Lucia Mazzilli
C’È PUZZA DI FESTA
Feste e rituali strani ne esistono tanti in ogni parte del mondo, a volte fanno sorridere, spesso fanno pensare. In India, precisamente nel villaggio Gummatapura, al confine con gli Stati di Karnataka e Tamil Nadu, da tempo immemorabile, una strana festa chiamata Gorehabba prevede una battaglia di letame di mucca tra i partecipanti.
C’è subito da dire che, in India, la vacca è sacra e il suo letame altrettanto, in particolare la Gorehabba è una festa per celebrare la divinità Beereshwara Swamy, nata appunto, nella credenza locale, dal letame. La festa prevede tre fasi: la raccolta della cacca (i partecipanti si recano dai proprietari di mucche e caricano il letame su carri); la benedizione (lo sterco, dopo essere stato adornato con fiori e orpelli, viene portato in un santuario per la benedizione dei sacerdoti); la battaglia vera e propria. Il letame viene scaricato in un luogo prescelto e qui i partecipanti, divertendosi come matti, si tuffano nella montagna di cacca e realizzano ‘proiettili’ di varie dimensioni da lanciare contro i compagni di avventura. E non è solo qualcosa di ilare e ricreativo, nella credenza induista, lo sterco di vacca assicura salute e prosperità. Quindi, tutti felici.
UNA TERAPIA ALTERNATIVA
E poi scandalo! La notizia è arrivata nello scorso maggio dall’India: la terapia alternativa conto il Covid è cospargersi di sterco e di urina di vacca: il bagno negli escrementi dell’animale sacro alzerebbe, secondo la medicina tradizionale indù, le difese immunitarie garantendo una protezione superiore al virus. La fede fa il resto. Chi è forte di stomaco può vedere il video:
Naturalmente scienziati di tutto il mondo, anche indiani, si sono prodigati a sottolineare quanto fosse falsa e primitiva questa credenza e quanto fossero incivili gli indiani che la praticavano. Nel dettaglio, l’usanza, incoraggiata dal Shree Swaminarayan Gurukl Vishwavidya Pratishthanam, una scuola di monaci indù dello Stato del Gujarat, prevede di cospargersi di letame e di urina di vacca, di lasciarli seccare sulla pelle praticando yoga e abbracciando l’animale sacro e di lavarli poi con latte di mucca. Non ci sono prove scientifiche sui reali benefici di questa terapia derivata dalla tradizione ayurvedica (e anche dalla medicina cinese), ma nello stato del Gujarat si è deciso di testarla a livello scientifico con un medicinale a base di cinque prodotti provenienti dai bovini – latte, burro, burro chiarificato, sterco e urina. Si sa, però, che la medicina ayurvedica fa da tempo uso di sterco e urina di mucca attribuendo a queste sostanze proprietà antibatteriche e antisettiche e che il bere al mattino a digiuno urina filtrata di mucca è considerato un elisir di lunga vita. Si sa anche che, qui da noi, quando siamo sufficientemente alternativi e benestanti consideriamo una soluzione illuminata rivolgersi alla medicina ayurvedica o ad altre opzioni provenienti da culture diverse.
UN CHIP DI CACCA PER I NOSTRI CELLULARI
In India la passione per gli escrementi di mucca abbraccia anche l’universo cosmesi e, di recente, anche quello tecnologico: è stato infatti realizzato un chip antiradiazioni da inserire negli smartphone nella convinzione che l’escremento bovino abbia la capacità di contrastare e ridurre le radiazioni emesse dai telefoni cellulari. Si presenta come una piccola tavoletta marrone e va inserito vicino alla batteria: un mattoncino di cacca per la nostra salute. Come ha sottolineato Vallabhbhai Kathiria, presidente del Rashtriya Kamdhenu Aayog (l’Agenzia Nazionale della Vacca, un organo che fa capo al ministero della pesca e dell’allevamento): «Questo è un chip che può essere utilizzato nei telefoni cellulari per ridurre le radiazioni: le persone saranno salvaguardate dalle malattie». È prodotto dalla società Shrijee Gaushala di Rajkot, con sede a Shrijee Gaushala.
Anche in questo caso, riscontri scientifici non ce ne sono, come, spesso, non ce ne sono per i prodotti analoghi commercializzati in occidente. Se cerchiamo un dispositivo per cellulari che riduca gli effetti negativi delle onde elettromagnetiche, ci troviamo di fronte a una serie infinita di prodotti. In rete è possibile documentarsi sufficientemente per orientarsi nella scelta. L’Istituto Superiore di Sanità inoltre precisa: “Sono stati messi in commercio molti dispositivi che pretendono di ridurre le esposizioni dovute ai telefoni cellulari. Le prove effettuate hanno mostrato che in genere questi non funzionano come reclamizzato. Le cosiddette ʻschermature’ in genere interferiscono con il corretto funzionamento del telefono, costringendolo ad aumentare la potenza, con un conseguente aumento – anziché una riduzione – dell’esposizione”.
Meglio il mattoncino di sterco?
DIS-GUSTO SPAZIO-TEMPORALE
La Visha Hindu Parishad (VHP), un’organizzazione non governativa nazionalista indù, qualche anno fa ha messo in commercio una bibita, la Gaul Jal (ossia ʻacqua di vacca’), a base di urina di vacca che, nelle aspettative più ambiziose, avrebbe dovuto competere con altre bibite note a livello mondiale. La bevanda, veniva assicurato, aveva anche importanti proprietà curative.
Da noi, invece, si beve la Red Bull, e il mitico ʻtoro rosso’ è diventato un must per molti, nonostante sia stato evidenziato da più parti che un consumo eccessivo crea importanti danni alla salute. Oltre alla caffeina, contiene taurina, e una bufala che ripetutamente attraversa la rete è che questa taurina proverrebbe dal liquido seminale dei tori: sperma di toro per essere più forti e potenti. In realtà, la stessa azienda, nell’elenco degli ingredienti, specifica che la taurina contenuta nella bevanda è sintetizzata in laboratorio.
Un paio di anni fa circa, si decantavano anche le qualità di particolari tipi di caffè, i cui chicchi vengono dati in pasto ad alcuni animali, fermentano durante la digestione, sono raccolti dalle feci, fatti essiccare e tostare. Per fare due esempi, il Black Ivory Coffee thailandese e l’indonesiano Kopi Luwak. Per il primo, il mal capitato animale che deve ingerire dosi massicce di caffè arabico è l’elefante: dopo il passaggio nel suo stomaco e nel suo intestino il caffè è meno amaro e acquisisce “profumo di cacao, spezie e tabacco con retrogusto di ciliegia sciroppata”. Questo tipo di caffè costa circa 900 euro al chilo. L’indonesiano Kopi Luwak si avvale, invece, del contributo dello zibetto; il procedimento è lo stesso; il costo è di circa 700 euro al chilo.
E che dire del Indlovu, il gin a base di sterco di elefante creato dalla coppia sudafricana Les e Paula Ansley? Per circa quattromila bottiglie di gin sono necessari cinque sacchi di sterco. È stato definito “delizioso, boscoso, speziato” perché la maggior parte del cibo ingerito dagli elefanti non viene digerito e le feci conservano il profumo dei fiori e dei frutti mangiati dal pachiderma.
Con lo stesso principio di lavorazione, troviamo in commercio alcune birre a base di sterco. La Un, Kono Kuro (gioco di parole tradotto letteralmente “cacca nera”), realizzata dal birrificio giapponese Sankt Gallen, ricavata dallo sterco di pachidermi thailandesi; la Beer Geek Brunch Weasel del birrificio Mikkeller, che viene fatta con il Kopi Luwak già citato (lavorazione dello sterco di zibetto); e la birra finlandese Wasted Potential Imperial Stout del birrificio Ant Brew (il malto viene affumicato con cacca di oca). Anche in Islanda un birrificio, il Borg Brugghus, utilizza lo sterco, questa volta di pecora, per affumicare il malto della sua birra Surtur №30. Tutte queste invenzioni sono ispirate da un’economia circolare che si impegna ad abbattere gli sprechi.
Dalle birre passiamo ai tè e citiamo il Panda Dung Green Tea, realizzato a Sinchuan (Cina) dall’imprenditore An Yashi che sottolinea le proprietà salutari del prodotto. Il tè fertilizzato dagli escrementi di panda costa circa 60 mila euro al chilo e pare che l’alimentazione a base di bambù dei panda sia un vero alleato per l’uomo nella prevenzione dei tumori.
Se vogliamo conoscere i cibi più schifosi presenti nelle culture di tutto il mondo, non possiamo non visitare il Disgusting Food Museum (https://disgustingfoodmuseum.com) di Malmö in Svezia. Aperto nel 2018, ospita alimenti e bevande realmente schifosi, che sfidano il nostro palato. Per fare alcuni esempi, c’è una birra islandese ai testicoli di balena affumicati con sterco di pecora; un vino sudcoreano, il Ttongsul, a base di cacca umana; e, come rappresentante del Belpaese, il Casu Marzu, formaggio pecorino infestato dalle larve realizzato in Sardegna. Al Disgusting Food Museum è anche possibile ʻdegustare’.
INCONSUETE SKIN CARE
Veniano ai cosmetici. In India la già citata Visha Hindu Parishad (VHP), produce una serie di prodotti a base di urina e sterco di vacca: un sapone di bellezza, una crema per il viso, una pomata contro i brufoli. La VHP mira a proteggere e ripristinare le antiche tradizioni indù; la creazione di questi prodotti va letta in quest’ottica.
Siamo concordi nello storcere il naso pensando ai prodotti della VHP, ma non bisogna dimenticare che la storia offre innumerevoli esempi di cosmetici e medicinali gli ingredienti dei quali non sono certo meno disgustosi. Gli antichi Egizi, i Greci, i Romani ne facevano uso. Riportiamo qualche esempio dalla Naturalis Historia di Plinio: “Si ritiene che il latte d’asina elimini le rughe dalla pelle del viso e la renda morbida e bianca e si sa che certe donne vi si curano le gote sette volte ogni giorno, facendo attenzione a questo numero… L’astragalo di un giovenco bianco, fatto bollire per quaranta giorni e quaranta notti, fino a che si sia ridotto in gelatina e poi spalmato con un panno, assicura candore alla pelle, eliminandone le rughe. Lo sterco di toro si dice che colori di rosso le guance, tanto che non si ottiene un effetto migliore se vi si spalma sopra quello di coccodrillo; si prescrive di lavarsi energicamente con acqua fresca prima e dopo. Le chiazze di rosso sulla pelle e tutto ciò che ne altera il colore si curano con sterco di vitello da impastare a mano con olio e gomma; le ulcerazioni della bocca e le screpolature delle labbra con sego di vitello o di bue insieme a grasso d’oca e succo di basilico… Il fiele di capro elimina le lentiggini se vi si mescola formaggio di capra con zolfo, vino e cenere di spugna, fino a ottenere la densità del miele”.
In linea con le tradizioni antiche, qualche anno fa un gruppo di studenti dell’Università di Reykjavik ha creato uno shampoo contenente una percentuale di urina di mucca: “La storia islandese ci racconta che le ragazze utilizzavano proprio l’urina per far risplendere i capelli”. Si chiama Q Shampoo.
Anche nel settore profumi gli ingredienti utilizzati non sono sempre ʻpoetici’; uno dei composti di molti profumi anche costosissimi è l’ambra grigia, una secrezione biliare dei capodogli che viene espulsa con le feci o, a volte, con il vomito. Tale sostanza serve per proteggere l’intestino di questi animali dai resti dei mulluschi con i quali si nutrono. L’ambreina è il composto chimico che sta alla base di questa sostanza e che ha un alto contenuto di ferormone.
Una volta espulsa, l’ambra grigia naviga in blocchi per le acque spingendosi a volte fino alle coste. Nei profumi si usa come fissativo: con l’aggiunta dell’ambra grigia, infatti, la fragranza dura molto di più sulla pelle.
Altri, comunque, sono i componenti disgustosi che incontriamo nei profumi. La secrezione delle ghiandole perianali dello zibetto, per esempio, sostanza ambitissima dai profumieri perché, oltre a essere un fissativo, si amalgama molto bene alle altre essenze. Stesso discorso per il castoreum (le secrezioni, questa volta, sono del castoro).
E che dire per lo skatole o scatolo? Riportiamo la definizione di Wikipedia: “… Si forma nella marcescenza, nella lisi batterica, per fusione alcalina delle proteine o dal triptofano nel tratto intestinale dei mammiferi ed è presente negli escrementi umani, conferendo loro l’odore estremamente nauseante. Si può cristallizzare con un sublimatore. A concentrazioni molto diluite, viene usato in profumeria come fissativo…”. L’elenco potrebbe continuare.
Detto ciò, non ci faranno inorridire i prodotti a base di bava di lumaca, veleno di serpente o di ape, placenta di pecora o di mucca, sperma di balena, ma anche umano, se vogliamo ascoltare l’influencer Tracy Kiss. Ecco la sua ricetta: conservare lo sperma in frigorifero per qualche ora, aggiungere come addensante albume e olio di lavanda o di oliva, spalmarlo sul viso e lasciarlo agire come una maschera. Tracy aggiunge qualche goccia di sperma anche ai suoi frullati di frutta e verdura e assicura che questo rimedio naturale è prezioso per rafforzare il sistema immunitario e per difendersi dal SARS-CoV-2 e altri virus.
Chi è più impunemente fantasioso nell’inventare ricette miracolose contro il Covid? La VHP con la sua ortodossia ideologica, chi fa il bagno nello sterco e nell’urina di vacca o Tracy Kiss vittima di un culto di se stessa e del proprio corpo? Il principio è lo stesso: alzare le difese immunitarie.
NULLA SI CREA NULLA SI DISTRUGGE
C’è chi poi, con lo sterco di mucca, realizza tessuti per abiti. Jalila Essaïdi, una designer olandese specializzata in biotecnologia e arte biologica, direttrice e fondatrice di Fondazione BioArt Laboratories, ha elaborato una ‘ricetta’ green che, come base, ha appunto lo sterco bovino. Il fine è nobile: contribuire a risolvere il problema dello smaltimento del letame. A questo scopo la designer ha anche elaborato ricette, sempre a base di sterco, per realizzare bioplastiche e bio-carta. Il progetto è intitolato Mestic che, in olandese, significa ʻletame’. Il problema dell’abbondanza eccessiva di letame si traduce in quantità eccessive di fosforo e azoto, elementi dannosi per le acque. Dal letame si estrae sia la cellulosa che proviene dalle piante ingerite dalle mucche, sia gli acidi utili a creare acetato di cellulosa, una sorta di plastica liquida naturale. Su Youtube un interessante video all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=iYdVVHo6cJA&t=127s
E l’idea di sfruttare la cacca a scopi sostenibili non è certo nuova. La Poopoopaper™ (https://www.poopoopaper.com), un’azienda thailandese, produce da tempo carta con sterco di elefanti, cavalli, mucche, asini. Tutto avviene in base ai principi del commercio equo e solidale e tutti i prodotti sono realizzati senza che venga tagliato un solo albero. L’idea era nata nel 2002 e nel 2005 si è concretizzata.
Gianantonio Locatelli, agricoltore e allevatore molto attento e competente in sostenibilità, già nei primi anni Duemila, si dedicò all’idea di trasformare il letame in bio-combustibile e altri materiali. La passione per l’arte, l’ha poi condotto, nel 2015, a fondare a Castelbosco a Gragnano Trebbiese (Piacenza) il Museo della Merda, insieme a Luca Cipelletti, Massimo Valsecchi e Gaspare Marcone.
Nel 2016 l’architetto Luca Cipelletti ha presentato al Salone del mobile di Milano un nuovo materiale denominato ʻmerdacotta’, composto da argilla e sterco di mucca e idoneo per realizzare elementi di arredamento, piastrelle, stoviglie, vasi e water. L’esposizione Shit Evolution ha vinto il Milano Design Award.
La figura di Locatelli coniuga arte, innovazione, amore per la natura, imprenditoria intelligente e sostenibile. Per chi fosse interessato a conoscere meglio questo personaggio, facciamo riferimento all’intervista di Lifegate al sito: https://www.lifegate.it/gianantonio-locatelli-personaggio-museo-della-merda
Il sito del Museo della Merda (http://www.museodellamerda.org) offre, inoltre, tutte le informazioni sul riciclo del letame per scopi energetici e per la realizzazione di oggettistica varia. Sul sito del museo è anche presente l’elenco dei rivenditori dei manufatti in ʻmerdacotta’, acquistabili anche direttamente al Museo nel negozio ʻShit shop’.
Il museo ospita anche le opere di Roberto Coda Zabetta, realizzate con “composti da una grande varietà cromatica a base di letame liquido: risultato di una miscela in proporzioni sempre differenti, di acqua, resina e pigmento”. Si tratta di un polittico in 8 opere, intitolato Sistema Extrasolare, ognuna delle quali rappresenta la percentuale di metano rilasciato da ogni pianeta del Sistema Solare.
Il coinvolgimento di artisti è stato alla base della realizzazione del museo e lo sterco, insieme alla paglia, è stato utilizzato, come si faceva in passato e come si fa in altre parti del mondo, per realizzare i mattoni di alcuni muri.
A TUTTO BIOGAS
E lo sterco non poteva non raggiungere anche il mondo dei trasporti e dare il suo contributo al problema dell’inquinamento atmosferico. Già nel 2014 nel Regno Unito viaggiava, tra Bristol e Bath, un autobus dipinto con persone sedute sul wc, alimentato con cacca dei contribuenti e rifiuti organici di vario genere, sapientemente trasformati in bio-gas dalla società energetica Geneco. L’azienda inglese Wessex Water è l’ideatrice, e l’autobus ha un’autonomia di circa 300 km con un pieno. All’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=oNJnwB2i3zk un video illustrativo del progetto.
Ma le mucche sono più veloci, e così, nel 2015, il Bus Hound, un autobus con le fiancate a macchie bianche e nere come la mucca frisona, della Reading Buses, ha raggiunto la velocità di 120 km all’ora.
Quello dei biocombustibili è un settore di avanguardia nello scenario delle energie rinnovabili che certo merita di essere esplorato in tutte le direzioni.
MERDA D’ARTISTA, VERA E FINTA
La merda d’artista non è più solo l’opera provocatoria di Piero Manzoni, contenente in realtà non feci, ma gesso. Con sterco di mucca abbiamo già visto il lavoro di Roberto Coda Zabetta, ma l’elenco degli artisti che si sono avvicinati al tema è davvero lungo. Citiamone solo alcuni. Nel 2016 Mike Bouchet ha presentato la sua opera, The Zurich Load, realizzata con 80 mila chilogrammi di feci, la produzione quotidiana dei cittadini di Zurigo. Indimenticabile la cacca gigante gonfiabile Complex Pile dell’artista americano Paul McCarthy, esposta nel 2013 ad Hong Kong. Feci giganti in materiale plastico disposte su tappeti persiani anche per il gruppo viennese Gelitin (Wolfgang Gantner, Ali Janka, Florian Reither e Tobias Urban). Il wc di Maurizio Cattelan, scultura in oro 18 carati del peso di 103 chilogrammi intitolata America (opera rubata nel 2019 nel corso di un’esposizione al Blenheim Palace, a Woodstock, in Gran Bretagna). L’opera dall’artista britannico Chris Ofili intitolata The Holy Virgin Mary e dipinta a olio, a cui poi l’autore ha mescolato brillantini, resine e… sterco di elefante. Non contento, sulla tela ha realizzato un collage con immagini pornografiche dell’organo sessuale femminile.
CONCLUSIONI
Mi scuso con i lettori se ho suscitato sensazioni di disgusto e se, forse, nel caso dei profumi o delle birre, ho distrutto qualche mito. Le ‘strane storie’ possono incorrere in qualche pungente irritazione: spero che il disappunto non sia eccessivamente severo. I fatti raccontati mi sembrano in ogni caso interessanti.
venerdì, 17 settembre 2021
In copertina: Uno dei momenti della festa indiana “Gorehabba”: una gioiosa battaglia con proiettili di sterco di vacca (DH Photo)