In occasione dell’Almada Festival un reportage dall’ex quartiere operaio di Lisbona
di Simona Ventura
Negli ultimi giorni ha creato molto clamore il cosiddetto ‘modello Macron’ a proposito delle modalità di partecipazione alle attività sociali durante questa estate 2021. Un modello che prevede l’esibizione del famigerato Green Pass o di un test Covid negativo per poter prendere parte a eventi o poter cenare in luoghi al chiuso.
Forse non molti sanno che lo stesso modello è stato adottato dal Portogallo già dallo scorso 2 luglio: torna il coprifuoco serale, limitazioni orarie per alcune tipologie di attività, richiesta di Green Pass o test Covid negativo per poter pranzare o cenare in luoghi al chiuso.
A un anno e mezzo dall’inizio di questa pandemia si tenta di salvare quante più attività possibili, adottando misure precauzionali per non ritrovarsi costretti a chiudere nuovamente tutto gettando, questa volta sì, intere nazioni nella depressione economica e sociale totale. A dispetto di una Italia ‘bianca’, dove però un clima di (eccessiva) fiducia nelle libertà appena ritrovate ha portato a festeggiamenti un tantino scellerati per la vittoria dell’Europeo di calcio, ci si ritrova di fronte a un Portogallo che sembra essere tornato indietro di qualche settimana ma che, probabilmente, sta solo adottando politiche di salvaguardia per la cittadinanza.
Ma insito nella natura umana è crearsi delle aspettative, anche inconsciamente: esercitare la splendida facoltà dell’immaginazione che porta a cullarci in quella dimensione fanciullesca con la quale, purtroppo, abbiamo quasi completamente perso i contatti. Il viaggio ha a che fare con tutto ciò, in special modo quando si torna a farlo dopo un anno e mezzo di pandemia. La meta è proprio il Portogallo che, nell’immaginario, si prefigura come un Paese vivo, affacciato sull’Oceano, permeato da quell’atmosfera magica che solo le strette vie di Lisbona associate al risuonare del fado sanno solleticare la mente di un viaggiatore romantico.
Ma la fantasia spesso si scontra con la realtà e, perciò, in questo breve soggiorno tra la cittadina di Almada e Lisbona è necessario ridimensionare l’aspettativa di viaggio.
L’occasione è data dal Festival de Almada giunto alla sua trentottesima edizione e che quest’anno, oltre a tornare a ospitare varie compagnie internazionali, festeggia anche i cinquant’anni dalla fondazione della Compagnia Teatrale di Almada diretta da Rodrigo Francisco e che presenta anche due lavori inediti; mentre i temi centrali di questa edizione si focalizzano sul continente africano e sulla problematica del postcolonialismo.
Probabilmente a causa delle restrizioni dovute alla particolare situazione sanitaria, non si respira quel clima internazionale e di fermento che ci si potrebbe aspettare, anche se l’adesione e la partecipazione dei cittadini è decisamente buona. Va detto che in questi cinquant’anni di continuo lavoro ed evoluzione la Compagnia Teatrale di Almada, che partì in sordina come compagnia amatoriale fondata da Joaquim Benite e, a oggi, gestita dallo stesso Rodrigo Francisco, è riuscita a creare un solido rapporto con la comunità locale. Quello che manca nella pratica è l’apertura verso l’esterno: un festival che ambisce ad avere un respiro internazionale è giusto che ospiti compagnie straniere, ma dovrebbe favorire anche uno scambio e una apertura corredando, ad esempio, gli spettacoli in lingua portoghese di sopratitoli o di comunicati stampa tradotti in lingua inglese, per permettere agli autori e registi contemporanei (ma non solo) di farsi spazio anche nel panorama internazionale.
La fondazione del Teatro di Almada, e della sua Compagnia, è stata frutto di una delocalizzazione adoperata quando la cittadina era solo un quartiere operaio e industriale di Lisbona; oggi gode di vita propria anche se molti abitanti vivono la vita da pendolari tra Lisbona e la stessa Almada. Architettonicamente è evidente quanto sia stata radicalmente ricostruita: la fanno da padroni edifici privi di personalità che strizzano l’occhio all’edilizia popolare. Sulle sponde dell’imponente fiume Tejo restano i ruderi di quelle che un tempo erano le abitazioni caratteristiche di questa regione: case di pochi piani, decorate dalle tipiche maioliche sulle pareti esterne (azulejos). Ma la capacità degli almadensi è quella di riuscire a incuriosire i visitatori valorizzando le poche ma interessanti attrazioni culturali. Prima fra tutte la Casa da Cerca, una antica villa divenuta un centro culturale che ospita mostre temporanee, un modesto archivio, una piccola cappella decorata anche da azulejos, un giardino botanico e un parco che offre una superba vista panoramica sul fiume Tejo e su Lisbona. Una piccola oasi di pace e fresco dove potersi rilassare prima di rimettersi in cammino e percorrere l’assolato ma vivace lungomare o, per meglio dire, ‘lungofiume’. Qui sorge il quartiere di Cacilhas, fino agli anni Novanta sede dei cantieri navali Lisnave. Non c’è da immaginarsi la tipica passeggiata dei borghi di mare, è piuttosto uno slalom tra ristorantini e locali tipici a ridosso della foce del fiume che sorgono su un serpentone di cemento spoglio, al lato del quale è possibile riconoscere i ruderi degli antichi palazzi di Almada: un posto più decadente che romantico ma decisamente caratteristico.
Da qui si giunge al porto dove è possibile fare una tappa sulla fregata Dom Fernando II e Gloria: la nave è un originale del XIX° secolo anche se, dopo un incendio che la distrusse quasi completamente, è stata restaurata nel 1998. All’interno è possibile osservare una ricostruzione più o meno veritiera degli ambienti originali: attrazione questa più adatta a bambini e famiglie. È proprio nella zona del porto dove è possibile ritrovare il folklore e la vivacità di Almada: qui giunge la via più animata della città, ricca di localini e di colore, dove è possibile passeggiare, gustare un gelato o un aperitivo accompagnati dall’animazione di artisti locali.
Nel complesso quella che si respira ad Almada è un’atmosfera caratterizzata da un ritmo lento e semplice, nella quale si fatica a ritrovare l’identità e il colore portoghese – complice probabilmente anche la situazione sanitaria che non concede le consuete libertà.
Spostandosi a sud-ovest, con non più di quindici minuti di macchina, si arriva a Costa de Caparica, città del comune di Almada affacciata sull’Oceano Atlantico che conta complessivamente quasi 30 km di spiaggia. Meta nel XIX° secolo della nobiltà di Lisbona, oggi Costa de Caparica è il luogo perfetto per regalarsi un tuffo nell’acqua gelida e cristallina dell’Oceano e meta ideale per surfare. È apprezzabile come l’architettura sia al servizio della natura: le automobili circolano lontane dall’ampia spiaggia e dai lidi, questi ultimi costruiti senza prepotenza – strutture semplici e ben distanziate tra loro che lasciano spazio alle dune di sabbia e al panorama roccioso che si apre alle spalle dell’Oceano. Tutto contribuisce a creare un’atmosfera rilassata a vacanziera.
A conclusione di questo mini tour non poteva mancare una incursione a Lisbona: poche ore sono sufficienti per intuire la magia di questa città, l’architettura tipica, le salite e le discese, i caratteristici tram gialli che la attraversano, il porto, i parchi e gli immancabili pastel de nata o pastel de Belém, da accompagnare rigorosamente a un sublime bicchiere di Porto.
Venerdì, 23 luglio 2021
In copertina: Il ponte 25 Aprile, Foto di Ronile da Pixabay.