San Gimignano si trasforma in palcoscenico/città
di Simona Maria Frigerio
La novità decisamente più interessante di questa edizione 2021 di OV è stata l’aver diffuso il Festival tra una miriade di iniziative artistiche, in loop (dato che la maggior parte erano installazioni o performance video o dal vivo brevi, che si ripetevano), nei giardini normalmente chiusi (una parte è di abitazioni private) del borgo toscano. La scelta è stata, quindi, quella di portare il teatro agli spettatori, uscendo dai luoghi deputati, per rendere vivo e vibrante l’intero spazio – abitato, solitamente, non dalla comunità nel suo insieme, bensì dai singoli individui (proprietari delle abitazioni).
In un momento di grave chiusura – con le norme di distanziamento, il timore dei contatti umani e i continui lockdown, in primis della cultura e della socialità – San Gimignano si è trasformata in spazio aperto par excellence e lo ha fatto (ulteriore e positivo cortocircuito) attraverso i suoi hortus conclusus – nell’accezione duplice di giardino chiuso e intimità necessaria all’artista (come agli amanti).
La seconda peculiarità, altrettanto interessante, è stata la scelta di mescolare discipline e media diversi, rendendoli fruibili in più momenti e orari, a volte anche sovrapponendo due o tre eventi (che, però, ripetendosi hanno reso possibile la loro fruizione integrale se si è seguito il Festival nella sua tre giorni). Elemento, questo, che ha reso possibile a ogni spettatore di creare di un proprio percorso di fruizione che si è trasformato, a sua volta, in elezione di senso.
Entrando nel merito delle performance, il sabato è risultata particolarmente piacevole la lettura di alcuni scritti di Giuliano Scabia (recentemente scomparso) -, oltre che maestro di teatro, maestro di vita. Lo spazio dell’hortus conclusus del Giardino Gigli non solamente si è adattato bene a ospitare pensieri, suggestioni, poesie e ricordi di vita (questi ultimi hanno legato i vari momenti delle letture sceniche) di Scabia, uomo e artista sempre presente a sé e alla sua idea di mondo, ma ha fornito – al tramonto – un fondale scenografico a quello che è parso il commiato dell’autore da noi tutti attraverso la sua visione dell’eternità e del tempo, del vento e dell’andare.
Nella stessa giornata anche la presentazione del libro The Global City (di cui non scriverò, essendone l’autrice) e la video performance di Irene Pittatore, Covid-19 Isolation Journal. Un diario di immagini flash, scandite dalle giornate di lockdown, in cui Pittatore affronta e si confronta con gli spazi angusti della casa – più che mura protettive, mura oppressive. E il senso di oppressione angosciosa si avverte nel corpo ristretto e mortificato, nella sospensione del tempo che si dilata fino ad annullarsi in una monotona ricerca di qualche evasione – almeno mentale. I flash più riusciti nella vasca da bagno, dove l’inquadratura dall’alto acuisce la sensazione di schiacciamento, le pareti delimitano e sacrificano il corpo, ma le musiche paiono aprire finestre di resistenza mentale.
Meno convincente Homing (coreografia e performance di Marta Bevilacqua), a metà strada tra ginnastica ritmica, pantomima, danza e recitazione che, in ogni caso, non si fondono e non riescono a tradurre – se non in maniera didascalica o mimetica – il messaggio finale del lavoro: Nature is not a place to visit, it is home.
L’altra domenica
L’ultima giornata di OV si è aperta alle 18.00 con la presentazione del libro Una storia al contrario di Francesca De Sanctis, nel quale la giornalista racconta la sua esperienza di vice-capo servizio della sezione cultura de L’Unità – dove era stata assunta giovanissima – che, a quarant’anni, si è ritrovata free-lance (il che equivale, senza infiorettature, a precaria) in un mondo editoriale sempre più mortificante a livello lavorativo e che sta perdendo qualsiasi garanzia in fatto di pluralità e libertà d’informazione (ma sul caso specifico de L’Unità torneremo in un prossimo numero).
Il nostro percorso tra i giardini di San Gimignano è proseguito, alle 20.15, con il primo step de L’imputato non è colpevole. Il processo a Soghomon Tehlirian in versione 3D. Nato come lavoro teatrale di Giardino Chiuso per raccontare alcuni fatti relativi al genocidio degli armeni compiuto dall’ex Impero Ottomano con il silenzio/assenso (diremmo oggi) dei tedeschi, attraverso gli atti del processo a Soghomon Tehlirian, che assassinò nel 1921 l’ex Ministro Mehmed Talat Pascià, nell’ambito dell’Operazione Nemesis; ossia uccise – come avrebbero fatto anni dopo gli agenti del Mossad con gli ex gerarchi nazisti e, oggi, con i presunti nemici di Israele – in territorio tedesco, quello che era stato considerato la mente del succitato genocidio. Peculiarità dell’azione di Tehlirian fu quella di farsi volontariamente arrestare così da trasformare l’omicidio in sentenza di morte o atto di giustizia e, ancora, il processo giudiziario in politico, denunciando al mondo i massacri e le deportazioni compiuti dagli ottomani tra il 1915 e il ʻ16. Fatto, quindi, di capitale importanza ma le cui implicazioni emergono solamente in parte dal racconto.
Come dicevamo, però, si tratta ancora di un primo step dato che la ripresa è quella dello spettacolo teatrale (il quale, dal vivo, aveva tutt’altra potenza e suggestione) e gli inserimenti in 3D – che diano un senso di realtà aumentata – non sono ancora stati prodotti per ragioni di budget. Laddove il teatro può giungere allo spettatore anche in estrema povertà di mezzi perché è il corpo reale dell’attore a trasmettere l’emozione allo spettatore, nel caso di medium tecnologici occorrono, al contrario, spese ingenti (e di conseguenza, se il potere politico e/o il Ministro della cultura pensano che si possano chiudere i teatri per sostituirli con 3D e tivù, i conti – nel senso letterale del termine – non tornano).
A chiusura di Festival, come sempre, l’appuntamento è sotto la volta stellata che fa da scrigno alla Rocca di Montestaffoli – antro in cui riascoltiamo L’ultimo nastro di Krapp nella versione diretta e interpretata da Giancarlo Cauteruccio. Il testo di Beckett avrebbe bisogno forse di una maggiore asciuttezza e di un’impronta più felice quando la voce del protagonista giunge, registrata, dal passato. Qui pare come se Krapp, già a trent’anni, possedesse la visione caustica e, in fondo, disperata del vecchio prossimo alla morte. Si perde la dimensione dell’illusione propria della giovinezza – a meno di non considerare Krapp coetaneo di quei giovani che, oggi, hanno perso il senso dell’utopia e accettano passivamente e, anzi, volontariamente, ad esempio, l’azzeramento delle forme di socialità e aggregazione. Un azzeramento imposto dalla pandemia ma, in realtà, favorito da anni di disimpegno e passività politica.
L’auspicio è di rivedersi alla prossima edizione che, speriamo, trasformi ancora di più San Gimignano in un teatro/mondo.
Orizzonti Verticali 2021
da venerdì 20 a domenica 22 agosto 2021
San Gimignano, varie location
Eventi seguiti:
sabato 21 agosto, ore 18.00
Giardino Razzi
via degli Innocenti
Incontro con Instabili Vaganti e Simona Maria Frigerio per la presentazione del libro The Global City
conduce Fabrizio Calabrese
ore 19. 00
Giardino Gigli
via Piandornella
Annibale Pavone presenta:
Canti dell’infinito andare
(installazione e performance dedicati a Giuliano Scabia e alla sua poetica)
ore 20.00
Giardino Galleria Continua
via del Castello
Covid-19 Isolation Journal
Irene Pittatore
(installazione video)
ore 21.00
Giardino Niccolai
via Berignano
Are area presenta:
Homing
coreografia e danza Marta Bevilacqua
domenica 22 agosto, ore 18.00
Giardino dell’ex Conservatorio di Santa Chiara
via Folgore
Incontro con Francesca De Sanctis e presentazione del suo libro Una storia al contrario
conduce Chiara Dino
ore 20.15
Orto Beconcini
piazza Pecori
Giardino Chiuso presenta:
L’imputato non è colpevole
Il processo a Soghomon Tehlirian
(performance video in 3D per due spettatori)
ore 21.30
Parco della Rocca di Montestaffoli
Teatro Compagnia Krypton presenta:
L’ultimo nastro di Krapp
di Samuel Beckett
traduzione Carlo Fruttero
diretto e interpretato da Giancarlo Cauteruccio
Venerdì, 3 settembre 2021
In copertina: San Gimignano in notturna, location del Festival (foto di Luciano Uggè, tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione).