Come l’astensionismo alle elezioni sia parente delle polemiche sui social
di Simona Maria Frigerio (dati elezioni raccolti da Luciano Uggè)
Il partito numero 1 in Italia è, dopo le recenti amministrative, quello del rifiuto del processo democratico del voto. Se l’affluenza media al primo turno, nel 2016, si attestava al 62,14% e nel 2011 era al 67,42%, nel 2021 ci si ferma al 54,7% (con tutte le grandi città – esclusa Bologna – al di sotto del 50%). Al secondo turno, ovviamente, è andata peggio – con a un misero 43,94%.
Ma vediamo i dati di cinque città capoluogo tra le più significative:
Città | 1° turno 2016 | 2° turno 2016 | 1° turno 2021 | 2° turno 2021 |
Roma | 66,6% | 55,4% | 47,72% | 40,77% |
Torino | 60,4% | 48,5% | 48,1% | 42,1% |
Milano | 50,28% | 50,72% | 47,77% | // |
Napoli | 57,22% | 37,89% | 47,19% | // |
Trieste | 53% | 47,3% | 46% | 41,3% |
Infine, a Trieste, grazie o nonostante l’uso altamente ‘democratico’ degli idranti contro pacifici manifestanti, vince il centro-destra (della serie: il fascismo è solo quello che devasta una sede della Cgil?).
A questo punto ci si potrebbe chiedere cosa stia succedendo – ormai da anni.
Alcuni colleghi – evidentemente miopi – hanno giustificato tale rifiuto come fiducia cieca nel Governo Draghi e carta bianca al manovratore. Ovvero, avendo sposato l’idea di un sistema svincolato dal processo democratico – ossia di un perenne stato d’emergenza che permette a un rappresentante della grande finanza di gestire l’Italia come un’azienda (che, i favorevoli a questa ipotesi, vedono andare a gonfie vele) – la maggioranza avrebbe scelto di non votare in quanto i partiti politici sono solamente stampelle formali di uno Stato dittatoriale o – se preferite – efficientista. Del resto, Mario Draghi, già al meeting di Rimini del 18 agosto 2020 dichiarava: “Proprio perché oggi la politica economica è più pragmatica e i leader che la dirigono possono usare maggiore discrezionalità, occorre essere molto chiari sugli obiettivi che ci poniamo”. E non a caso, “Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) assegna un chiaro mandato alla BCE [che ha la competenza esclusiva di definire e condurre la politica monetaria, ovvero] il mantenimento della stabilità dei prezzi, oltre a una serie di altri compiti. Per l’assolvimento del mandato e dei compiti ad essa attribuiti, il Trattato accorda alla BCE piena indipendenza da ingerenze politiche”.
Tornando all’Italia, in un regime consolidato – da circa un decennio – di Governi tecnici (o ‘del Presidente’, anch’egli non eletto in quanto il nostro Paese è formalmente una Repubblica parlamentare), vedere l’intero schieramento politico (tranne Fratelli d’Italia e qualche minore) sedere – spalla a spalla – dalla stessa parte può corroborare l’idea che i partiti siano tutti uguali e non esistano reali distinguo o, peggio, alternative. In questo medesimo solco si può leggere il suicidio politico di Matteo Salvini – che non è più credibile a fianco di Giorgia Meloni alle urne, ma del PD in aula. E la disfatta del Movimento 5 Stelle che – indossata la giacca del trasformismo – potrebbe essere completamente egemonizzato dal PD (come accaduto a Rifondazione Comunista o alla Margherita che si dissolse, più che aderire – con gli allora DS – nel nuovo Partito Democratico). Ciliegina sulla torta, da alcuni mesi si ventila la costituzione di un partito unitario (forse la nuova ‘cosa di sinistra’, come l’avrebbe battezzata Pier Luigi Bersani), rendendo con ciò possibile quanto già fatto in passato dal PD (o DS), ossia l’azzeramento di qualsiasi forza più a sinistra del centro-destra pidiessino.
In questo clima il dialogo democratico, alla base di un’azione politica che voglia immaginare un presente e un futuro economico più equo e sostenibile, non appare più praticabile in quanto scavalcato, da una parte, da scelte di governabilità fini a se stesse; e, dall’altra, dalla fine delle ideologie che, a sinistra come a destra, non possono più identificarsi con frange residuali ma dovrebbero tornare a essere il motore delle scelte economiche e sociali perché la politica sia nuovamente qualcosa in cui credere e per cui battersi.
Se la politica si riduce al solo voto, al contrario, porta l’intero sistema democratico a scricchiolare pericolosamente. Chi oggi pensa di aver vinto, domani potrebbe ritrovarsi egemonizzato da ben altre forze – quelle della grande finanzia, in primis, e della Commissione Europea – i cui membri sono indipendenti dai governi nazionali che li hanno indicati e hanno, sebbene non eletti dai cittadini europei, il potere monopolistico dell’iniziativa legislativa. L’oligarchia si va definendo.
Cosa c’entrano i social?
E adesso seguiteci in uno dei nostri voli pindarici. Dove sarà finito tutto il fervore/livore degli italiani? Usi ormai alle tifoserie da stadio invece che al ragionamento dialettico, restii ad abbandonare dicotomie insanabili per aprirsi al dialogo, incapaci di apprezzare il senso del ridicolo (fin dall’inseguimento del runner sulla spiaggia e della conduttrice che insegnava a lavarsi le mani a una platea di adulti), tutti tesi a giudicare il comportamento altrui e incapaci di accettare chi devìi da una presunta verità inculcata, fideisti e delatori, dimentichi che la scienza non può esistere senza il dubbio (che genera nuove ricerche e successive teorie), questi italiani che non si appassionano più alla politica nemmeno quel tanto da rendersi conto che, astenendosi, fanno comunque vincere qualcuno dato che la nostra democrazia non prevede un quorum perché le elezioni siano definite democratiche, sfogano tutta la loro frustrazione nei social – spesso protetti dall’anonimato e sicuri di non dover mai rispondere di insulti e linciaggi mediatici.
L’ultima a farne le spese, la collega Barbara Palombelli, della quale si può non condividere le idee ma che, come qualsiasi altro cittadino italiano, ha tutto il diritto di esprimerle. La libertà di parola implica che le persone possano professare convincimenti di qualsiasi genere e, infatti, ciò che fa specie, ad esempio, nella Nota Vaticana a proposito del DDL Zan è la frase: “Al riguardo la Segreteria di Stato rileva che alcuni contenuti dell’iniziativa legislativa – particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi ‘fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere’ – avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”, in cui si rivendicherebbe il diritto a pratiche discriminatorie e non semplicemente il professare idee o convincimenti in tal senso.
Ma torniamo a Barbara Palombelli, messa a più riprese sotto accusa nei social per ciò che direbbe a difesa di alcuni maschi presenti a Forum. Ora, il programma di cui scriviamo (come molti altri) esiste grazie alla tendenza a polemizzare dell’italiano medio e a ridurre tutto a pro o contro (del tipo pro-vax/no-vax). Deve quindi essere sempre presente qualcuno che ricopra il ruolo del Bastian contrario perché si inneschi la diatriba. Altrimenti, come trasformare Un giorno in pretura in un’arena?
Dopo la cascata di polemiche di settembre, ecco nuovamente attaccare la Palombelli sui social da parte di gruppi di femministe. Ora, non volendo entrare nello specifico (un padre che vorrebbe far parte della vita di una figlia non riconosciuta – di fatto o di diritto non abbiamo compreso dal tono delle polemiche), la richiesta via social (che non ha, per fortuna, alcun valore) che l’Ordine dei Giornalisti prenda provvedimenti contro la collega che avrebbe posto alcuni dubbi anche sulle responsabilità della madre, ci pare davvero assurda e figlia di un clima da caccia alle streghe che ha sostituito il fervore politico con il livore mediatico.
A prescindere dal fatto che Palombelli, come ognuno/a di noi, ha il diritto di esprimere dubbi e idee anche divergenti dai nostri, se non dà false informazioni – sapendo che sono false – e non usa un linguaggio non continente, come giornalista oltre che come cottadino/a è libera di esprimere il proprio parere. Nello specifico caso, in cui c’entra un figlio o una figlia, le domande che le femministe dovrebbero porsi sono altre. Tipo, perché dare in pasto al pubblico (televisivo e dei social) un’esperienza indubbiamente dolorosa? Conta davvero cosa pensi la donna/madre o l’uomo/padre e non cosa voglia/pensi il figlio o la figlia? Essere rifiutati da un genitore può essere un’esperienza difficile da elaborare. Sapere che il genitore ha finalmente accettato una nascita, la nostra (non voluta per una e mille ragioni, che non discutiamo né vogliamo sapere), può essere al contrario un’esperienza positiva, che rafforza la nostra autostima – e questa dovrebbe essere la priorità. Ma soprattutto non contano ripicche e rivalse, bensì ciò che desidera o meno il figlio o la figlia.
E però, in questo clima da #MeToo bisogna prendere la parte della donna ‘eterna vittima di un sopruso’ – sempre e comunque. Mai porsi il dubbio che non tutte le donne sono vittime e, comunque, come non finiremo mai di ripetere, porsi in condizione di minorità è pericoloso proprio per il processo di autonomia femminile.
Anni fa Herbert Marcuse propugnava l’immaginazione al potere. Oggi mi pare finalmente di aver compreso quella frase. Quando smettiamo di immaginare che un altro mondo è ancora possibile, smettiamo di lottare politicamente per crearlo, e non ci resta che una sorda disperazione. La quale – cosa che il filosofo non avrebbe mai immaginato – può essere sfogata unicamente con il bullismo sui social.
Venerdì, 5 novembre 2021
In copertina: Foto di Ijmaki da Pixabay.