Dal Barocco a Freud, passando per Botero
di Simona Maria Frigerio
In un’epoca in cui pare che pittura e scultura siano ormai surclassato dalle installazioni, il 3D e la performance art, capita di scoprire che il 5 ottobre 2018, a Londra, Sotheby’s batte il quadro Propped, di Jenny Saville, per 12,4 milioni di dollari e la pittrice britannica diventa l’artista donna vivente più cara al mondo (target confermato anche nel 2020).
Firenze decide, terminato il lockdown della cultura, di disseminare luoghi istituzionali di prestigio con quadri e disegni di Saville, in dialogo con opere prevalentemente rinascimentali, possedute da una tra le città-museo più ricche al mondo – ospitando, però, il grosso della mostra presso il Museo del Novecento.
E da qui partiamo, consigliando al lettore di iniziare la visita dal primo piano, dove sono esposti schizzi, disegni, e un’opera capitale per l’artista come Exodus (carboncino e pastello su carta, 2020/21). L’ammasso di forme/corpi e i colori cupi, tipici di Saville, ivi cedono il posto a un fermo-immagine o primo piano, sovrapposto come un intaglio o una macro, che focalizza il discorso delle migrazioni sul singolo. Troppo facile per l’Occidente sfuggire ai propri obblighi azzerando le storie individuali nel marasma di termini sterilizzati, plurali e indefiniti, come immigrati irregolari, extracomunitari o rifugiati, richiedenti asilo, sfollati: ogni bambino – siriano o palestinese – come quello di questa immagine ha la sua storia specifica, dietro a un volto, anch’esso unico. Nello stesso scorcio di sala alcuni studi per una Pietà rigorosamente al femminile.
Proseguendo, è interessante soffermarsi su La favorita (grafite e pastello su carta per pittura a olio, 2020/2021) che si rifà a una serie di stilemi di donne ‘più o meno in vendita’, da La Grande Odalisque di Jean-Auguste-Dominique Ingres all’Olympia di Manet. Ivi, però, l’espressione non è né di orgoglio né di sfida, bensì di sofferenza. L’opulenza del corpo (à la Botero) si accartoccia in una deformità che travalica Francis Bacon e la sensazione che l’opera suscita non è detto che sia compassione, invece di ribrezzo. Anche nei quadri di fronte a La Favorita (i tre studi di Couples, in differenti tecniche) si nota un indugiare su una carne sfatta, su intimità mostrate quasi con piglio voyeuristico, dove si intravedono i rimandi sia a Egon Schiele sia a Francis Bacon e però mancano il tratto nervoso e pungente del primo e il grido lacerante di dolore del secondo.
E ancora, Rosetta III (olio su carta montata su tavola, 2005/2008), nella trattazione del volto della sua modella non vedente, Saville si concentra sulla vacuità degli occhi, appannati. La scelta dei colori che virano al grigio/blu, di ascendenza espressionista ben si intona con un’espressione di dolore che, però, non è dato sapere perché debba partenere proprio a una non vedente.
Anche in Study for Circe (olio, pastello a olio, carboncino e pastello su cartoncino, 2019/2021) e Gestation (pastello e carboncino su carta montata su cartone telato, 2017) si notano le deformazioni e la violenza inflitta sui corpi, nel primo ancor più evidenziate dalla scelta di un materiale ruvido e deformante (dei tratti e dei colori) come il cartoncino. Persino la gestazione pare azione sofferta. Questa Pomona non è fiera del suo corpo arrotondato dalla maternità ma pare dolersene indicibilmente (come sottolineano i tratti neri deturpanti gli occhi e il volto, che rimandano a Basquiat). Non vi è una rivendicazione vitalistica del corpo nudo della donna incinta, con la sua bella pancia (esibita, ad esempio, anni fa da una Demi Moore su una celebre copertina per affermare la bellezza della gravidanza e del corpo femminile gravido), bensì la restituzione di un peso, di un fardello, di una condizione subita – da ‘eterne vittime di un sopruso’? E ancora, in esposizione, molte pose à la Schiele senza quella dose di amore che il maestro austriaco evidentemente provava verso la sua modella, Wally Neuzil.
Altri stilemi tipici: il gusto di sollecitare il voyeurismo del visitatore, che si ritrova in Claire (matita su carta, 2003/2004); e il rosso à la Rembrandt (o alla Scipione) negli studi di Red Muse (due a matita e pastello su carta, e il maggiore a pastello e carboncino su carta, 2012/2015). Niente di nuovo.
Rimandi, quindi, molti. Ma l’unicità di Saville? Fermiamoci qui. Concediamoci una pausa e passiamo la penna al collega Luciano Uggè che chiuderà la visita alla mostra su https://artegrafica.persinsala.it/jenny-saville-seconda-parte/12897, cercando di dare una risposta a tale domanda.
La mostra continua:
Museo del Novecento
piazza Santa Maria Novella, 10 – Firenze
fino a domenica 20 febbraio 2022
orari: da lunedì a domenica, dalle ore 11.00 alle 19.00, tranne il giovedì, dalle ore 11.00 alle 14.00
Jenny Saville
progetto espositivo ideato e curato da Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento
in collaborazione con il Museo di Palazzo Vecchio, il Museo dell’Opera del Duomo, il Museo degli Innocenti e il Museo di Casa Buonarroti
mostra promossa dal Comune di Firenze
organizzata da MUS.E
sostenuta da Gagosian
Venerdì, 22 ottobre 2021
In copertina: Installation View, Museo del Novecento, Mostra di Jenny Saville. ©photo Ela Bialkowska OKNOstudio (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione totale o parziale)