L’oggi come narrazione neoliberista del reale
di Francesco Chiaro
Ne Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, pubblicata nel 1844 da Karl Marx, si legge una delle affermazioni più parafrasate del filosofo tedesco: “La religione è l’oppio del popolo”. Il testo, poi, continua così: “Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola”. Ora, leggendo il passaggio in un’ottica diacronica in cui la critica della struttura che sta alla base del concetto di Dio lascia posto alla critica del neoliberismo contemporaneo, sorge spontaneo tracciare un parallelo tra felicità religiose illusorie e reali e soluzioni politiche illusorie e reali. Se è vero che, accettando questo oppio deresponsabilizzante, si accetta anche di non essere più protagonisti del processo storico in cui si è costretti a vivere, rendendo di fatto impossibile comprendere il conflitto sociale tra le classe e la conseguente necessità della lotta, è altrettanto vero che, accettando la narrazione dominante del quotidiano, la quale, come si vedrà più sotto, tende a lavare le mani insanguinate dei pochi, grandi colpevoli per poi tingere di rosso quelle dei singoli, incolpandoli di ʻcrimini‘ da loro non commessi, si finisce per neutralizzare qualsivoglia forma di dibattito politico in favore di una unica linea di pensiero possibile: quella di chi ha interessi nel mantenere invariato lo status quo capitalista.
Ma andiamo con ordine. Dal giorno della sua introduzione nel lessico quotidiano, il Green Pass, nuovo feticcio pseudoreligioso capace di risolvere tutti i mali dell’Uomo, si è via via andato a sostituire ai discorsi che, nei mesi e ormai anni precedenti, riempivano l’arena del dibatto pubblico collegato alla pandemia di Covid-19: la necessità impellente di una riforma della sanità, gli effetti nefasti della gestione neoliberista della cosa pubblica nell’ultimo ventennio, le conseguenze della privatizzazione ad ampio spettro. Di rado, ad oggi, i media mainstream affrontano questi temi dirimenti, ribadendo con veemenza l’unica soluzione possibile offerta ad oggi dal governo: vaccinarsi e riprendere a produrre come e più di prima. Al netto delle posizioni ʻcomplottiste’ di molti ʻno-vax’, che qui condanniamo e rifiutiamo in toto, rimane il fatto che il rapporto dei singoli con il mondo della sanità e della medicina è molto più complesso e variegato di come viene rappresentato dalle testate nazionali e della narrativa dominante della governance e delle sue emanazioni istituzionali. Come affermava l’esperto di politiche sanitarie e docente presso l’Università Tor Vergata di Roma, Ivan Cavicchi, ”la medicina non è una scienza normale come le altre, che ambiscono a essere nomotetiche, ma suo malgrado è idiografica; non è nemmeno una scienza esatta, ma per approssimazione; non è solo conoscenza della natura, ma anche conoscenza dell’essere e della persona; non è solo oggettività e neanche solo soggettività; non è solo metodologia, ma è anche pragmatismo”.
Come ogni cosa a questo mondo, dunque, anche la medicina e, di riflesso, il concetto di salute e cura, non è riducibile a una definizione semplicistica, bensì si fa portatrice di contraddizioni e criticità che rendono necessario un dibattito e una riflessione continue a tutti i livelli e le stratificazioni sociali. Il tentativo, invece, di ridurre le complessità a banali verità, istituendo relazioni dogmatiche e manicheistiche tra un problema (ad esempio, un virus) e la sua soluzione (ad esempio, un vaccino), restituisce un’immagine del reale illusoria, dove tutte le concause di una data situazione vengono ignorate per propugnare una sola e unica verità artificiale. Prendiamo, per esempio, il fatto, denunciato dal manifesto del 29 luglio 2021, dei ʻno-vax’ immaginari del Generale Figliuolo. Come riportato nell’articolo, quest’ultimo avrebbe utilizzato dati sull’esitazione nazionale a vaccinarsi consapevolmente inesatti (105 mila dipendenti scolastici vaccinati con almeno una dose in Sicilia, su una platea di 129 mila, dati consegnati dal governo stesso, contro gli 80 mila denunciati da Figliuolo, su una platea di 140 mila fantomatici docenti e non) per avanzare e giustificare in anticipo ”un eventuale nuovo ricorso alla didattica a distanza”, additando di fatto i no-vax come unici responsabili del ritorno alla Dad e sviando così il mancato interesse del governo a investire su risorse, spazi e interventi sul trasporto pubblico essenziali per permettere il normale rientro in presenza, strumentalizzando di fatto i dati statistici per piegare la realtà alla narrazione più conveniente alla gestione emergenziale e scaricabarile della situazione. Un ulteriore esempio di questa generazione di illusorietà funzionale al mantenimento e rafforzamento della verità istituzionale si può trovare – oltre che nell’inclusione di personale universitario, docente e non, nelle stime dei dipendenti scolastici della scuola dell’obbligo ancora da vaccinare – anche nella decisione dell’11 aprile del Commissario straordinario per l’emergenza Covid di rimuovere la corsia preferenziale per il personale scolastico, consentendo prenotazioni ai vaccini solo per fasce di età e inficiando di fatto e per motivi di privacy la possibilità di conoscere il numero effettivo di dipendenti scolastici ad oggi vaccinati.
Procedendo con il ragionamento e volendo andare a rispolverare il libero pensatore austriaco Ivan Illich, grande critico e analista delle forme istituzionali scelte dalla società contemporanea per esprimersi, si potrebbe utilizzare la sua iatrogenesi culturale (e cioè della distruzione dei metodi tradizioni di confronto e gestione del senso della morte, del dolore e della malattia) per descrivere la deriva monolitica del concetto moderno di salute: ”La fragilità, l’individualità e le connessioni dell’uomo, se vissute consapevolmente, fanno dell’esperienza del dolore, della malattia e della morte una parte integrante della sua vita. La capacità di affrontare questo trio in modo autonomo è essenziale alla sua salute. Nella misura in cui si rimette a una amministrazione tecnica della propria intimità, egli rinuncia a questa autonomia e la sua salute non può non scadere. Il vero miracolo della medicina moderna è di natura diabolica: consiste nel far sopravvivere non solo singoli individui, ma popolazioni intere, a livelli di salute personale disumanamente bassi. Che la salute non possa se non scadere col crescere della somministrazione di assistenza è una cosa imprevedibile solo per l’amministratore sanitario, proprio perché le strategie che questi persegue sono frutto della sua cecità al carattere inalienabile della salute”. La denuncia del presente, qui, è evidente, per quanto ante-litteram (testo precedente tratto da una conferenza del 1947 all’Università di Edimburgo): il salubrismo del bio-capitalismo del controllo ha trovato un nuovo terreno fertile nel mondo di grande incertezza in cui viviamo oggi, quello di un documento (il Green Pass) capace di farci dimenticare le responsabilità del sistema che ci ha sprofondato nel penoso stato in cui ci troviamo, coadiuvato com’è dal suo braccio operativo, la medicina dominante, strumento asservito non più alla tutela della salute ma all’aumento costante dei guadagni delle grandi industrie farmaceutiche. A riprova di questa affermazione, basti pensare alle ben note per la loro inesistenza iniziative della classe politica internazionale che non sembra intenzionata a fornire una soluzione alla pandemia (la People Vaccine Alliance denuncia l’apartheid vaccinale moderno, in cui il 90% delle dosi è in mano ai Paesi ricchi, mentre quelli a basso reddito registrano meno dell’1% della popolazione vaccinata, in barba al concetto scientifico di ʻfocolaio globale’), bensì a trarne il maggior profitto possibile, ignorando le morti ad oggi totalmente evitabili, mentre il mantra neoliberista della salute del mercato come unico indicatore rilevante continua imperterrito a riecheggiare nelle aule parlamentari e nei pochi luoghi di dibattito del solipsistico occidente. Abbandonare brevetti e segreti industriali, fornire vaccini a prezzi di costo o quasi, allargare la produzione il più velocemente possibile ed evitare la perdita di ulteriori vite? Tutte azioni logiche che, però, andrebbero a minare lo status quo neoliberista tanto caro a quell’1% che detiene il potere economico e decisionale sul pianeta condiviso da tutti/e.
Status quo che viene mantenuto anche grazie alla complicità di un’infosfera più che disposta a fomentare con acriticità la narrazione dominante, offrendo quotidianamente notizie che non tentano di scardinare quelle parole grimaldello alla base del realismo neoliberista: sostenibilità, meritocrazia, eccellenza, resilienza, parole chiave che svelano il processo di ritocco estetico di una politica sempre uguale a se stessa. Basti pensare al bluff del neonato Ministero della Transizione Ecologica, ecologicissimo a parole ma nei fatti sempre più vicino ai grandi produttori, responsabili dell’inquinamento del suolo e delle falde acquifere, della perdita di biodiversità, della deforestazione, nonché dello sfruttamento della manodopera dei braccianti a qualsiasi latitudine nel nome della competitività economica. Esemplare il decreto di Cingolani emanato lo scorso marzo che concede al progetto Teodorico (per la ricerca di idrocarburi al confine con l’area marina protetta in prossimità del Delta del Po) la compatibilità ambientale necessaria per ottenere il via libera alle trivellazioni, creando non poche reazioni tra ambientalisti e giuristi, considerando che la concessione del Ministro va in aperto contrasto con il diritto nazionale e comunitario, che vieta le attività di ricerca offshore entro le 12 miglia dal confine con aree marine protette come, ad esempio, quella in questione. Il greenwashing in atto ormai da anni, e cioè quella pratica narrativa di creare un’illusione di sostenibilità e vero interesse nelle sorti dell’ambiente da parte delle multinazionali responsabili dei disastri ambientali di oggi, è un ulteriore esempio di come ci si ostini ad affidare il processo di risoluzione dei problemi nelle mani di chi, quei problemi, li ha creati, sostenendo, tra l’altro, rimedi di effimero impatto ambientale effettivo (come il processo di Carbon capture and sequestration che non riduce le emissioni di CO2 ma le rispedisce nel sottosuolo osannato da Cingolani, dando di fatto il via libera a continuare la produzione indisturbata di inquinamento atmosferico agli stessi livelli attuali) mirati, appunto, al mantenimento dello status quo (e degli interessi privati) piuttosto che al ribaltamento dei paradigmi di profitto che tutto divora.
Ed è qui che si rivela in tutta la sua potenza la questione centrale di questi tempi disperati: l’ingordigia della società contemporanea, ormai conclamata e denunciata a più riprese negli anni, non riesce, nonostante tutto, a indignare e a creare legittimi moti rivoluzionari che mettano definitivamente in ginocchio un sistema improntato sullo sfruttamento mortifero di tutte le risorse a nostra disposizione, umane o ambientali che siano. Dopo anni di repressione di qualsivoglia istanza di uguaglianza e reale progresso democratico (movimenti sociali, lotta sindacale, resistenza culturale, pluralismo sessuale, dissenso politico, tutti zelantemente demonizzati, delegittimati e stroncati dal pugno di ferro dei vari governi) la salutare pluralità di opinioni è stata, definitivamente, appianata in favore di un pensiero omogeneo e polarizzante che non lascia spazio all’alterità (colpevole di ostinarsi a essere, appunto, diversa), narrando a forza una realtà illusoria dove non c’è posto alcuno per chi, con senso critico, mette in dubbio le verità propugnate dal regime democratico dell’Occidente. Come abbiamo visto, allora, le parole sono in grado di generare mondi. È il momento di usarle per infrangere quello creato da chi, oggi come allora, offre oppio ai dolori sistemici del popolo.
Venerdì, 6 agosto 2021
In copertina: The Virus is Capitalism_Radical Graffiti on FB.