Incontriamo Donatella Massimilla
di Simona Maria Frigerio
Da anni seguo il lavoro della direttrice artistica di CETEC/Spazio Alda Merini di Milano e ne ho sempre apprezzato la coerenza, pur non avendo mai avuto l’opportunità di conoscerla personalmente. Quest’intervista è quindi un modo per incontrarla, insieme a voi lettori, e scoprire la grande umanità di una regista – e non solo – che da trent’anni regala la poesia del teatro al carcere.
Come nasce, e da quale esigenza, il CETEC – ormai con una trentennale esperienza alle spalle?
Donatella Massimilla: «La storia del CETEC nasce da uno spettacolo teatrale, Il Decameron delle donne, tratto dall’omonimo romanzo di Julia Voznesenskaja, scrittrice dissidente russa ora scomparsa, che avevo messo in scena al Teatro Verdi proprio trent’anni fa per il mio debutto da regista. Nel novembre 2019, prima della pandemia, è stato rimesso in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano con la Compagnia del CETEC Dentro/Fuori San Vittore in una nuova versione originale, riscritta in parte con le attrici detenute di San Vittore. Si parlava di reclusione attraverso una metafora ‘felice’: un reparto maternità isolato per un’infezione. In realtà l’autrice raccontava delle donne che aveva incontrato nel Gulag, dove era stata rinchiusa per diversi anni. La storia mi aveva affascinato ed ero andata a conoscerla in Germania dove viveva in esilio. Lo spettacolo, al suo debutto, fu un successo, ma sentivo di voler approfondire il tema della reclusione e chiesi all’allora Direttore di San Vittore, Luigi Pagano, di realizzare un Laboratorio di teatro nella sezione femminile. Questi accettò e lo ringrazio ancora per quel sì e per la sua lungimiranza: così è iniziato per me e per gli artisti che mi affiancavano in quel tempo un lungo viaggio che ancora continua, di arte e vita, di teatro e ricerca…».
Teatro e carcere. Quale il valore delle attività artistiche per detenuti e detenute?
D. M.: «Il valore delle attività teatrali nei luoghi di reclusione è quello del Teatro. Il Teatro se fatto in modo autentico è portatore di cambiamento, è il linguaggio trasformativo per eccellenza. Ho lavorato con il teatro in carcere in Italia e in Europa, per tanti anni a San Vittore sia nelle sezioni maschili che in quelle femminili, attraversando – per un paio di anni – anche il mondo dei figli, al Carcere minorile Beccaria. Questo all’inizio della mia carriera da regista ‘reclusa’, affinando un metodo anche personale che definisco ‘autodrammaturgia’. Le persone recluse possono lavorare sui propri vissuti attraverso grandi trame teatrali, da La Tempesta di Shakespeare a Le Serve di Genet, da Victoria Station di Pinter a La Casa di Bernarda Alba di Garcia Lorca, da Alda Merini a Frida Kahlo, ad esempio, riscrivendo e adattando a ogni personaggio la storia delle persone recluse che incontro, le quali trovano la forza di raccontarla, oltre che agli altri, soprattutto a se stesse. Accettando anche quanto commesso in passato e trovando la forza per ricostruire il proprio futuro, abbattendo il muro di vergogna verso quanto commesso; perché riconoscersi nelle sofferenze altrui è un vero balsamo per il cuore e per l’anima».
Per 15 mesi la pandemia ha obbligato a restrizioni pesanti delle libertà. In carcere, però, la situazione è stata anche peggiore. Quali possibilità di manovra ha mantenuto il CETEC?
D. M.: «La pandemia, così come per il mondo libero, anche per il mondo recluso, è stata devastante. Non potendo più entrare in carcere a San Vittore per il laboratorio di teatro, la mancanza di quel dialogo e punto certo su cui le persone sapevano di poter contare ha amplificato l’idea di abbandono. Elena Pilan, una nostra allieva attrice era stata appena trasferita a Bollate, dove grazie alla concessione delle video chiamate tramite whatsapp – sostitutive dei colloqui visivi – e alle email, siamo riuscite a rimanere in contatto, a costruire il suo presente di oggi, scrivendo addirittura un copione teatrale ‘a distanza’. Quelle email sono diventate anche lo spettacolo che si intitola Le Voci di Dentro, Premio Milano Donna 2020 del Comune di Milano, che verrà riproposto il prossimo 12 giugno presso lo Spazio Alda Merini. Attraverso una borsa lavoro del Comune, durante il lockdown, ha avuto modo di uscire dal carcere al mattino per recarsi a fare pratica nel nostro spazio. Non abbiamo, quindi, fatto prove ‘a distanza’ ma dal vivo… un mondo alla rovescia. Nel momento in cui molte persone e molti artisti, purtroppo, il lavoro lo perdevano, mentre noi e tutti gli operatori non potevamo più entrare in carcere, siamo riusciti a far uscire Elena per fornirle una formazione e un lavoro. Lei è la prova tangibile di quale sia l’obiettivo del CETEC da sempre: il reinserimento delle persone attraverso l’arte teatrale anche quando la ‘manovra’ appare quasi impossibile o complicata. Del resto ho appreso dal mio primo Maestro, Jerzy Grotowsky, quanto sia importante andare sempre oltre gli ostacoli, fare teatro ovunque, anche oltre il teatro… e, per me, soprattutto oltre le mura del carcere: pensando così a una Compagnia che può nascere dentro ma soprattutto agisce e si fa conoscere per meriti artistici, oltre che sociali, fuori le carceri».
Passiamo agli eventi della rassegna Spazio alle donne, che saranno ospitati nello Spazio Alda Merini. Com’è stato possibile recuperare questo luogo e offrirlo alla socialità?
D. M.: «Tanto amore e tanta passione unisce il CETEC alle altre associazioni della Piccola Ape Furibonda, alcune composte da donne molto giovani e che sentono l’urgenza di lavorare con la cultura per l’empowerment femminile. Vogliamo passare il testimone negli anni proprio a loro. Abbiamo riaperto uno Spazio che grazie alle quattro associazioni non chiuderà mai, sarà aperto tutti i giorni della settimana affinché possa essere vissuto da tutti: visitatori, appassionati della poetessa, turisti. Ci auguriamo che la porta di cristallo che protegge la stanza da letto di Alda Merini, i suoi oggetti personali – dalla macchina da scrivere al pianoforte – compresi i pezzi del Muro degli Angeli, possano essere, con l’approvazione delle figlie e del Comune, aperti a un percorso sensoriale. L’idea è di riascoltare la voce della poetessa dei Navigli andando vicino alla sua scrivania o, ancora, il suo pianoforte risuonare con i magnifici pezzi di Giovanni Nuti, la voce di Milva o dell’amico Arnoldo Mosca Mondadori. Vogliamo anche avvicinare le scolaresche in modo originale e innovativo alla poesia, insieme al tasto essenziale di far conoscere la storia di Alda, comunicando la sua stessa vita come opera d’arte. Per questo Elena e altre attrici del CETEC interpreteranno anche frammenti del suo Diario di una diversa, poesie e canzoni che lei amava, dal vivo in vere e proprie performance davanti alla sua Stanza. Gli studenti e gli abitanti del quartiere avranno, al pianterreno della Casa museo, anche un co-working piacevole a disposizione, un punto book-crossing e il Bar Charlie – lo chiameremo come quello dove Alda amava andare sui Navigli, che non esiste più, un piano-bar dove sentire le canzoni che le piacevano, ospitare giovani pianiste e artisti. Stiamo cercando di dar corpo a tutto questo con le nostre forze, un vero work in progress, realizzato con materiali riciclati anche in collaborazione a delle giovani scenografe in stage, provenienti dalla NABA (la Nuova Accademia delle Belle Arti). Nel giardino davanti alla Casa, vorrei dedicarmi, invece, con le attrici storiche del CETEC – Gilberta Crispino in primis – a far conoscere maggiormente i nostri lavori teatrali che hanno trovato anche molta visibilità nel tempo, venendo messi in programmazione spesso al Piccolo Teatro di Milano e in altri luoghi ‘storici’ dell’arte milanese. Ora che la maggior parte della Compagnia è composta da attrici ‘libere’ desidererei portare i nostri progetti nella nostra capitale, in tournée nel nostro Bel Paese e anche all’estero, come una vera Compagnia dove non si sa più chi è stato recluso in carcere e chi no. Personalmente ho voglia di finire il mio Diario di bordo, un libro iniziato e mai finito, che prima o poi dovrei davvero ultimare, su questo trentennio di lavoro nei ‘luoghi altri’ e tornare in Messico, dove ho lasciato in sospeso un progetto filmico su Frida Kahlo nelle carceri di Città del Messico».
In epoca post-pandemica c’è bisogno di poesia?
D. M.: «Di poesia c’è sempre bisogno. Il teatro che amo usa la parola, da Shakespeare a noi, come ‘materia’ poetica. Oggi credo che dopo un lungo, lunghissimo periodo di reclusione forzata per tutti, ci sia voglia di libertà, di sorrisi, di gioie, di convivialità… il teatro e la poesia, in sé, racchiudono tutte questi desideri perché danno emozioni dal vivo soprattutto quando scaturiscono da vissuti e da bisogni necessari – Alda Merini docet. Ritengo, quindi, che ci sia tanto bisogno di poesia… come diceva Alda; liberi dalle prigioni dei nostri cuori e dei nostri pensieri. Come scriveva la poetessa, troppo spesso dimenticata: “La Casa della Poesia non ha mai porte”. Questo vogliamo fare con il nostro lavoro: aprire le porte ad artisti e poeti, musicisti e registi, che l’ex Tabaccheria di via Magolfa diventi luogo di scambio e residenze, di laboratori e momenti di lavoro aperti, in cui ci si possa ritrovare dopo questo periodo di tempo sospeso, dando ‘spazio’ alla poesia come modo di vivere per rinascere insieme verso la bellezza».
Oltre alle presentazioni di libri e alla poesia, dedicherete l’evento di sabato 19 giugno alla strage di via Brioschi. Come mai questa scelta? Vuole raccontare ai lettori, magari ignari, questa storia di femminicidio?
D. M.: «Il prossimo 12 giugno sarà intitolata a Micaela Masella un’aula scolastica dell’Istituto Comprensivo P. Thouar e L. Gonzaga – scuola frequentata anche dalle figlie di questa donna. La Dirigente Scolastica, Adriana Colloca, è venuta tempo fa a visitare la Casa Museo e ci siamo conosciute in modo approfondito, parlando delle nostre reciproche iniziative. Ci ha informate dell’anniversario dei cinque anni per ricordare Micaela e le altre vittime della tragedia di via Brioschi. Da tanti anni con il CETEC realizziamo progetti teatrali anche di prevenzione sulla violenza di genere portandoli nelle scuole, nelle piazze, nei teatri. Insieme al Comune di Milano avevo ideato Le Sedie. Work in progress contro la violenza di genere: ogni sedia vuota ricorda una vittima di femminicidio; né possiamo dimenticare la campagna nazionale de Il Posto Occupato – abbiamo messo una sedia vuota in tanti Municipi milanesi, compreso Palazzo Marino. Per delicatezza, sapevo che erano state effettuate delle altre iniziative su Micaela e la sua storia non era stata inclusa nel progetto. Ecco, nella nostra arena estiva il 19 giugno ci sarà la sedia vuota di Micaela, insieme a chi l’ha già testimoniata, il suo compagno Salvo Manganaro, i familiari, gli amici, l’Associazione genitori di via Gentilino, e i ragazzi della scuola, con indirizzo anche musicale, suoneranno dopo il nostro incontro in segno di condivisione e di speranza. La giornalista Cristina Obber, esperta di violenza di genere, troverà insieme a tutti noi, parole necessarie, che non vanno espresse solo in occasione del 25 novembre. Dopo la violenza domestica, scaturita ancora di più durante la pandemia, bisogna tenere davvero alta l’attenzione, facendo prevenzione soprattutto a partire dai bambini e dai ragazzi nelle scuole».
Ad aprire la rassegna il libro dedicato ad Alda Merini. Un ricordo della donna e poetessa?
D. M.: «Emanuela Carniti, sua figlia maggiore – insieme alla sorella Barbara e ai suoi amici intimi come, Giuliano Grittini e Alberto Casiraghy – alcuni anni fa, era venuta a incontrarci a San Vittore per assistere a un nostro lavoro poetico teatrale dedicato alla madre. Il tutto era avvenuto nella stessa biblioteca dove Alda si raccontava e fumava. Quando abbiamo vinto con il progetto Le Stanze di Alda, il bando del Comune di Milano Municipio 6 per gestire per i prossimi anni lo Spazio Alda Merini, l’ho chiamata immediatamente e ne è stata felice. Con la rete, Piccola Ape Furibonda (costituita da Cetec-Ebano-Errante-Promise), con cui condividiamo questa gestione della Casa Museo, faticosa ma bella, abbiamo organizzato una Stagione estiva di ri-partenza dopo la forzata chiusura da pandemia. Non poteva esserci modo migliore di iniziare in giardino, davanti ai Murales dedicati ad Alda, con il racconto in viva voce di Emanuela, con il suo libro dedicato alla madre. Emanuela ha vissuto più di ogni altra persona da vicino l’esperienza del suo internamento, del dentro e fuori dall’Ospedale psichiatrico Paolo Pini, la nascita delle altre sorelle, poi date in affidamento dal papà fornaio che non poteva occuparsene. Attraverso la narrazione della madre svela il suo personale diario di figlia diversa, la quale tramite la scrittura autobiografica, si riavvicina alla propria madre. Emanuela diviene così più consapevole del legame con la mamma come delle sue scelte, del suo distanziarsi per ritrovarsi. L’incontro di sabato 29 maggio è stato magico, ci ha donato momenti di estrema intimità e sensibilità, avvicinandoci in modo davvero speciale ad Alda. Le siamo tutti profondamente grato».
Alda Merini è stata ricoverata in ospedale psichiatrico tre volte. Il CETEC lavora in carcere. Manicomio e carcere come istituzioni repressive e totalizzanti. Si potrà mai superare il carcere?
D. M.: «Alda Merini incarna nei suoi ricordi scritti gli orrori del manicomio dei suoi anni. Lo psichiatra che ebbe l’idea di regalarle quaderno e penna e le chiese di tenere un diario, di scrivere la sua storia, la aiutò a rinascere. I manicomi sono stati chiusi, anche se ancora molta strada bisogna fare per migliorare i servizi in supporto ai pazienti e alle loro famiglie; le carceri rimarranno sempre aperte, purtroppo. In un Convegno europeo organizzato tanti anni fa dall’associazione che dirigevo, Ticvin Società Teatro, l’artista Judith Malina, esordì dicendo: «Le carceri non devono esistere, ma quando sono stata con il Living Theatre arrestata a New York, il più bello spettacolo mai realizzato in vita mia l’ho fatto con le attrici detenute in carcere». Entrando a vivere, anche se brevemente in carcere, si era sentita parte del carcere. Parole utopiche le sue, che condivido in pieno. Credo che il solo modo per superare ogni forma di reclusione siano la conoscenza e la coscienza di vederla come una realtà che fa parte anche di noi, della società e di cui tutti siamo responsabili. Tutto ciò che si ignora può far paura, ma in realtà nelle carceri ci sono persone, esseri umani e non mostri, come spesso si pensava anche delle persone rinchiuse nei manicomi. Persone che meritano una seconda possibilità e di essere soprattutto riconosciute in qualità di persone e non solo viste per il reato commesso. Il teatro, l’arte, la musica, la scrittura aiutano a riconoscersi e a rinascere… anche questo andrebbe sancito in un riconoscimento che tarda ad arrivare non solo dal Ministero della Cultura ma anche da quello di Giustizia».
Gli eventi si terranno:
Giardino dello Spazio Alda Merini
via Magolfa, 30 – Milano
(partecipazione gratuita, prenotazione obbligatoria scrivendo all’email info@spazioaldamerini.com)
Programma di giugno:
sabato 5 giugno, ore 18.00
biografie di donne straordinarie e non con la giornalista e scrittrice Annarita Briganti. Un viaggio da Alda Merini a Coco Chanel, passando per Frida Kahlo e Tina Modotti. Introduce Donatella Massimilla. Interviene Ave Comin, studiosa che ha conosciuto e frequentato la ‘nostra’ Alda. Letture a cura del CETEC Dentro/Fuori San Vittore.
sabato 12 giugno, ore 16.30
laboratorio di narrazioni teatrali per bambini a cura del CETEC in collaborazione con Carthusia Edizioni per dar voce al progetto Donne avventurose che hanno fatto grande Milano, con la partecipazione dell’autrice Patrizia Zelioli (illustrazioni di Ilaria Mauriello ed Elena Tarantola)
ore 20.00
Le voci di dentro
performance teatrale del CETEC Dentro/Fuori San Vittore
testi Elena Pilan e Donatella Massimilla
regia Donatella Massimilla
con Gilberta Crispino ed Elena Pilan
fisarmonica Gianpietro Marazza
sabato 19 giugno, ore 18.00
per non dimenticare la strage di via Brioschi
incontro con la dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Statale P. Thouar – L. Gonzaga, Adriana Colloca, il co-fondatore dell’associazione culturale Teatro Totale Salvo Manganaro, la giornalista e scrittrice Cristina Obber, e il presidente associazione Genitori Gentilino Matteo Rossetti. Modera Donatella Massimilla
sabato 26 giugno, ore 18.00
presentazione del libro La scuola del sorriso a cura di Clown One Italia Onlus. Incontro con Ginevra Sanguigno e Italo Bertolasi. Introduce Donatella Massimilla
Venerdì, 4 giugno 2021
In copertina: Donatella Massimilla direttrice artistica CETEC/Spazio Alda Merini. Foto di Elena Pilan (tutti i diritti riservati).