Da Evita Perón a Beata Szydło, passando per Margaret Thatcher
di Simona Maria Frigerio
Quando una donna diventa primo ministro o presidente questo comporta un miglioramento dello status socio-economico delle altre donne? Oppure le aspettative non sempre corrispondono agli esiti e accade ciò che successe con Obama, primo Presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti, il cui motto Yes, we can non si è tradotto, nei fatti, nel proteggere le fasce più povere della popolazione dalla crisi dei subprime, bensì nel salvare banche e finanziarie con fondi pubblici – ossia tasse di quegli stessi cittadini (anche afroamericani) che, nel frattempo, perdevano casa e/o lavoro?
Anche sulle donne al potere esistono diverse linee di pensiero – dato che quando la politica si affranca dalla retorica, i movimenti sociali e gli ideali in gioco si moltiplicano. Una parte del movimento femminista rivendica un pensiero (e, di conseguenza, un’azione) differente dato che esisterebbe un’intrinseca differenza tra maschile e femminile. Un’altra parte del movimento, al contrario, si batte per un’uguaglianza che non riconosce una specificità al femminile o al maschile ma rivendica che donne e uomini possono e devono fare le stesse cose – e non solamente possedere i medesimi diritti. In parole povere, mentre chi rivendica il pensiero della differenza vorrebbe che le donne al potere portassero avanti un pensiero basato sull’inclusione, la pace, tempi e ritmi – anche lavorativi – più umani, la cura condivisa (dei figli, degli anziani, dei malati), un’alternativa allo sfruttamento che nasca da una matrice ideologica del rispetto: in breve, un sistema socio-economico dove prevalga la qualità sulla quantità; molte donne non credono che tale specificità di pensiero in base al genere esista. Se le marxiane affermano che, superato lo sfruttamento capitalistico dell’uomo sull’uomo, si supererà anche quello del maschio sulla femmina; molte altre pensano che l’affermazione di genere passi dal ricoprire i medesimi ruoli socio-economici portando avanti gli stessi valori dei maschi, se e in quanto condivisi: diventare generale e bombardare un Paese inerme, oppure dirigere una fabbrica passando sopra i diritti dei lavoratori e, magari, evitando di assumere altre donne perché potrebbero restare incinte, apparterrebbe, in questo caso, alle aspirazioni di maschi e femmine (o di alcuni di loro) in egual misura. E laddove si noti questa similarità negli obiettivi e nei mezzi per ottenerli (pensiamo, ad esempio, alla ‘lady di ferro’, Margaret Thatcher, tra guerra delle Malvine, pugno duro con i membri dell’Ira ma anche con i minatori e, d’altro canto, vicinanza con Pinochet e le politiche neo-liberiste di Reagan), il movimento che propugna il pensiero della differenza spiega tali comportamenti come una accettazione di una visione maschile, da parte della donna al potere, per ottenere lo stesso. Il che non dovrebbe, però, essere né una giustificazione né una spiegazione in quanto la cosiddetta differenza, a questo punto, non può più essere provata.
Dall’Argentina alla Polonia passando per Israele
In un interessante articolo (https://www.corriere.it/reportages/esteri/2016/donne-leader/), il Corriere della Sera segnalava che, nel mondo, tra gli anni Sessanta del Novecento e il 2016, 79 donne erano giunte al potere. Visto il numero di anni coperti dalla ricerca e il numero dei Paesi esistenti, non si può certo dire che la ‘metà del cielo’ sia granché rappresentativa e se, leggendo le biografie, si aggiunge il dato che molte tra queste politiche hanno ricoperto l’incarico per un breve periodo (un anno o anche meno) e in Stati ai ‘confini dell’Impero’, le donne che hanno davvero contato sullo scacchiere mondiale si riducono a una manciata. E allora, spulciando qua e là nella storia, poniamoci qualche dubbio su chi rappresenti cosa.
Partiamo da due donne argentine decisamente in controtendenza nei confronti dei loro tempi e di un continente, quello latinoamericano, che ha fama di machismo. Eva Duarte de Perón, sebbene non sia mai stata a capo del Governo, non solamente si è battuta perché l’uguaglianza civile e politica delle donne fosse riconosciuta per legge ma nel 1947, quando in Italia le donne avevano appena conquistato il diritto di voto (esercitato, localmente, per le amministrative di marzo e, poi, per il referendum costituzionale del 2 giugno ʻ46, in cui forse si prevedeva una vittoria monarchica se le donne, giudicate più conservatrici, avessero votato), visitò l’Europa su mandato presidenziale come ‘ambasciatrice’ di Perón e dell’Argentina. Nel ʻ51, poi, sarebbe stata candidata alla vicepresidenza se il cancro non le avesse impedito di proseguire l’impegno politico e non l’avesse condotta alla morte l’anno dopo. Fece, comunque, in tempo nel ʻ48 a dare vita alla Fondazione Eva Perón – che si occupava di diritto all’educazione, problematiche sociali e sanità pubblica – e della stesura del Decálogo de la Ancianidad. Cristina Fernández de Kirchner, due volte Presidente e oggi vicepresidente dell’Argentina è riuscita a conquistare il matrimonio igualitario, che parifica le unioni tra persone dello stesso sesso e di sesso diverso – sconfiggendo la feroce opposizione di Jorge Mario Bergoglio, poi eletto Papa col nome di Francesco; e, in seguito (sebbene per anni sia stata contraria), ha sostenuto il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, conquistato grazie e soprattutto all’impegno del Presidente Alberto Fernandez (un maschio, quindi), che ha portato l’Argentina a essere il quarto Paese latinoamericano ad avere ottenuto tale diritto – dopo Cuba, Uruguay e Guyana.
Questo proverebbe l’esistenza di un pensiero della differenza? O che alcune donne (ma anche uomini, come il succitato Fernandez) possono fare la differenza?
Golda (Mabovič) Meir, primo e unico Premier donna in Israele, come la lady di ferro britannica, Margaret Thatcher, fu sempre intransigente con coloro che denominava ‘terroristi’ – nel suo caso, i palestinesi. Così non volle aprire alcun dialogo con Settembre Nero – responsabile della presa degli ostaggi ai Giochi olimpici di Monaco di Baviera del 1972. L’improvvido intervento della polizia tedesca causò la morte di 11 atleti israeliani, 5 terroristi e un poliziotto. Ma la Meir, come il governo italiano ai tempi di Moro, non volle negoziare il rilascio dei militanti palestinesi in cambio degli atleti presi in ostaggio. E quando si trattò di mandare il Mossad a uccidere (senza nemmeno un processo) chiunque fosse ritenuto colpevole del suddetto massacro non ebbe esitazioni o scrupoli, dando il via all’operazione denominata Ira o Collera di Dio (un dio femmina, tanto vendicativo quanto quello maschio, biblico e altrettanto al di fuori delle leggi umane).
Donne che odiano le donne
Sicuramente si può anche andare oltre e potremmo posizionare Beata Szydło, Primo Ministro della Polonia dal 2017 al 2019 e, fin dal 2015, in prima linea nel criminalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza – con l’incarcerazione fino a 5 anni – come un buon esempio in tal senso. Il suo partito, Diritto e Giustizia, di cui è tra i leader indiscussi, tra le prime misure prese dopo essere arrivato al potere vanta la cancellazione dei sussidi alle donne che vogliano – o debbano – accedere alla fecondazione in vitro. Avversi entrambi alla cosiddetta ‘ideologia gender’ (con semplificazioni concettuali che rimandano da vicino alla dicotomia vax/no vax), sono allineati con le posizioni più retrive della Chiesa Cattolica, minacciando da anni di voler ritirare la propria sottoscrizione dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa. Non è, quindi, solamente il Presidente turco Erdoğan (che, almeno, per chi creda nel pensiero differente, è maschio) a pensare che un trattato internazionale sulla “prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” sia un attacco ai sacri valori familiari e ai ruoli ‘tradizionali’ di uomo e donna. Beata Szydlo e il suo partito sembrano incarnare perfettamente quell’ideologia clerico-fascista che non si discosta molto dai governi teocratici islamici in quanto a oppressione delle donne.
Piccolo dettaglio in chiusura: tutte queste donne sono note col cognome del marito – o, nel caso di Golda Meir, con un cognome imposto, comunque, da un maschio – come la stessa Angela Merkel, nata Kasner.
Venerdì, 1° ottobre 2021
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay.