Un Parco archeologico per viaggiare nel tempo
di Luciano Uggè
In occasione della XVI edizione del Premio Internazionale Napoli Cultural Classic 2021, che vede il Direttore del Parco Archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, ricevere il Premio speciale cultura per il Territorio, riproponiamo un pezzo scritto in occasione della nostra visita al Parco nel 2018, durante la quale potemmo apprezzare la cura e le innovazioni apportate al sito dal suo nuovo Direttore.
°*°*°
Tra la collina con l’abitato moderno e il mare, sorge l’antica Ercolano, un microcosmo di vie, piazze, botteghe e abitazioni che restituisce in un solo colpo d’occhio la complessità della vita ai piedi del Vesuvio in epoca Romana. Seguiteci e condividetela con noi!
Un volo d’uccello, quello che si percepisce entrando nel sito, piuttosto raro e dovuto alla conformazione stessa di Ercolano, adagiata lungo un declivio, che permette da subito di valutare l’abitato e la sua ricchezza in quanto patrimonio archeologico.
Per chi voglia sottrarsi alle guide e girare liberamente, la prima tappa è all’insula sulla sinistra entrando dall’ingresso superiore. Qui la stratificazione degli intonaci è ben visibile, come pure la pratica di incorniciare le tavole pittoriche del pictor imaginarius all’interno di precise architetture – affrescate sulle pareti nei vari stili.
Nella Casa dello Scheletro, poco oltre, il ninfeo presenta un fregio con tre dei sette pannelli ancora originali e un’ampia finestra rettangolare che affaccia sul tablino regalando ariosità agli ambienti.
Ovviamente è impossibile condensare in un pezzo tutti gli edifici – pubblici e privati presenti nell’area (tenendo conto, però, che Ercolano non presenta un Foro) – ma il consiglio, percorrendo il decumano è di soffermarsi nelle varie botteghe, che riportano immediatamente la mente indietro nel tempo, suggerendo i profumi e i sapori di banchetti luculliani.
A lato delle botteghe si aprono le Terme maschili con un mosaico in bianco e nero con tritone e delfini e un bel bacile ancora in situ. Più piccole, ma più ricche a livello iconografico, le Terme femminili, dove possiamo ammirare nell’apodyterium un pregevole mosaico in bianco e nero con delfini, animali marini e tritone – che dimostra immediatamente la cura romana per gli ambienti pubblici; mentre nel tepidarium il mosaico labirintico curiosamente rimanda alle predilezioni massoniche del Sanseverino (come è possibile constatare, sempre a Napoli, nella Cappella Sansevero, più nota per il Cristo Velato). Ancora intatta la vasca in marmo del calidarium, sotto la volta a botte che rende l’ambiente arioso. Le terme erano frequentate da genti di tutti i censi, in quanto l’ingresso era economico.
Gironzolando in piena libertà e immergendosi nell’atmosfera che Ercolano sa ricreare, è un piacere entrare nella splendida Casa Sannitica. Qui l’impluvium rivestito di marmo troneggia al centro dell’atrio, reso particolare dalle colonne ioniche posizionate sulle pareti a una certa altezza, che danno l’illusione della presenza di un piano superiore, anche grazie a una finta balaustra. Il gioco illusionistico si ripete su tre lati della stanza, mentre il quarto è aperto su un’idea di balconata – aggettante direttamente verso il cielo. La sensazione di ariosità, già provata nelle Terme, qui si riconferma – nonostante l’esiguità di aperture verso l’esterno delle piccole stanze.
Interessante anche la Casa dei Cervi in quanto conserva – in gran parte intatto – il ballatoio del primo piano, oltre ai pavimenti mosaicati, resi policromi grazie agli inserti di marmo di diversa forma e colore. Forse unica nel suo genere la terrazza, in fondo al guardino che, un tempo, si affacciava direttamente sul mare, con un piccolo gazebo che godeva di una vista panoramica e, di fronte allo stesso, un portone con timpano mosaicato a pasta vitrea. Ulteriore curiosità di questa dimora è che la sontuosa abitazione (con pareti affrescate in blu, colore molto costoso all’epoca) apparteneva a uno schiavo affrancato, quasi che la scala sociale nell’antica Roma fosse più mobile di quella attuale.
Molte ville, restaurate e rese nuovamente fruibili al pubblico, qui – al contrario di Pompei – presentano anche il primo piano (conservato grazie alla colata di fango) e, in alcune, sono tuttora visibili gli affreschi o, almeno, i loro frammenti che testimoniano gli stili pittorici succedutisi e le stratificazioni degli stessi. Come accade tutt’oggi, quando si sovrappongono mani di colore le une sulle altre, anche i patrizi romani usavano rinfrescare le pareti (oltre al fatto che Ercolano fu parzialmente distrutta, prima dell’eruzione del Vesuvio, da un terremoto, nel 62 d.C., e molte abitazioni ed edifici pubblici dovettero essere in parte o totalmente ricostruiti).
Terminiamo la visita in una tra le aree a più alto impatto emotivo, con gli scheletri ammassati sotto i fornici (che, un tempo, si trovavano in riva al mare). Uomini, donne e bambini vi si ammassarono in cerca di scampo ma il mare, secondo Plinio, era in burrasca. Ultimo rifugio per gli abitanti della ricca località balneare i fornici, appunto, dove erano ormeggiate le barche e che, ancora oggi, cullano i resti di un’intera popolazione che ci restituisce la sensazione della nostra comune fragilità umana.
Venerdì, 16 luglio 2021 (visita effettuata nel 2018 per Artalks.net)
In copertina: L’antica Ercolano a ridosso dell’abitato della città moderna. Foto di Luciano Uggè (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione).