Il ‘nulla’ secondo William Shakespeare e Caterina Simonelli
di Simona Maria Frigerio
Che appaia blasfemo paragonare il Bardo a un’autrice contemporanea è reazione tipicamente italiana, leggasi provinciale e legata a vetusti preconcetti – quali che i ‘grandi’ sono solamente i classici del passato i quali, sarebbe d’uopo sottolineare, a suo tempo erano tutt’altro. E infatti Shakespeare scriveva per i membri della sua Compagnia – consegnando a ognuno, probabilmente, solo la sua parte di copione – e per piacere al suo pubblico, che non fu mai quello della Corte (tanto è vero che i masque giacobiti lo annoiarono al punto da farlo ritirare in campagna) ma il popolino. E così sfatiamo il mito che William scrivesse per nobili menti – o, peggio, fosse egli stesso ‘nobile’.
I contemporanei, quindi, nulla devono temere e, anzi, nel mondo anglosassone è normale rileggere i cosiddetti classici e trasformarli in altro – vedasi il successo di Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard (versione sia teatrale sia cinematografica) o Romeo + Giulietta di William Shakespeare di Baz Luhrmann.
Ma in un Paese come l’Italia dove si considera incriticabile un Italo Svevo – che, in Una vita, ammorba l’anima del lettore ‘disaggradevolmente’ dalla prima all’ultima, vetusta e stucchevole pagina – o dove mi capita di sentire un esimio incaricato pubblico, che dovrebbe occuparsi di arte contemporanea, blaterare che dopo il 1970 non si è più prodotta arte (intendendo quella figurativa) e che, secondo lui, è più facile avvicinare gli studenti delle superiori alla materia accostando un Giotto a un passo di Dante (inconsapevole che il quindicenne non troverà più facilmente leggibile Giotto perché figurativo ma JR – ovviamente non il texano! – in quanto denuncia lo sterminio delle api); ecco che un’autrice giovane (perché ormai tali si è fino alla pensione) e donna, nostra contemporanea, che si azzardi a intessere trama e parole del Re Lear con la sua storia familiare può apparire se non diabolica – almeno quanto una strega – poco meno.
E così noi, il 5 luglio scorso, in occasione della replica del suo monologo al Parco David Bowie di Monsummano Terme (titolazione che rimanda ai tempi felici di un’Italia meno ossequiosa e borghese, ossia a quelli in cui una rock star pre-Ziggy ma già alternativa, poteva essere ospite di un piccolo borgo toscano), abbiamo chiesto a Caterina Simonelli di permetterci di pubblicare il suo testo integralmente.
Al lettore giudicare se non abbia senso che il teatro, come ai tempi del Bardo, continui a confrontarsi con il qui e ora o se ‘abbia ad apparire aggradevole’ a un pubblico letteralmente sepolto.
Testo di Caterina Simonelli, gentilmente fornito dall’autrice per la pubblicazione. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale.
Venerdì, 23 luglio 2021
In copertina: Caterina Simonelli nel reading Se Fossi, presso il Museo Ugo Guidi di Forte dei Marmi. Foto di Luciano Uggè (tutti i diritti riservati).