Binario 7: il treno riprende la corsa
di Simona Maria Frigerio
Quando un teatro riapre i battenti fa sempre piacere. In tempi di pandemia e incapacità politica di comprendere il valore della cultura e della sua fruizione, è qualcosa di più: un segnale di speranza. Avendo, quindi, letto che il monzese Binario 7 avrebbe regalato al suo pubblico un finale di Stagione in presenza e che stava lavorando a una programmazione estiva con diversi titoli per accompagnare gli spettatori nei prossimi mesi, abbiamo immediatamente contattato il suo Direttore Artistico, il regista Corrado Accordino, per farci raccontare come ha vissuto quest’ultimo anno – da uomo di teatro – e, soprattutto, come vede il prossimo futuro.
Fino ad alcuni anni fa, Monza non sembrava una città frizzante dal punto di vista culturale e, nello specifico, delle proposte teatrali. Prima della pandemia, com’era la situazione a livello di pubblico e di possibilità di proporre – com’è caratteristica di Binario 7 – anche nomi meno televisivi?
Corrado Accordino: «Binario 7, per Monza, è stata una vera rivoluzione. Ci è stata affidata la direzione nel 2004 mentre, precedentemente, in città c’era solamente il Teatro Manzoni, che offriva una produzione abbastanza ordinaria con nomi di richiamo. Al contrario io, vista anche la mia formazione teatrale, ho iniziato a fare – da subito – un lavoro diverso sul territorio riuscendo a proporre spettacoli e artisti anche alternativi raggiungendo, comunque, larghe fasce di pubblico e assicurando un’affluenza di circa 35 mila spettatori l’anno – che, per Monza, è quasi un record. Abbiamo due sale, una da 300 posti e una da 100 e altresì una scuola di teatro, annessa alla nostra struttura. In breve, nel giro di pochi anni avevamo attivato un gran movimento culturale, con 35 insegnanti e ben 800 allievi a frequentare la scuola. Oltre a un Cartellone che cercava di sposare i diversi gusti del pubblico e, quindi, proponeva sia un teatro tradizionale, di repertorio ma ovviamente di qualità; sia una serie di Compagnie e linguaggi decisamente innovativi. Penso, ad esempio, ad Antonio Rezza che, quando venne per la prima volta a Monza, fu ospite da noi. Idem per Spiro Scimone o Carrozzeria Orfeo – in tempi in cui non era ancora una Compagnia di riferimento, era però di casa. E poi Astorri Tintinelli, Alessandro Bergonzoni e Natalino Balasso. Quindi, sia teatro di ricerca sia show comici: c’erano molte compagini che gravitavano intorno a Binario 7 perché erano in sintonia con i miei gusti e l’impronta che avevo voluto dare alla direzione artistica. Con gli anni la risposta e il gradimento da parte del pubblico sono costantemente aumentati. Tutto questo, ovviamente, prima della pandemia».
L’ultimo anno è stato difficile per il settore culturale italiano. Altrove, come in Spagna, si sono fatte scelte politiche diverse: preservando dalle chiusure non solamente le fabbriche ma altresì i teatri, i musei, le biblioteche, i cinema e le sale da concerto – oltre alla scuola. Cosa ne pensa?
C. A.: «Sviscerare questo argomento è alquanto complesso. La reazione del mondo teatrale italiano al periodo della pandemia è stata molto articolata. Da una parte si è sperimentato un senso di abbandono generale e, questo, è stato in qualche modo lamentato da tutti. La nostra categoria si è sentita improvvisamente orfana. Non considerata, per mesi e mesi, e nemmeno contemplata nella discussione o inserita nei piani della politica. Come se la cultura non facesse economia. Mentre, come ben sappiamo, fa dei numeri economici altissimi. E tutto ciò senza tenere conto del punto di vista intellettuale: il benessere di un Paese si valuta anche da come sta culturalmente. Abbandonare questo settore è stata, secondo me, una leggerezza. Ultimamente, al contrario, sembrerebbe che la politica torni a parlare di noi come categoria. E questo lo valuto positivamente non tanto per un possibile sostentamento economico quanto perché considerati settore significante, che può dare spunti di riflessione che non siano soltanto quelli che diffondono i giornali – ovvero messaggi che provocano panico. Perché, ovviamente, è la paura che ci ha segregati, limitandoci non solamente a livello fisico ma soprattutto dal punto di vista delle intelligenze. Al contrario, la cultura da sempre è uno strumento che permette di reagire alla paura – così da poterla affrontare in maniera consapevole e ponderata. Ecco perché, appena si è capito che era possibile tornare al lavoro, ci siamo immediatamente attivati per riaprire sia il teatro, sia la scuola».
Secondo lei vi è stata solidarietà da parte dei teatri maggiori – che sono rimasti attivi dietro le quinte e sono stati, comunque, finanziati dallo Stato come se fossero aperti – verso gli artisti e le Compagnie indipendenti?
C. A.: «Durante il periodo della pandemia ci sono stati alcuni artisti che hanno cercato di imporsi e, nel tempo, si sono susseguite diverse manifestazioni – con le quali concordo assolutamente. La mia autocritica verso l’intera categoria è che, però, le stesse riflessioni si sarebbero dovute fare nei periodi precedenti la pandemia. Il nostro è un settore un po’ disgregato. Nel senso che non ha mai avuto una corporazione di rappresentanza significativa. Occorreva pensarci prima, non adesso – in urgenza. Io spero che i semi gettati da varie associazioni, e da gruppi, in questi ultimi mesi sedimentino nel prossimo futuro – in tempi più tranquilli che, spero, tornino velocemente. D’altronde, è importante ricordare il valore che ha per un artista – che voglia davvero dirsi di rottura – l’indipendenza dalle logiche dello Stato. L’assistenzialismo che è stato invocato, da un certo punto di vista, forse non è sano. Perché un artista di rottura, in un momento di crisi, deve dimostrarsi voce autorevole e indipendente. Discorso diverso per le strutture – perché le stesse, senza un supporto statale, non stanno letteralmente in piedi. Tutti i teatri, dai Nazionali ai Tric a tutti gli altri se non hanno la garanzia di poter pagare i dipendenti, le ospitalità, la manutenzione, le forniture, eccetera, ovviamente si deteriorano e sono obbligati a chiudere».
Nella seconda parte dell’intervista, pubblicata sul nostro media partner, www.persinsala.it, Corrado Accordino presenterà i titoli in programmazione e le novità di Binario 7.
Venerdì, 30 aprile 2021
In copertina: Corrado Accordino. ©Foto di Marina Spironetti (gentilmente fornita dall’ufficio stampa di Binario 7).