L’Eclissi della ragione
di Simona Maria Frigerio
Prima di entrare nel merito di una tra le performance a cui abbiamo assistito a Kilowatt Festival Edizione 2021, intitolata Eclissi, e mentre il Governo impone il green pass e, quindi, surrettiziamente, il vaccino pena l’esclusione dalla vita associativa e, si ventila, persino dal lavoro in fabbrica o in ufficio; ci si chiede fino a che punto proseguirà questa erosione delle libertà individuali e civili di fronte a uno Stato che si tinge sempre più di valori etici, ammantando una perniciosa volontà di distruzione della vita culturale e sociale con la necessità imprescindibile della sicurezza sanitaria, corroborata dal terrorismo mediatico e dello stesso Premier che, forse, dimentica che non si muore solo di Covid-19 e che se impone che nei teatri o cinema (pur essendo sicuri, dati alla mano), ma non in chiesa o al supermercato, si debba esibire il green pass, non si capisce perché continuare con le misure di contingentamento e distanziazione (e, a proposito, si veda un articolo di quasi in anno fa sui timori suscitati allora da altri provvedimenti: https://www.inthenet.eu/2020/08/25/stato-etico-v-autodeterminazione/).
Ci sarebbe da domandarsi a questo punto se i vaccini e i tamponi funzionano – perché farli altrimenti? Anche un margine di errore non dovrebbe preoccupare in quanto è al mantenimento della sostenibilità del sistema sanitario che la politica dovrebbe mirare, non certo a un utopistico (nel senso proprio di irrealizzabile) contagio zero, laddove miliardi di persone al mondo non sono vaccinate (e non solamente in Africa, dove possono mancare le risorse economiche, ma persino in Stati sulla carta prosperi ed efficienti come Giappone, Nuova Zelanda e Australia) e si è dimostrata l’inutilità di chiudere frontiere e voli aerei per bloccare il virus. Perché la vita sociale dovrebbe essere ridotta alle chiacchiere davanti al carrello della spesa? E perché continuare a usare vaccini poco efficienti nei confronti delle cosiddette varianti quando ne esistono di più efficaci, se non per motivi geopolitici che nulla hanno a che fare con la sicurezza sanitaria ma molto con la salvaguardia di Big Pharma – a scapito della vita affettiva e culturale, oltre che della salute mentale, delle popolazioni costrette a restrizioni da 18 mesi? La vita se ne va, la nostra vita, e nessuno potrà restituircela – la sopravvivenza è altra cosa.
La volontà sembra, ancora una volta, quella di scaricare su alcune categorie di lavoratori ʻinessenziali’ – di cui i sindacati paiono non preoccuparsi, non tenendo nemmeno in conto che anche un operaio potrebbe voler andare a teatro e che il teatro, come il cinema o qualsiasi altra arte, non può essere esercitata senza il riscontro dello spettatore – la mancanza di volontà della politica e delle amministrazioni di assumere personale medico e investire in sanità (posti letto e terapie intensive), nei trasporti (in vista dell’autunno e del rientro a scuola) e nell’insegnamento (aumentando le classi e svecchiando il personale docente).
Ma siamo sicuri che il calcolo verta solo sulla facilità di zittire il mondo della cultura, dell’educazione, dello sport e della vita associativa (o del turismo) rispetto al fare investimenti seri nei settori chiave per il contrasto al contagio? Siamo certi che la vita, ridotta a fabbrica e/o ufficio e a rimpinzarsi di take-away consegnati a domicilio, alcolici e sigarette, antidepressivi e Tv spazzatura abbia ancora un senso? Conta solo che un cuore batta per produrre (al che potrebbero collegarci a una macchina che genera direttamente energia per il capitale, come in Matrix, e lasciarci almeno la libertà di sognare di star vivendo) o conta che un cervello si interroghi e stupisca dell’inaspettato, del perturbante, del piccolo contrattempo e della grande sorpresa che è una vita vissuta, e non solo vegetata?
Ce lo siamo chiesti nelle giornate di Kilowatt Festival, a Sansepolcro, rivedendo amici, assistendo agli spettacoli, notando con piacere il senso di comunità che si formava tra gli spettatori. Comunità sperse e sparse che si sono ritrovate per scambiarsi idee, per dialogare costruttivamente superando gli antagonismi da social tanto cari alla tifoseria partitica (no Vax v/ pro Vax), per riflettere sul valore di esserci (come Heidegger insegnava), sul rispetto della libertà di scelta, sulla bellezza di rivedere il teatro nel suo spazio naturale: arte della compresenza che abbisogna di continuità e contiguità tra performer e spettatore; arte dell’umano che, se privata di carne e sangue, palco e odori, si trasforma in altro – perché se cambia il medium, deve cambiare anche il linguaggio. Arte soprattutto del ragionare insieme che, come sa chi frequenta il teatro e soprattutto i festival, può portare a ripensare – partendo da una performance – la nostra stessa esistenza e il suo valore.
Ed è forse questo che il potere vuole. Spegnere ogni forma di dissenso organizzato impedendoci di ritrovarci e discutere, ad esempio, sulla legittimità dello stato di emergenza (e a proposito, per evitare lungaggini, rinviamo a un interessante articolo di persone più competenti di noi: https://www.labparlamento.it/e-legittima-la-proroga-dello-stato-di-emergenza/); sulla legittimità di una maggioranza di Governo non eletta con un Premier che gli italiani non hanno scelto; e sulla validità di decreti legge che restringono pericolosamente le nostre libertà individuali sulla base di uno stato (d’emergenza) e di un regime (quello in cui il potere dell’esecutivo si sostituisce al legislativo proprio del Parlamento) che non si sa fino a che punto siano costituzionali. Mentre di certo si sa che uno stato d’emergenza, derogando alle leggi, si oppone allo stato di diritto.
Dal politico al teatro – perché il teatro è sempre politico
Tornando a Kilowatt Festival, edizione 2021, ecco che una piccola performance, intitolata Eclissi, non solamente ci ha sollecitato queste riflessioni ma altresì considerazioni su temi importanti come la ragione del nostro essere nel mondo; ossia se la mancanza di connessione con quanto ci circonda (a seguito della perdita di memoria, ma anche della facoltà di esprimersi e comprendere, riconoscere e valutare relazioni e ambienti in base a concetti spazio-temporali condivisi, a causa dell’Alzheimer), visto che il mondo sarebbe esperibile solamente attraverso i nostri sensi, possa ancora considerarsi vita. Ma non solo. Perché questo ragionamento in tempi pandemici ci porta a considerare se il nostro autismo socio-culturale (e scolastico-universitario) – imposto dal presunto bene superiore della conservazione della vita, intesa come sopravvivenza – garantisca un’esistenza che continui ad avere un senso.
In Eclissi seguiamo un ‘malato di Alzheimer’ che vaga per la città in cerca della sua casa, in accappatoio rosa reggendo una sporta della spesa. Lo seguiamo come farebbe un figlio che voglia proteggerlo, impedendogli di mangiare un fiore o di infilare la chiave nella toppa del portone sbagliato. E qui avviene un ulteriore scarto che permette solo il teatro, in quanto arte della compresenza: ci accorgiamo di essere a nostra volta osservati. Se agito soprattutto in luoghi affollati – dal mercato rionale al Lucca Comics passando per la via dello struscio il sabato pomeriggio – lo spettatore può vivere l’esperienza di essere lui stesso il diverso: chi è quell’uomo con l’accappatoio rosa che circola liberamente? Ma soprattutto, chi siamo noi che lo accompagniamo invece di rinchiuderlo, di nasconderlo alla vista o, nel migliore dei casi, di proteggerlo da un mondo che vuole solo respingerlo, negandolo? Perché questo Occidente, e questa Italia, di plastica televisiva e felicità da pensiero unico, non può accettare la malattia, l’invecchiamento, la morte, come tappe di un naturale ciclo vitale al quale tutti dobbiamo sottostare, botox volenti e vaccini nolenti.
Un finale poetico in cui si scopre il perché di quell’accappatoio rosa. E un’esperienza teatrale, piccola (dura appena 25 minuti), che però apre la mente e il cuore come solo il teatro sa fare: per questo dobbiamo difendere il teatro, perché il teatro ci salva la vita.
Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito di Kilowatt Festival:
Sansepolcro, varie location
sabato 24 luglio 2021, ore 16.00
Giardini di Piero
Eclissi
di Alessandro Sesti
suono Nicola Fumo Frattegiani
musiche Debora Contini
collaborazione alla drammaturgia Giacomo Sette
coproduzione Infinito srl, Centro di Residenza Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt), Spazio Zut!, Strabismi,
Thesorieri
si ringraziano Federico Pedini e Chiara Olivia Pernicini
(uno spettatore ogni 30 minuti, prima nazionale)
venerdì, 30 luglio 2021
In copertina: Foto di ktphotography da Pixabay.