Italia/Cuba: Primo Levi non docet
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Era il 21 marzo 2020 quando La Repubblica titolava: “Cuba in soccorso dell’Italia. 52 medici e infermieri in arrivo a Crema”. Erano i giorni in cui gli slogan di moda – di un popolo tra il terrorizzato e il patetico – erano: “Andrà tutto bene” e “Nulla sarà più come prima”, sottintendendo che saremmo stati tutti più buoni, meno egoisti, meno capitalisti, meno razzisti (nonostante stessimo chiudendo i porti ai migranti proprio con la scusa della pandemia).
Era il 12 marzo 2021 quando di fronte al Consiglio per i diritti umani, organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Italia votava contro una risoluzione che condannava l’adozione di sanzioni unilaterali (leggasi principalmente da parte degli Stati Uniti) contro Paesi sovrani (quali Cuba), ossia li sollecitava “a non adottare, mantenere o attuare misure coercitive unilaterali incompatibili con il diritto internazionale, il diritto umanitario, la Carta delle Nazioni Unite e i princìpi che governano le relazioni pacifiche tra Stati”. In pratica, la memoria italiana è talmente flebile non solamente da essersi scordata di precedenti prese di posizione italiane a favore di similari risoluzioni (che, come sappiamo, sono semplici dichiarazioni sulla carta che nulla modificano nella realtà dei fatti) ma altresì di quanto accaduto solamente un anno prima: quando un’Italia cialtrona chiedeva aiuto a chiunque perché, aldilà della chiusura dei voli con la Cina, nulla aveva fatto per fronteggiare l’epidemia da Covid-19 non più alle porte ma dentro casa.
Il diritto alla salute sconfitto dal bloqueo?
Nella stessa inutile risoluzione si specifica che beni essenziali quali cibo e medicine non devono costituire strumenti di pressione. Ossia che un Paese non può arrogarsi il diritto di affamarne un altro per destituire un Capo di Stato o destabilizzare un Governo. Ma come la Banca Centrale Europea lasciò montare lo spread italiano per sostituire il Governo Berlusconi con quello Monti (con una manovra da colletti bianchi), così – dopo l’entrata dei rivoluzionari cubani a La Havana (del 1° gennaio 1959) – gli Stati Uniti avviarono il bloqueo, un insieme di sanzioni finanziarie, economiche e commerciali contro i barbudos che si erano permessi di fare piazza pulita nel ‘giardino di casa’, cacciando non tanto Fulgencio Batista quanto esimi personaggi quali il mafioso Meyer Lansky e gli stessi statunitensi. Coloro che, prima dell’arrivo al potere di Fidel Castro, controllavano dal petrolio alla telefonia cubana passando per una cospicua parte della produzione di zucchero di canna (laddove la riforma agraria porterà alla nazionalizzazione delle proprietà al di sopra dei 405 ettari e alla costituzione delle prime cooperative agricole), non gradirono che un popolo decidesse di essere di fatto, e non solamente sulla carta, sovrano. Ovviamente tutte ragioni ‘validissime’ per la Casa Bianca per instaurare un blocco economico tale da costringere quello stesso popolo a piegarsi ai propri diktat e che, ad aprile del 2020, è arrivato (come scriveva Prensa Latina, riportando un articolo della giornalista Laura Hunter) a interessare: “le aziende svizzere IMT Medical AG e Acutronic Medical Systems AG, tra i leader mondiali nella fabbricazione di respiratori di alta tecnologia”, le quali “hanno ricevuto l’ordine di non venderli alla maggiore delle Antille. Allegando le sanzioni commerciali, finanziarie ed economiche statunitensi, si sono rifiutati di somministrare queste attrezzature essenziali per il trattamento dei pazienti gravi di Covid-19, essendo state acquistate due anni fa dalla società statunitense Vyaire Medical Inc.”.
E il nostro Belpaese nemmeno si perita di fingere che il diritto internazionale conti più di una visione atlantista e francamente passatista in cui credono solamente Biden e Draghi.
Ciliegina sulla torta. Nella famosa risoluzione di marzo 2021, dato l’alto costo umano delle sanzioni (dall’Iraq in avanti l’Occidente dovrebbe ormai aver perso la propria presunzione di ‘innocenza’ in merito), si dichiara che le stesse non dovrebbero essere sostenute da Paesi terzi – in quanto misure in sé coercitive e contrarie al diritto internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite. Peccato che le sanzioni secondarie OFAC, siano imposte dagli Usa persino “a persone fisiche e entità giuridiche non statunitensi che intervengono con attività finanziarie e/o commerciali, oggetto di restrizioni, in particolare con l’Iran o con la Russia”. L’ultimo colosso europeo colpito dal ‘paladino’ della libertà dei mercati è stata la SAP AG, azienda tedesca leader del software aziendale, che ha “accettato di pagare più di 8 milioni di dollari al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti e all’OFAC per migliaia di esportazioni di prodotti in Iran, effettuate tramite la fornitura agli utenti iraniani dell’accesso ad aggiornamenti software, patch e servizi cloud, in violazione dell’Export Administration Regulations e dell’Iranian Transactions and Sanctions Regulations” – ossia di sanzioni unilaterali statunitensi (si veda https://studiopadovan.com/blog/2021/lamministrazione-usa-non-risparmia-il-gigante-tedesco-della-tecnologia-sap/).
Cuba 2/Italia 0
Nonostante tutto, la classe non è acqua. Mentre il nostro Paese, che si gloria di far parte del G7, dopo una serie infinita di annunci – poi finiti nel nulla per mancanza di fondi (https://www.ilsole24ore.com/art/reithera-ecco-quale-puo-essere-destino-vaccino-italiano-lo-stop-finanziamenti-AEs9YPK) – su un vaccino italiano, pubblico e persino privo di brevetto, e i continui tira e molla con AstraZeneca e, per ragioni diverse, sullo Sputnik V, continua a barcamenarsi nei marosi; un’isola che da 60 anni sopravvive al bloqueo, dimostra di essere la punta di diamante dell’America Latina a livello sanitario (ma si potrebbe aggiungere anche per quanto riguarda il diritto all’istruzione visto il numero di laureati e non solamente in medicina), avendo “ora almeno due vaccini pubblici contro SARS-CoV-2”, come afferma lo scienziato palermitano del CNR all’Istituto di Chimica biomolecolare di Pozzuoli e professore di Chimica all’Università dell’Avana, Fabrizio Chiodo, con un messaggio su Twitter. Chiodo lavora, tra l’altro, presso l’Istituto Finlay di La Havana – dove sono stati sviluppati tali vaccini.
E, dato che siamo in tempi di Europei di calcio, il 23 giugno Cuba segna un secondo goal (sperando non sia, per l’ennesima volta, solo di bandiera): con 184 voti a favore, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione contro il bloqueo. Ovviamente, contro tale risoluzione hanno votato Stati Uniti e Israele (che si conferma Paese altamente democratico).
“Come dice qualcuno, questa triste, infelice e lunga isola resterà lì, dopo l’ultimo indio e dopo l’ultimo spagnolo e dopo l’ultimo africano e dopo l’ultimo cubano, sopravvivendo a tutti i naufragi ed eternamente lambita dalla corrente” (“Como dijo alguien, esa triste, infeliz y larga isla estará ahí después del último indio y después del último español y después del último africano y después del último de los cubanos, sobreviviendo a todos los naufragios y eternamente bañada por la corriente”, da Vista del amanecer en el trópico di Guillermo Cabrera Infante, t.d.g.).
Venerdì, 2 luglio 2021
In copertina: Cuba, paesaggio. Foto di Weisastrid da Pixabay.