Il commento alla bocciatura del ddl Zan del Presidente del CIG Arcigay Milano
La rotta percorsa dal ddl Zan, e l’approdo nelle melmose e pretestuose acque della partitica italiana, ma anche nell’attonita e silenziosa incapacità generale di esprimere una sensibilità ed esercitare una consapevolezza, ha portato all’affossamento di una legge che contiene principi di democrazia elementare.
Abbiamo chiesto a Fabio Pellegatta, presidente del C.I.G. (Centro di Iniziativa Gay) Arcigay di Milano, di parlarci di questo disegno di legge, per capire la portata di uno smacco che colpisce i valori culturali e civili di tutta la collettività.
Oltre il ddl Zan
di Fabio Pellegatta, Presidente CIG Arcigay Milano
Il ddl Zan, ovvero “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” si inserisce all’interno di norme giuridiche tese a tutelare e proteggere gruppi di persone che per varie ragioni risultano più vulnerabili nel poter esplicare appieno la propria vita in un determinato contesto sociale.
Una società non si misura solamente dalla tipologia e dalla quantità dei diritti che riconosce, ma anche dalla possibilità che possano essere esplicati. Se gruppi di persone, per ragioni discriminatorie, rimangono ʻescluse’ dalla possibilità di usufruirne, allora un ’vulnus’ di democraticità si inserisce in un contesto sociale.
Per questo, il problema della discriminazione come fattore ʻescludente’ è stato analizzato e contrastato da tutti gli impianti giuridici che hanno avuto a cuore la crescita sociale di una ’civiltà’.
Per questo l’articolo 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 recita: «Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione».
Per questo il Parlamento Europeo ha più volte esortato i Paesi membri a legiferare in modo che si annullassero discriminazioni nei vari Paesi (Risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007 sull’omofobia in Europa, art. 8).
Da questi presupposti sono nate alcune disposizioni di legge come quella contenuta nella Legge Mancino (legge 25 giugno 1993 n. 205) tese a tutelare in maniera legislativa alcuni gruppi di persone sanzionando e condannando frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi raziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l’utilizzo di emblemi o simboli. Questa legge è oggi il principale strumento legislativo che l’ordinamento italiano offre per la repressione dei crimini d’odio e dell’incitamento all’odio.
Il ddl Zan si inserisce in questa volontà allargando la tutela anche a persone che subiscono discriminazione o atti di violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.
La proposta contenuta nel testo di Zan fa seguito ad altri disegni di legge che negli anni sono stati scritti e presentati affinché avessero un percorso legislativo (Grillini, Boldrini, Scalfarotto, Bartolozzi), e che hanno avuto un destino nefasto in tempi più rapidi rispetto al ddl Zan arrivato in Senato.
Il testo, composto da 10 articoli, modifica il Codice penale creando nuove fattispecie di reato e aggravanti (articoli 1-6) semplicemente inserendo nei reati e nelle aggravanti previsti dalla Legge Mancino e definiti nel Codice penale dagli articoli 604-bis e 604-ter le dizioni “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“. Negli altri articoli (7-10) si prevedono azioni culturali tese a ridurre i fenomeni discriminatori: l’istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, stabilendo norme e interventi per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni attraverso una strategia nazionale triennale, e la creazione di nuovi centri di tutela delle vittime.
Quindi di fatto il ddl Zan allarga anche alle persone LGBTQ la tutela e le norme giuridiche e penali già previste dalla Legge Mancino per altre categorie sociali, mentre negli ultimi articoli stabilisce norme per contrastare culturalmente questi atteggiamenti discriminatori.
Il fatto di sanzionare e condannare frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi raziali, etnici, religiosi o nazionali, e nel ddl Zan anche per motivazioni fondate “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“ non implicano o limitano la libertà di pensiero o di espressione (del resto tutelata dalla Costituzione dall’articolo 21), ma solo sanciscono frasi, gesti, azioni e slogan che comportano un incitamento all’odio e alla violenza. Dizione questa specificata dall’articolo 4 del ddl, chiamato appunto clausola di salvaguardia che precisa: “Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
Quindi la libera espressione, il libero pensiero non è minimamente intaccato, e non potrebbe essere minato semplicemente in base all’articolo 21 della Costituzione. Quello che non può essere fatto è ogni azione che comporti atti discriminatori e violenti. All’atto pratico poi, l’articolo 4 del ddl, attraverso la clausola di salvaguardia, dà al giudice il compito di valutare se quella frase, gesto, slogan o altro, comporti un reale incitamento all’odio e alla violenza. È una discrezionalità che apre spazi interpretativi da parte del giudice sull’applicabilità delle norme contenute.
Quindi forse, se una critica deve essere fatta, è che il ddl potrebbe non essere in grado di punire appieno questi atti di violenza.
Un secondo punto, sollevato da alcune forze politiche è che non serve allargare la legge Mancino alle persone LGBTQ in quanto, secondo tale punto di vista, non sono socialmente discriminate, non subiscono violenza omo-bi-transfobica e via dicendo. Su questo lascio a ognuno/a il compito di esprimere un parere. Personalmente non ho mai visto nessuno aggredito o ucciso in quanto eterosessuale, ma ne ho visti molti in quanto omosessuali, bisessuali, trans gender e transessuali.
Altra critica sollevata è l’azione culturale prevista anche nelle scuole atta a costruire una cultura del rispetto e alla tutela. L’accusa è che dietro questa motivazione si portino nelle scuole teorie ʻparticolari’ come quella appellata ʻteoria del gender’ (che di fatto è un’invenzione degli oppositori del ddl e non dell’universo LGBT). Forse il ddl avrebbe dovuto prevedere un’azione culturale nel Parlamento e nel Senato visto che gli Studi di Genere fanno parte del patrimonio scientifico del sistema universitario internazionale in ambito sociologico. Stiamo quindi parlando di scienza, non di opinioni.
Ultimo, ma non ultimo per importanza, l’utilità di inserire il termine di identità di genere nel testo in luogo di altre dizioni in cui si declina la stessa identità di genere. La discussione su questa problematicità rimane aperta anche nell’ambito LGBTQ e non rappresenta un presupposto fondante in un ddl che primariamente vuole ostacolare atti di violenza omo-bi-transfobica che tutto il movimento LGBTQ vuole contrastare.
In conclusione il ddl non toglieva niente a nessuno, cercava di proteggere e tutelare gruppi di persone più vulnerabili, forse non possedeva neanche tutte le prerogative per tutelarle appieno, ma sicuramente possedeva un valore importante: l’azione culturale a livello sociale che una legge porta sempre con sé. Avrebbe sensibilizzato comunque le persone a porre più attenzione ad azioni, gesti e parole perché possono fare male a chi le riceve. Avrebbe fatto crescere la cultura del rispetto nel nostro Paese e con essa i livelli di civiltà.
Tutto questo lo abbiamo perso, e altre strategie dovranno essere intraprese per fare crescere la coscienza sociale, in un’ottica di incremento dei livelli di rispetto e di tutela dei suoi cittadini e cittadine.
Il testo integrale del Ddl Zan può essere scaricato in PDF all’indirizzo:
https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/356433.pdf
Sabato, 20 ottobre 2021 – Pubblicazione straordinaria
In copertina: Foto di Sara Rampazzo da Unsplash.