Festival del Almada 2021: tra l’internazionalità di Josef Nadj e l’ilarità della Companhia de Teatro de Almada
di Simona Ventura
È giunto alla sua XXXVIII edizione il Festival de Almada, una delle manifestazioni teatrali più importanti della regione di Lisbona dove è, per l’appunto, situata la cittadina di Almada. Una manifestazione che non si è fermata nemmeno lo scorso anno e che, con l’edizione 2021 – anno, tra l’altro, in cui si festeggiano i 50 anni dalla fondazione della Companhia de Teatro de Almada – ha cercato di ristabilire l’aura di internazionalità grazie alla presenza di diverse compagnie e artisti stranieri, come ad esempio Ivo van Hove, Josef Nadj, Jan Lauwers, Viviane De Muynck, Monica Bellucci, François Chattot, Chico Diaz.
Il Festival si è svolto dal 2 al 25 luglio animando ben sette location tra Almada e Lisbona – Teatro Municipale Joaquim Benite, Forum Romeu Correia, Incrível Almadense, Accademia Almadense, Studio teatrale António Assunção, Centro Culturale Belém e Teatro Nacional D Maria II – con 21 produzioni suddivise in 108 sessioni.
Si è cercato, quindi, di dare una spinta importante alla ripartenza in ambito culturale e teatrale, amalgamando opere classiche con altrettante contemporanee, alternando la prosa alla danza a una serie di incontri di approfondimento con gli artisti. Il focus, quest’anno, si è rivolto al continente africano e alle problematiche legate al postcolonialismo; mentre a inaugurare questa edizione, con una mostra presso il centro culturale Casa de Cerca, è stato l’artista inglese Thomas Langley – che è anche l’autore del manifesto del Festival.
La prima opera che seguiamo è Omma, l’ultima creazione del coreografo ungherese Josef Nadj. Dopo aver creato performance ispirate a vari autori, quali Beckett, Kafka, Michaux, e aver addirittura portato con sé a dipingere sulla scena l’artista Miquel Barcelo, Nadj torna a esplorare la natura umana nella sua semplicità, su un palco privo di scenografia dove il racconto e le emozioni vengono esclusivamente filtrati dalle capacità degli otto ballerini che lo rappresentano.
Interessante è volgere l’attenzione alle uniche due parole che caratterizzano la performance: omma che proviene dal greco antico nella sua doppia accezione di ‘occhio’ ma anche di ‘ciò che si vede e che si guarda’, e fekete che in ungherese ha il significato di ‘nero’. Fekete è proprio la parola che gli otto ballerini di colore, provenienti da Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Burkina Faso e dai due Congo, ripetono spesso durante la performance.
I danzatori entrano in scena vestiti in giacca e pantaloni neri, formando, appunto, un unico corpo nero che, inizialmente, rievoca una nascita attraverso quello che sembra essere il respiro del mondo. Elementi tribali, suoni gutturali come di animali della foreste, terra e acqua, movenze feline si mescolano rievocando i primordi dell’umanità. A muoversi sulla scena è soprattutto il gruppo; il singolo, che pure mostra una sua personalità, sembra emergere solo nella misura in cui è funzionale a dare un cambio di ritmo alla totalità del gruppo. D’altra parte è il singolo stesso a diventare anche l’essere che, per un momento, detiene il potere di dare e togliere la parola al gruppo, una parola che è sempre un suono imitativo, che si ripete. Sulla scena spicca il grande lavoro fisico fatto dai ballerini che interpretano e mescolano elementi di danza jazz, hip hop e tribale, premiati dall’ampio applauso del pubblico presente in sala.
Il secondo spettacolo a cui assistiamo è Pastéis de nata para Bach, realizzato per i più piccoli dalla Companhia de Teatro de Almada e che ha sostituito lo spettacolo Planeta dança di Sónia Baptista. La pièce è interpretata magistralmente da Anabela Ribeiro, Ivo Marçal, João Farraia, Pedro Walter, Vera Santana, su testo di Pedro Proença e Teresa Gafeira e la regia di Duarte Guimarães.
Sulla scena vediamo il genio indiscusso di Bach vestire i panni insoliti – letteralmente indossando delle All Star rosse, come gli altri attori – di un padre che cerca di placare il pianto di alcuni tra i suoi svariati figli suonando le sue immortali composizioni. Ma l’ispirazione di uno dei maggiori compositori di tutti i tempi, da dove arriva? Nel divertente immaginario di Teresa Gafeira e Pedro Proença il segreto è tutto contenuto nei famosi pastéis de nata, i tipici pasticcini portoghesi di crema pasticciera avvolta in una fragrante pasta sfoglia: dolce tanto buono quanto complicato da riprodurre nella versione perfetta.
A farci entrare nella vita quotidiana di Bach è la sua seconda moglie assieme a tre dei figli avuti dal primo matrimonio e saranno proprio loro a dare vita alla scena più bella ed esilarante di tutta la piéce: lo scopo, infatti, diventa quello di riprodurre il pastél perfetto al fine di continuare ad alimentare la vena artistica del compositore. In una vorticosa danza tra tavoli da pasticceria, mescolando i vari ingredienti, diversi sono i tentativi culinari che i tre, purtroppo, falliscono e per cercare di nascondere il fattaccio – l’assenza di un pastél commestibile – i quattro sono costretti a inventarsi diversivi sempre nuovi per distogliere l’attenzione del nostro artista e far sì che la sua ispirazione non si spenga. Alla fine, dopo tanta fatica e tanto impegno, lo scopo viene raggiunto e i nostri protagonisti sfornano il pastél perfetto: ed è a questo punto che il grande Bach trova l’ispirazione per alcune delle sue maggiori composizioni.
Lo spettacolo è ben scritto e ben pensato soprattutto per i movimenti di scena: si legge una regia sapiente che si muove e pensa per i bambini ed è interessante l’idea di avvicinare i più piccoli all’ascolto di composizioni non sempre facili come quelle di Bach. Nota di merito alla scenografia e ai costumi, realizzati e curati nei minimi dettagli, cosa che – almeno in Italia – non sempre accade negli spettacoli per bambini.
Gli attori non si risparmiano, trapela la passione e il loro stesso divertimento sulla scena, tutto ha un buon ritmo finalizzato a tenere i piccoli spettatori fissi con l’attenzione su quel che accade e l’effetto ottenuto è quello di farli ridere e di riuscire a renderli spettatori attivi quando vengono chiamati in causa dal palcoscenico. Ma anche gli adulti partecipano divertiti e, alla fine, i piccoli spettatori, dopo scroscianti e meritati applausi, vengono chiamati a fare le foto con i loro beniamini per un giorno.
Gli spettacoli sono andati in scena nell’ambito dell’Almada Festival:
Teatro Municipal Joaquim Benite
Almada – Portogallo
venerdì 9 e sabato 10 luglio, ore 20.30 e domenica 11 luglio, ore 18.00
Omma
di Josef Nadj
con Djino Alolo Sabin, Timothé Ballo, Abdel Kader Diop, Aipeur Foundou, Bi Jean Ronsard Irié, Jean-Paul Mehansio, Romual Kabore e Boukson Séré
consulenza artistica Ivan Fatjo
luci Rémi Nicolas
musica Tatsu Aoki & Malachi Favors Maghostut, Peter Brötzmann & Han Bennink, Eureka Brass Band, Jigsaw, Lucas Niggli e Peter Vogel
regia generale Sylvain Blocquaux
regia suono Shoï
produzione e comunicazione Bureau Platô: Séverine Péan, Emilia Petrakis
Cine-Teatro da Academia Almadense. Auditório Osvaldo Azinheira
Almada – Portogallo
sabato 10 e domenica 11 luglio, ore 11.30
Pastéis de nata para Bach
di Pedro Proença e Teresa Gafeira
regia Duarte Guimarães
con Anabela Ribeiro, Ivo Marçal, João Farraia, Pedro Walter, Vera Santana
scenografia Pedro Proença
disegno luci José Carlos Nascimento
musiche JPB
suono Miguel Laureano
tecnico luci e suono Paulo Horta
fotografia Rui Carlos Mateus
Venerdì, 30 luglio 2021
In copertina: Omma Filage, Foto di Sophie Carles (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione).