L’assurdo della vita in salsa street dance
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Nel 2019 viene smantellato il centro per la creazione artistica contemporanea, Citerne Beirut, a causa del mancato finanziamento pubblico della struttura – nata solamente due anni prima. La crisi economica esacerbata dalla pandemia, le tensioni sociali irrisolte, e poi l’esplosione presso il porto della capitale libanese, avvenuta il 4 agosto 2020 e che ha ucciso oltre 200 persone e ne ha ferite circa 7 mila, costringono il danzatore e coreografo Omar Rajeh a interrogarsi sul dolore, attraverso una serie di linguaggi – la narrazione, la street dance, la video-danza e la video-arte.
Il risultato, però, non pare all’altezza di tali premesse. Soprattutto a livello video si notano imprecisioni e una scelta delle riprese che lascia dubbiosi: perché concentrarsi sui piedi di un danzatore se è l’intero corpo a esprimersi in quel momento e non vogliamo sottolineare alcun virtuosismo? Perché primi piani non particolarmente espressivi quando il resto del corpo continua a essere impegnato in una serie di movimenti che potrebbero voler comunicare con lo spettatore, ma che non vediamo? Chi fa le riprese vuole dimostrare un’autonomia artistica laddove la sua abilità dovrebbe essere documentaria. A parte qualche ripresa in controluce in cui il corpo del danzatore si staglia nettamente, non si nota alcuna originalità. Così come le riprese aeree non trovano rispondenza nelle geometrie che dovrebbero ricreare i danzatori in video. I quali, al contrario, paiono abbastanza appiattiti su movimenti di street dance non particolarmente espressivi.
A parte il grido di dolore del danzatore dal vivo, lo stesso Omar Rajeh, non ci sembra di aver ravvisato alcuna consequenzialità tra le premesse e il risultato sulla scena.
Resta l’amaro in bocca di rendersi conto, ancora una volta, di come linguaggi e media diametralmente differenti siano sottovalutati nella loro specificità. Del dolore di Beirut e delle ragioni di tale dolore, all’uscita da teatro, non ne sappiamo di più di quando vi siamo entrati.
Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito di Fabbrica Europa:
giovedì 14 ottobre 2021, ore 21.00
Teatro Cantiere Florida
via Pisana, 111/R – Firenze
The Odor of Elephants after the Rain
concept e coreografia Omar Rajeh
regia Selim Mourad
direttore della fotografia Talal Khoury
editor Sandra Fatte
composizione musica (film) Charbel Haber
composizione musica (palco) Joss Turnbull
sound design Rana Ei
danzatori Mia Habis, Charlie Prince e Omar Rajeh
speaker Rana Khoury
produzione esecutiva Tarte aux Poires / Ricky Dakouny, Michael Hanna
colorist Chrystel Elias
assistente editor Dikranouhi Kurkjian
operatore seconda camera Anthony Faye
sound artist Marita Sbeih Foley
recording Patrick Chakar Foley
re-recording mixer Lama Sawaya
assistente camera Luna Abi Raad
operatore drone Kameel Rayyes
on-set sound Patrick Chakar
assistente di produzione Adel Serhal
post produzione Lucid
produzione Maqamat e Omar Rajeh
film commissionato e coprodotto da Edinburgh International Festival con il finanziamento di British Council
coprodotto da CND Centre national de la danse à Lyon
venerdì, 29 ottobre 2021
In copertina: Omar Rajeh in The Odor of Elephants after the Rain. Foto di Romain Tissot (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa di Fabbrica Europa)