News dalla Grecia
di Francesco Chiaro
A poco più di una settimana dai fatti di Nea Smyrni, dove la violenza della polizia di Stato (ELAS e sue divisioni, MAT, DRASI e OPKE) ha dovuto fare i conti con una cittadinanza attiva e consapevole del proprio potenziale reazionario, la situazione in Grecia non sembra volersi distendere, tutto il contrario. Il governo a guida Mitsotakis, poi, sembra votato a fare del proprio peggio per inasprire lo scontento che permea ormai in modo trasversale la culla della cosiddetta democrazia.
Sciorinando un mea culpa di rito che non è riuscito a dare nemmeno una parvenza di dignità a una dirigenza politica silurata da qualsiasi tipo di opposizione parlamentare e non (ma non dai mass media, pesantemente sovvenzionati dal partito di Nea Dimokratia) per la propria sfacciata noncuranza nei confronti del benessere sociale dei propri cittadini in nome di politiche neoliberiste mirate al profitto economico di pochi a discapito dei molti, il primo ministro in carica ha provato ad arginare la débâcle autoritaria dei suoi accoliti (in primis del Ministro della protezione civile Michalis Chrysochoidis, che ha assolto in toto le azioni delle su forze dell’ordine) annunciando una riforma imminente della polizia greca. Come descritto dallo stesso @PrimeministerGR in un piano di ben quattro punti, in un non meglio determinato futuro le forze che dovrebbe proteggere i cittadini verranno munite di telecamere da indossare durante lo svolgimento del proprio lavoro e dovranno passare test psicoattitudinali che li accompagneranno anche durante gli anni di servizio. Inoltre, gli studi accademici necessari per accedere ai vari corpi di polizia verranno aggiornati (su approvazione di una proposta di legge ad hoc), mentre la figura del difensore civico verrà affiancata da un avvocato speciale che si occuperà unicamente di questioni collegate alla brutalità poliziesca.
Dall’altro lato della moneta, però, al di là delle belle speranze di chi, fino a pochi giorni fa, non si sarebbe mai sognato di dover riformare (o perlomeno promettere di farlo) quel servizio di repressione statale chiamato polizia, si trova una realtà ben diversa. Poco prima che la pentola a pressione dello scontento riscaldata dai soprusi in divisa esplodesse, infatti, la viceministro del Lavoro e degli affari sociali Domna Michailidou aveva annunciato, come riportato da l’Efemeryda ton Syntakton, che l’assistenza ai minori temporaneamente non accompagnati perché figli di carcerati/e, persone in detenzione preventiva o soggette all’esecuzione di una pena sarebbe passata dalle mani dei servizi sociali a quelle più capaci della… polizia di stato, calpestando di fatto i diritti in teoria inalienabili (se non tramite azioni giuridiche specifiche e giustificate solo in casi di estrema gravità e comunque mai in modo automatico, come invece vorrebbe Michailidou) dei genitori sui propri figli e sulle proprie figlie. Le istantanee critiche sfoderate dalle varie rappresentanze politiche e dalle associazioni per la protezione dei minori, però, sono state puntualmente soffocate dall’esplosione della pentola a pressione di cui sopra, che ha dato adito a un susseguirsi di ottimi esempi per i quali l’ELAS e le sue divisioni speciali sono gli ultimi attori sociali a cui affidare la protezione dei minori.
Oltre alle classiche denunce di tortura di un Paese democratico europeo (riportate in uno dei suoi molteplici casi anche in un articolo di Dimitris Deliolanes per IlManifesto, https://ilmanifesto.it/la-denuncia-botte-e-torture-nel-carcere-di-atene/), in questi la polizia di Stato greca sembra trarre piacere dal macchiarsi di crimini perseguibili penalmente (forse per l’impunità che godono gli agenti, forse per l’imperituro fascismo dichiarato di chi si nasconde dietro caschi e scudi antisommossa), annoverando nei suoi annali anche molestie sessuali a ragazzine, rapimenti coatti di ‘anarchici’, accuse di tentato omicidio non soltanto infondate, ma platealmente fittizie, sempre nei confronti dei ‘elementi sovversivi’, irruzione in proprietà private senza mandato per ‘arrestare sospetti’ spesso da poco maggiorenni, omissione di soccorso fuori dalle porte del Parlamento (con morte di un 21enne denunciata quasi solamente dai social media e conseguente campagna dal basso per la ricerca di testimoni oculari nonostante le centinaia di telecamere presenti nella zona, dopo che l’unico testimone oculare presente sulla scena era stato cacciato con violenza dal vigile sopraggiunto sulla scena), nonché lancio di molotov contro manifestanti.
E come se non bastasse, la violenza, l’impunità e le mistificazioni degli agenti sembrano riecheggiare anche tra i banchi del Parlamento. In primis, il caso del Ministro dello Sviluppo e degli Investimenti, Adonis Georgiadis (già venditore di enciclopedie in TV), il quale, in barba alle norme anti-COVID varate dal suo stesso partito, ha prodotto una licenza ad hoc priva di numero di protocollo per permettere il battesimo del figlio di un suo collaboratore, difendendosi poi dalle accuse accusando a sua volta chi le muoveva di essere… di sinistra.
Sulla stessa linea si posiziona il goffo tentativo da parte del primo ministro Mitsotakis di demonizzare ulteriormente le manifestazioni di protesta che in questi giorni squarciano il silenzio delle città greche ancora schiacciate dal coprifuoco strumentalizzando uno studio scientifico pubblicato dalla ZEW (Centro Europeo per la Ricerca Economica, sic) dal titolo Spreading the Disease: Protest in Times of Pandemics nel quale, se analizzato, viene detto esattamente il contrario di quanto paventato dall’abile anglofono e plurilaureato Kyriakos Mitsotakis. Nello studio, basato sulla diffusione del COVID-19 in Germania durante le manifestazioni dei no-mask teutonici del novembre 2020, viene riportato che, al fine di raggiungere i luoghi prefissati per l’inizio delle proteste, i partecipanti, privi dei presidi sanitari obbligatori quali le mascherine, si sono assembrati in mezzi di trasporto, aumentando così l’incidenza dell’insorgenza del virus lungo le linee di trasporto seguite e le fermate (paragonando questi dati con le linee di trasporto e le fermate di zone limitrofe, dove non erano state indette manifestazioni di questo tipo). Sempre lo stesso studio, dunque, conclude che non sono stati trovati collegamenti tra le grandi concentrazioni di persone all’aria aperta (leggasi, manifestazioni) in cui vengono utilizzati presidi sanitari e l’aumento di casi di COVID-19 (conclusione tra l’altro supportata anche da altri studi sulle manifestazioni degli attivisti del movimento Black Lives Matter, tra cui Black Lives Matter protests, social distancing, and COVID-19).
A mo’ di ciliegina sulla torta, sempre in questi giorni, le file della Nea Dimokratia sono scosse dall’ennesimo scandalo morale e politico, questa volta a livello europeo. È di ieri (16 marzo) la notizia che il partito ha scelto di prendere le distanze dal suo rappresentante al Parlamento Europeo, l’eurodeputato Stelios Kympouropoulos, il quale si è unito a un gruppo antiabortista di estrema destra votando a favore di una mozione che vieterebbe tale pratica (mozione datata 11 marzo, quindi 5 giorni prima della presa di posizione del partito, forzata anche questa volta dallo scontento del popolo che dovrebbe rappresentare). L’aborto, ad oggi è legale in Grecia. Per ora. Così come l’impunità. Per tutto il resto, c’è la bellissima estate greca quasi alle porte.
ricevuto il 17 marzo 2021 / pubblicato venerdì, 7 maggio 2021
In copertina: Foto di Sang Hyun Cho da Pixabay.