Il caso Geal di Lucca: quando la digitalizzazione non funziona
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Partiamo da un’esperienza personale per chiederci quale potrebbe essere il futuro per i bistrattati utenti italiani.
A causa di un cambio di conto corrente chiediamo alla banca di farsi carico delle utenze già addebitate sul conto precedente. La banca esegue senza problemi e sia le bollette dell’Enel sia quelle della Gesam sono saldate puntualmente come di consueto. Non così per la Geal, società che eroga l’acqua ai lucchesi.
Ci sono voluti mesi per capire cosa fosse successo – da gennaio ad agosto – ossia perché d’un tratto ci si è ritrovati con tre bollette (di cui un sollecito bonario di pagamento a mezzo raccomandata), tutte da saldare nel giro di una decina di giorni. Uffici chiusi. Nessuna possibilità di incontrare un essere umano con il quale dirimere la questione. Al suo posto: centralini, email e risposte anche contraddittorie.
Da quanto abbiamo potuto comprendere Geal non accetta la semplice comunicazione della banca di avvenuto cambiamento del numero di conto corrente ma di questo la Geal non si perita di informare l’utente, mentre la banca sembra ignorare del tutto il fatto. In una email, anzi, la Geal fa presente che le bollette possono non essere addebitate correttamente a causa di cambiamenti dell’Iban del cliente, magari per fusioni bancarie, nel qual caso loro non operano prontamente inserendo il nuovo Iban dell’utente a sistema (il che comporterebbe un minuto di lavoro) ma inviano le succitate raccomandate di sollecito di pagamento finché l’utente non comprende da sé che deve riuscire a contattarli in qualche modo per farsi spiegare la macchinosa procedura ‘corretta’.
Pensiamo, a questo punto, a cosa succederà a Geal se andrà in porto l’acquisizione di Monte dei Paschi di Siena da parte di Unicredit. Immaginiamo che molti lucchesi abbiano il conto con detta banca ‘toscana’ e, di questi, una parte l’addebito delle bollette direttamente sul conto. Ora, mentre Enel e Gesam, al ricevimento della comunicazione da parte dell’istituto di credito, inseriranno semplicemente il nuovo Iban accanto agli altri dati dell’utenza, la Geal comincerà la trafila dei pagamenti inevasi con grave danno a livello del proprio conto economico. Perché se un solo cliente può avere una pendenza di 200 euro per 6 mesi, quale potrà essere lo scoperto magari di un 10% della popolazione lucchese?
Ciliegina sulla torta, il povero utente ignaro del disservizio, cosa deve fare quando si accorge di avere tali debiti? Intanto, deve avere conoscenze informatiche e amministrative oltre ai rudimenti di computer grafica, una linea internet, una casella email, una stampante, uno scanner e un computer, e poi munirsi di grande pazienza e buona volontà. Perché dopo la lunga trafila telefonica ed email per capire cosa è successo, dovrà farsi inviare un modulo, stamparlo e inserirvi il nuovo Iban (quello che Geal non accetta direttamente dalla banca), scansirlo e poi rinviarlo alla Geal con una copia della carta d’identità (anch’essa ovviamente scansita fronte/retro e salvata in un formato leggibile, non troppo ‘pesante’ e non modificabile, quali un .Jpeg o un .Pdf).
Se gli uffici della Geal fossero aperti, tutto questo non sarebbe necessario ma l’utente – grazie al Covid e al trip della digitalizzazione – deve trasformarsi in impiegato (non retribuito) e possedere un proprio ufficio a casa, fatto salvo non poterselo permettere, nel qual caso dovrà ricorrere a una copisteria – dato che è ben noto come il Covid entri negli uffici pubblici ma esenti negozi, chiese e supermercati.
Nulla aggiungiamo sull’efficienza di un servizio strutturato in modo da non recuperare il più prontamente possibile i propri crediti o che, per farlo, utilizza un sistema burocratico kafkiano.
La parabola ha però avuto esito felice e, dopo Ferragosto, finalmente gli uffici hanno riaperto (almeno su appuntamento) – si spera che tali resteranno.
Venerdì, 20 agosto 2021
In copertina: Foto di Rony Michaud da Pixabay.