Il direttore della Città del Teatro di Cascina tra arte e managerialità
di Simona Maria Frigerio
Con la riapertura dei teatri e l’occasione di una replica dell’ottimo spettacolo di Angelo Campolo, Stay Hungry, in quel di Cascina, abbiamo incontrato il suo direttore, Luca Marengo, per capire quali progetti stia portando avanti – sia a livello di drammaturgia contemporanea sia di teatro ragazzi. Ma iniziamo dal recente passato di un professionista del settore che, da quasi vent’anni, si muove sulle assi dei palcoscenici di alcuni tra i teatri più interessanti e innovativi del panorama teatrale italiano – i milanesi Teatro della Cooperativa ed Elfo Puccini.Luca Marengo: «La mia formazione parte dal corso per Operatori dello Spettacolo e delle Attività Culturali presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, che ho concluso nel 2003. Lo stesso anno ho iniziato a lavorare al Teatro dell’Elfo come tirocinante per due Stagioni. Nel frattempo ho fondato, insieme a Renato Sarti, il Teatro della Cooperativa – sempre a Milano, in zona Niguarda. Dal 2002, però, avevo già iniziato a lavorare con Davide Enia e la collaborazione continua dato che co-produciamo i suoi spettacoli qui, alla Città del Teatro di Cascina. Tornando all’Elfo, ricordo di aver iniziato con la direzione di sala – occupandomi del front office così come della biglietteria e di diverse mansioni organizzative; mentre alla Cooperativa mi destreggiavo tra la direzione artistica e quella organizzativa. Una gavetta però – come dicevo – che era iniziata con Davide perché, appena uscito dalla Paolo Grassi, lui debuttò con Italia-Brasile 3 a 2 e fu un tale successo che il primo anno sostenne oltre 200 repliche! Quindi, potrei dire che non ebbi nemmeno il tempo di terminare gli studi che mi ritrovai immediatamente nella mischia: compresi subito che il mondo del lavoro sarebbe stato diverso da quanto mi era stato insegnato e dovetti adattarmi immediatamente alla realtà che avevo di fronte».
Lei ricopre un ruolo per il quale si è preparato a livello di studi e con una lunga gavetta. Cosa pensa dei direttori artistici e organizzativi che provengono dal mondo attorale o da altre professioni senza alcuna esperienza in materia?
L. M.: «Credo che la questione implichi un discorso di competenze. Non è detto che chi nasce artista non possa dirigere un teatro. Credo, però, che sia importante che ci si dedichi. Per cui un artista – pur occupandosi di una regia all’anno – per il resto del tempo dovrebbe dedicarsi a quelle che sono le dinamiche organizzative e burocratiche della struttura teatrale che gli è stata affidata. Soprattutto riguardo a queste ultime, va detto che sono una parte ancora molto gravosa del nostro lavoro rispetto all’intero complesso delle attività teatrali. Non sono contrario né al fatto che chi ha competenze organizzative, come me, possa averne anche di artistiche – e, anzi, deve averne! – né al fatto che un artista possa e debba occuparsi di organizzazione teatrale. Se al contrario un artista – diciamo ‘puro’ – pensa di poter di dirigere un teatro non occupandosi della parte gestionale, secondo me è una possibilità persa sia per lui che per il teatro».
Il passaggio da una città effervescente a livello teatrale come Milano alla Toscana, come le è sembrato?
L. M.: «Da un punto di vista organizzativo ma anche dello spazio fisico, La Città del Teatro di Cascina è una struttura molto impegnativa. Sono 5.000 metri quadrati, che comprendono diverse sale teatrali e sale prove. Avrei avuto bisogno di un tempo di adattamento abbastanza lungo che, purtroppo, non ho avuto in quanto sono stato nominato a luglio 2018 e, a settembre, era già necessario presentare una Stagione. Diciamo che mi sono adattato in corsa. Innanzi tutto ho deciso di conoscere il territorio e, per farlo, ho scelto di risiedere in Toscana per l’intera settimana – cosa che continuo a fare – perché penso che la presenza sul territorio sia fondamentale soprattutto per uno spazio come questo. Occorre ricordare, infatti, che La Città del Teatro è l’unico centro di produzione teatrale italiano situato in una città che non è capoluogo di provincia. Quindi, si potrebbe dire che ancora di più la struttura ha un impatto culturale ma anche sociale sul territorio. Inoltre, va considerato il fatto che, lavorando con le scuole (in quanto produciamo teatro per l’infanzia e la gioventù), il rapporto con le stesse ma anche con l’assessore all’istruzione e con la cittadinanza è fondamentale. Credo che tutto ciò comporti uno sforzo maggiore, almeno inizialmente – ma poi ci si organizza».
Nel periodo del lockdown è stata ideata la piattaforma ItsArt, per proporre il teatro online a pagamento. Cosa pensa di un teatro non in presenza e del fatto che poche realtà teatrali abbiano aperto le loro porte a Compagnie e artisti perché continuassero almeno a provare?
Luca Marengo: «Credo che la presenza sia imprescindibile e insostituibile e, quindi, tutti i progetti che abbiamo portato avanti per lo streaming non erano semplicemente spettacoli trasmessi in streaming. Al contrario, abbiamo cercato di adattarci a un altro alfabeto, che non poteva essere quello teatrale bensì quello video. Così abbiamo ideato Alice in teatro,che prendeva spunto dai personaggi di una passata produzione, Ecila / Alice al rovescio, inseriti però in tutti gli spazi della Città del Teatro, anche quelli che di solito il pubblico non vede – come, ad esempio, i tetti o la graticcia, gli anfratti o i cortili interni, in modo tale da dare la possibilità agli spettatori di godere di un’altra visione del teatro, rispetto a quella canonica, e di vivere un’esperienza diversa. Segnalerei anche il progetto formativo intitolato Cosa può un robot? – con Dario Focardi e Pericle Salvini – che prendeva spunto dalla fiaba di Cappuccetto Rosso. Abbiamo costruito una scenografia in teatro e poi siamo entrati nelle classi con le lavagne multimediali. I bambini, dopo ore di formazione sulla fiaba, sugli aspetti drammaturgici, registici e scenografici del nostro mestiere, hanno seguito anche delle lezioni di coding [che permettere di imparare i linguaggi di programmazione in maniera semplice e intuitiva, n.d.g.] e hanno telecomandato, utilizzando la fiaba come input narrativo, un robot con una telecamera che si muoveva in teatro all’interno di una scenografia predisposta. Da un lato, quindi, credo sia importante che la gente conosca i tanti mestieri che compongono il fare teatro e, per noi, questa è stata un’occasione per mostrarli; dall’altro, questo lungo periodo di chiusura ha visto soffrire molti lavoratori dello spettacolo e continuare l’attività, qui a Cascina, è servito per evitare ulteriori casse integrazioni. La nota che mi sento di fare è che noi, come teatri, siamo finanziati per lo spettacolo dal vivo. Quindi, dal punto di vista ministeriale, il richiamo allo streaming è stato un po’ forzato. Al contrario, si sarebbe potuto chiedere di produrre delle Compagnie giovani in modo tale che, quando si fosse riaperto, si sarebbe stati pronti ad alzare il sipario. Per quanto mi riguarda, alla Città del Teatro si è continuato sempre a lavorare anche se non si poteva aprire al pubblico, questo per garantire gli artisti e le maestranze. Penso che le risorse che abbiamo sia eticamente e professionalmente più giusto utilizzarle per chi in teatro ci lavora, e per mantenere vivo il contatto con il pubblico, che per altro».
L’intervista prosegue su https://teatro.persinsala.it/intervista-a-luca-marengo/61985/
Pausa caffè e continuiamo la conversazione.
Venerdì, 11 giugno 2021
In copertina: Il logo de La Città del Teatro.