Green Pass rafforzato? La retorica e i fatti da Matteo Salvini a Mario Draghi
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Non so voi, ma noi siamo abbastanza stanchi di consorterie e partigianerie. Invece di dividere gli italiani in buoni e cattivi, pro-vax e no-vax, pro-gp (che non è il gran premio di motociclismo…) o pro-gp 2 (la vendetta) e no-gp, magari ammettere che si è fatta una caterva di errori e si continua a farli per non accettare due semplici fatti? Primo, che i virus influenzali continuano a modificarsi e che un virus che può provocare il decesso degli over 70 o 80 o 90 non è pericoloso per la salvaguardia della specie, mentre le polveri sottili (7 milioni di morti l’anno) e l’Aids (uno e mezzo), che colpiscono anche e/o soprattutto bambini e giovani, potrebbero esserlo – ma al capitalismo e a Big Pharma, così come alla Cina (finalmente libera di impazzare con il controllo sulla cittadinanza – a fini sanitari, ovviamente), nulla interessa di simili quisquilie.
Secondo, che i cosiddetti esperti e i politici ogni pochi mesi cambiano idea. Il che sarebbe perfettamente lecito se parlassero di teorie che, confrontate coi fatti, si dimostrano fallaci. Al contrario, ogni volta propugnano verità fideistiche che poi si dimenticano con la medesima facilità con la quale rinchiudono in casa le popolazioni per non investire in sanità.
E allora proviamo a fermarci noi. Semplici esseri umani pensanti e a mettere a confronto la retorica mefitica del potere con i fatti. Magari, invece del nuovo nemico o della finta guerra da combattere, potremmo scoprire che agendo tutti responsabilmente e investendo in comunicazione positiva e sanità, la situazione potrebbe trovare una soluzione nella coesione invece che nella distanziazione sociale.
“L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, contagi, qualcuno muore”. Mario Draghi. Gli under 50 che hanno usato AstraZeneca e sono morti (o hanno avuto problemi gravi di salute) perché non era stato recepito, in Italia, l’alert del professor Greinacher: “che trovava gli anticorpi anti PF4 nei pazienti con trombosi associata a trombocitopenia – sviluppate a pochi giorni dalla vaccinazione con Astrazeneca – e li curava con le immunoglobuline”, mentre noi andavamo avanti a marce forzate con gli Open Day, possono obiettare?
“A distanza di mesi possiamo dire che questo è stato confermato: i vaccinati si infettano di rado, quando si infettano quasi mai si ammalano gravemente e altrettanto raramente trasmettono il virus ad altre persone”. Roberto Burioni su Medical Facts. Peccato che l’Istituto Superiore della Sanità nel Bollettino del 10 novembre (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_10-novembre-2021.pdf) attesti che gli italiani con ciclo completo di vaccinazione da meno di 6 mesi siano il 72.2% della popolazione; dall’8/10 al 7/11 coloro che hanno contratto il Covid (appartenenti ai summenzionati vaccinati da meno di 6 mesi) sono il 45,8% del totale, i malati ospedalizzati il 32,6%, i ricoverati in terapia intensiva il 26,6%, i deceduti il 38,7%. I fatti parlano da sé. E stiamo scrivendo dei vaccinati da meno (e non da più) di sei mesi. Mentre quelli che hanno ricevuto la terza dose (il cosiddetto booster) sono lo 0.5% della popolazione; coloro che si sono ammalati (tra questi ultimi) sono lo 0.3% del totale; lo 0.3% degli ospedalizzati appartengono sempre a questa categoria, così come lo 0.2% delle terapie intensive totali – per il periodo preso in esame (8/10-7/11). Ovviamente i numeri assoluti dei vaccinati con terza dose sono piccoli ma fanno riflettere.
Un altro dato da valutare è come mai il Regno Unito, senza restrizioni da mesi, e con 42.484 nuovi casi il 23 novembre (dopo mesi di tale trend di nuovi positivi ogni giorno) registri 928 casi critici e 165 morti; mentre la Germania, in pari data, con 54.268 nuovi casi (ma un trend in salita, rispetto ai positivi, da circa un mese) abbia già 3.845 casi critici e 343 morti in un solo giorno (dati Worldometers.info). I vaccinati nel primo e nel secondo Paese sono (secondo One World in data) ugualmente il 68% della popolazione totale, al 22 novembre. Ci sarebbe da chiedersi, quindi, come mai questa differenza nella gravità e nella mortalità della malattia. Astrazeneca funziona meglio? Dura più a lungo? Gli inglesi curano meglio? Intervengono prima? Invece di certezze, noi abbiamo dubbi.
All’estero non va meglio. Reuters, ad esempio, che dall’inizio della pandemia fa un’opera di analisi delle fake news, pubblicava la smentita che uno studio fatto in Vietnam dimostrasse che i sanitari che avevano contratto la variante Delta – pur vaccinati con AZ – non avevano una carica virale 251 volte più alta dei non vaccinati; bensì che l’avevano ma rispetto ai contagiati del marzo/aprile 2020 (e, quindi, sempre non vaccinati) che erano stati infettati dalla variante Alpha. Indirettamente, però (già il 26 agosto 2021), lo studio e l’articolo dimostravano che i vaccinati sono contagiosi. Ed è lecito presumere che, essendo troppo sicuri – vista la campagna martellante di scienziati e politici a favore del vaccino – di non ammalarsi o avere solo lievi sintomi, potrebbero non applicare alcuna misura preventiva per evitare di contagiarsi o contagiare – se ammalati.
Par condicio. Vi ricordate: “Vi difende la Lega, frontiere chiuse”? – Matteo Salvini docet.
Conclusioni o certezze?
Il vaccino non ha risolto la situazione – come prevedibile per un virus influenzale. È impensabile economicamente, logisticamente e a livello di sanità inoculare dosi in tempi sempre più brevi. Quasi il 60% del mondo non ha nemmeno ricevuto la prima dose di vaccino e si rischia di dare all’Africa un prodotto ormai inutile – se non dannoso in quanto la popolazione è molto giovane (sono le autorità sanitarie internazionali a ribadire che sotto i 29 anni il Covid ha una mortalità che non tocca lo 0%). Come per l’Aids e altre malattie virali, le cure sono la risposta e i comportamenti consapevoli. Starsene a casa se raffreddati, vaccinati o meno, è un semplice esempio.
Decidere, al contrario, di perseverare con logiche partigiane o nel voler avere per forza ragione per motivi vari – dai tornaconti economici all’impossibilità politica di ammettere di aver gestito male l’intera pandemia e dover trovare un capro espiatorio, fino al bisogno di sentirsi al sicuro perché la nostra società non sa più accettare la morte – potrebbe essere l’ultima decisione fallimentare.
Il tempo delle cure – antivirali, monoclonali – è alle porte. Nessuno, nel frattempo, ci impedisce di assumere medici, infermieri, aumentare i letti in ospedale o in terapia intensiva. Nessuno ci impedisce di fare come in Spagna, dove – dati alla mano – si continua a vivere tutti con ragionevolezza senza applicare GP1, 2 o ‘rafforzati’ (Italia cattiva madre di neologismi e sigle).
Ma con la perdita di coesione sociale o con l’accettazione della coercizione e del controllo dispotico come mezzo politico o, ancora, dei diktat di una società dei san(t)i potremmo doverci fare i conti a lungo e non è detto che quelle cicatrici non saranno più dolorose di quelle del Covid.
La politica è dialogo. Altrimenti è dittatura.
Venerdì, 26 novembre 2021
In copertina: Foto di Masakazu Kobayashi da Pixabay.