il gatto (diretto da Enzo D’Alò nel 1998). In loop anche L’italiana in Algeri (1969), sempre su musiche di Gioachino Rossini; e Pulcinella, favola realizzata ancora con la tecnica del découpage con, in sottofondo, l’ouverture di Un turco in Italia dell’amato Rossini (1973) – e con rimandi a La Linea di Osvaldo Cavandoli per il Carosello della Lagostina (a riprova di quella complicità tra artisti e linguaggi che, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, riuscì ad avere la meglio sulla bieca propaganda commerciale e sulla normalizzazione mainstream delle discipline artistiche – che avrebbero preso il sopravvento a breve).
Nella sala successiva i modellini tridimensionali de La donna serpente di Gozzi (allestita per lo Stabile di Genova nel 1979) e de Il flauto magico di Mozart (per il Festival di Glyndebourne del 1963), oltre alla tavola originale per il costume di Sarastro (tecnica mista e collage) per il film d’animazione Il flauto magico, realizzato sempre con Gianini – del 1978 – dove si nota la mano, padrona delle tecniche pittoriche, di Luzzati. Nella stessa sala anche alcune incisioni per il Candide di Voltaire (61×48, 1944) in cui un Luzzati appena ventitreenne – a Losanna a causa delle leggi razziali, essendo di origini ebraiche – già mostra quella fantasia irrefrenabile e poetica che caratterizzerà la sua successiva produzione artistica per il teatro.
Nell’ultima sala scopriamo il fascino di un modellino teatrale realizzato per scene e costumi di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi (per la Staatsoper di Vienna nel 1986). Ma anche i costumi per La carriera di un libertino di Igor Stravinskij, messo in scena al Teatro Regio di Torino nel 1972 – che dimostrano, una volta di più, l’incantesimo magico che Luzzati trasfondeva in personaggi insieme credibili eppure sublimati dalla sua fantasia nella quale conservava un tocco di fanciullezza. Tra i costumi e i modellini, spicca una frase quasi profetica (soprattutto dopo esserci abituati all’idea che esistano lavori essenziali e altri superflui), tratta da La grammatica della fantasia di Gianni Rodari: “Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticare. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo. Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione” (1973).
Una mostra adatta a ogni età perché, come insegnava sempre Rodari: “Bisogna che il bambino faccia provvista di ottimismo per sfidare la vita”.
La mostra continua:
Spazio Casa Luzzati
presso Palazzo Ducale
piazza Giacomo Matteotti, 9 – Genova
Sipari Incantati. Atto I
fino a domenica 9 gennaio 2022
orari: giovedì e venerdì, dalle ore 15.00 alle 19.00, sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle 19.00
(ingresso libero)
venerdì, 17 dicembre 2021
In copertina: Genova. Panorama invernale dal porto. Foto di Simona M. Frigerio (vietata la riproduzione)